Norilsk: l’ennesimo disastro ecologico dovuto ai cambiamenti climatici

Il 29 maggio scorso, a Norilsk, 300 chilometri oltre il circolo polare artico, 20.000 tonnellate di gasolio sono fuoriuscite dalla cisterna di una centrale elettrica, creando un danno ambientale così grave da costringere il Presidente Vladimir Putin a dichiarare lo stato di emergenza.
Delle 20.000 tonnellate, 15.000 si sono riversate nel fiume Ambarnaja, colorandolo di rosso, mentre le restanti sono state assorbite dal terreno.

Foto del fiume Ambarnaja, Siberian Times

Il carburante, immagazzinato in grande quantità per garantire una fornitura continua alla centrale, era contenuto in una cisterna collassata a causa dello scioglimento dei ghiacci che la sostenevano: il permafrost, uno strato perennemente ghiacciato che si trova in profondità nel suolo artico, sarebbe infatti a rischio a causa dei cambiamenti climatici.
Il disastro è avvenuto a Norilsk, la città più settentrionale della Siberia e già nota per essere una delle 10 città più inquinate al mondo. E’ conosciuta per essere la capitale del nichel della Russia, infatti da essa provengono un terzo del palladio e un quinto del nichel prodotti in tutto il mondo. L’impianto industriale che gestisce le estrazioni, la NorNickel, è considerato il più inquinante al mondo e non è nuovo ai disastri ecologici: già nel 2016 il fiume Daldykan si era tinto di rosso a causa dei rifiuti fuoriusciti da uno dei suoi impianti, causando anche il problema delle piogge acide.

L’incidente del 29 maggio è avvenuto proprio in una centrale elettrica gestita dalla NTEC, una sussidiaria della NorNickel.
Secondo Greenpeace Russia, il gasolio avrebbe contaminato 350 chilometri quadrati, depositando sul fiume uno strato di 20 centimetri di prodotti petrolchimici; il danno economico di questo disastro ammonta per ora a 6 miliardi di rubli (circa 77 milioni di euro), ma il danno ambientale è incalcolabile: perché l’ecosistema locale si riprenda completamente, ci sarà bisogno di molti anni, e gravi conseguenze si avranno sull’ittiofauna dei fiumi e anche del Mar Glaciale Artico dove il fiume Ambarnaja sfocia.
Il ruolo del fattore umano nel disastro risulta fondamentale, prima di tutto perché il sistema sarebbe collassato proprio a causa del riscaldamento climatico, e secondo perché (dice Greenpeace) le norme di sicurezza non erano completamente rispettate e le autorità non sarebbero in grado di applicare una supervisione ambientale su queste grandi imprese.

Ad aggravare la situazione della NTEC è l’accusa di negligenza: il disastro è avvenuto il 29 maggio, ma non si hanno avuto notizie per almeno due giorni. Lo stesso governatore della regione di Krasnoyarsk, dove si trova Norilsk, afferma di esserne venuto a conoscenza il 31, solo dopo aver letto le informazioni sui social media. La reazione di Putin è stata dura: durante una videoconferenza trasmessa in TV si è lamentato del ritardo con il quale la notizia è stata trasmessa al governo, accusando sia il capo della NTEC sia lo stesso governatore. Sono state aperte più inchieste sull’accaduto e il capo reparto di stoccaggio della centrale elettrica è stato arrestato.
Al 4 giugno la società afferma di aver ripulito già più di duecento tonnellate di carburante dalla superficie del fiume, ma queste operazioni, già di per sé non semplici, sono complicate dal fatto che il fiume, oltre ad essere molto basso e quindi non navigabile, è anche isolato e praticamente irraggiungibile per mancanza di strade e ferrovie.

L’incidente, per la sua drammaticità, potrebbe essere un punto di svolta per rivedere un’economia basata quasi completamente sul gas fossile e sul diesel, focalizzando l’attenzione su alternative rinnovabili ancora poco sviluppate.

Marta Fornacini

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