Le mestruazioni sono ancora un tabù

È enorme il potere che la cultura ha nel creare pregiudizi e tabù. Noi donne occidentali siamo fortunate ad avere la possibilità di utilizzare assorbenti, tamponi, coppette mestruali, farmaci che ci aiutano a sopportare il dolore della dismenorrea o che contribuiscono a regolarne il ciclo, ed è anche grazie a tutti questi strumenti se oggi le donne occidentali sono riuscite ad emanciparsi.

E le donne non occidentali?

Non tutte le donne della Terra hanno, però, la fortuna di essere nate dalla parte giusta del pianeta. Ancora oggi le donne nelle parti del mondo più povere e in via di sviluppo usano di tutto per assorbire il sangue mestruale: fiori di cotone, foglie, carta, muschio, lana e persino pelli animali; o, quando non hanno a disposizione nulla di tutto ciò, molto semplicemente non escono di casa.
Inoltre, in diverse parti del mondo le mestruazioni sono un argomento tabù e preda dell’oscurantismo, che viene alimentato da miti e false credenze, ostacolando la vita quotidiana e alterando il benessere fisico e mentale delle donne che vivono in questi territori.

Alcuni esempi?

In Africa molte ragazze smettono di andare a scuola a causa del ciclo, perché costrette a non uscire dai familiari o perché la vergogna di macchiarsi durante la giornata è impossibile da sopportare.
In Nepal vige la pratica tradizionale induista dello Chaupadi, secondo la quale il sangue mestruale è considerato impuro e contaminato; di conseguenza le donne sono ritenute infette e costrette a vivere segregate in piccole capanne isolate dal resto della società per tutta la durata delle mestruazioni: per loro è vietato vivere nella loro casa, andare a scuola, mangiare frutti, carne, legumi o latte.

Anche in Occidente si può fare di meglio

Per quanto le donne occidentali non vivano situazioni minimamente paragonabili a quelle precedentemente descritte, anche in Europa e negli USA le mestruazioni sono in parte ancora considerate un tabù. Basti pensare a Rupi Kaur a cui è bastato postare una sua foto col pigiama macchiato di sangue (evento comune fra tutte le donne in età fertile) per vedersela rimuovere da Insagram in quanto irrispettosa delle Community Guidelines, nonostante su tale social si trovino ovunque foto di nudo.

Guardando all’Italia, invece, ci si rende conto di come sugli assorbenti, essenziali per la vita dignitosa di ogni donna in età fertile, l’IVA non sia al 4%, come dovrebbe essere se gli assorbenti fossero considerati beni di prima necessità, e nemmeno al 10%, come prevede l’aliquota su bar, ristoranti ed alberghi, bensì al 22% come la tassa sull’acquisto di televisori, automobili e beni di lusso.

Tutta colpa di antichi pregiudizi culturali

C’è ancora tanto da cambiare e tale cambiamento dovrebbe partire in primis da noi donne: come? Per esempio, iniziando a chiamare le mestruazioni con il proprio nome, anziché le mie cose, quei giorni, il marchese, i parenti in visita e chi più ne ha più ne metta; smettendola di nascondere furtivamente gli assorbenti agli occhi dei nostri amici maschi; parlandone con gli uomini senza vergogna, perché è grazie ad esse se la vita esiste; aprendoci al dialogo verso il mondo maschile e aiutandoli a comprenderci, se vogliamo essere comprese.

Gli uomini non hanno più colpe di noi donne nel modo in cui tutti, maschi e femmine, tramite pregiudizi culturali antichissimi, abbiamo reso le mestruazioni un tabù. Se gli uomini provano ribrezzo per le mestruazioni e se noi donne ce ne vergogniamo è perché siamo stati culturalmente educati a ritenerle impure e innaturali: i significati che fondano la cultura di un popolo hanno un grande ruolo nell’educazione dell’essere umano, ma non sempre tali costruzioni culturali sono benefiche o vantaggiose. Fortunatamente, però, possono essere cambiate.

Irene Rubino

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