Inizia la sua esperienza come insegnante a partire da una piccola supplenza, che si trasforma ben presto in una grande passione. I suoi studenti lo vedono come punto di riferimento perché possono sradicarsi un po’ dalla didattica tradizionale, affrontando la scuola in chiave innovativa e studiando nuove materie quali debate skills e problem solving. Il protagonista in questione è Daniele Manni, professore di informatica all’Istituto Galilei Costa di Lecce, insegnante di laboratori di imprenditorialità per le scuole medie, ma anche uno dei 50 finalisti del Global Teacher Prize del 2015, un importante riconoscimento per gli insegnanti di tutto il mondo. In questa intervista ci racconta in cosa consiste l’innovazione del suo insegnamento.
Racconta subito la sua storia, a partire dalla conclusione degli studi fino ad oggi:
Mi sono laureato in informatica all’Università di Torino nell’84 e fin da subito ho rifiutato le numerose offerte di lavoro (in quel periodo gli informatici erano molto richiesti) perché le grandi aziende informatiche in realtà non mi interessavano. Sono tornato a Lecce e ho iniziato a fare l’intraprenditore. Mi definisco così perché oltre allo spirito imprenditoriale in sé, mi piaceva l’idea di inizializzare una società e portarla al successo. Di quattro società, due sono fallite e due funzionano tutt’ora. Poi ho iniziato a fare l’insegnante con una piccola supplenza e mi sono innamorato di questo lavoro.
Nella sua scuola insegna in un percorso quadriennale finalizzato all’autoimprenditorialità. Di cosa si tratta?
Già a partire dal ’99 avevo iniziato a dedicare alcune ore delle mie lezioni per influenzare i miei ragazzi con la mia passione per l’imprenditorialità. Poi sei anni fa il Ministero ha proposto alle scuole di creare un programma quadriennale e ho pensato di progettare questo percorso di quattro anni a indirizzo auto-imprenditorialità con materie nuove come problem solving, debate, change making, ecc. Seguiamo la metodologia del Learning by doing, impariamo attraverso il “fare”, sperimentando. Infatti, ogni classe ha come obiettivo quello di inventarsi una start-up e portarla avanti.
Ha avuto giudizi negativi da parte di genitori e colleghi insegnanti?
Da parte dei genitori mai, ed erano quelli che temevo di più. Anzi, erano molto contenti perché i figli tornavano a casa super entusiasti.
Molti colleghi invece sì, questo perché la novità ovviamente spaventa, soprattuto nell’ambiente scolastico. Fino al 2015 in molti erano scettici, poi però mi sono classificato tra i top 50 insegnati del mondo al Global Teacher Prize, una sorta di premio Nobel dell’insegnamento, e a quel punto alcuni si sono ricreduti.
Un esempio di start-up che ha ideato con i ragazzi?
Uno degli ultimi progetti di start-up riguarda un laboratorio dove ho lavorato con degli studenti delle scuole medie. I ragazzi hanno ideato la WonderCard, una carta studenti che può dare sconti nelle attività più gettonate dai ragazzi qua a Lecce. Sono riusciti a convenzionare 60 attività, hanno trovato 4 sponsor e hanno ricevuto già 250 prenotazioni.
La cosa più importante è che si tratta un attività che li fa relazionare con l’esterno. Si mettono in gioco, condividendo sul tavolo le loro idee, entrano a contatto con le persone, tutte cose che la scuola normalmente non ti porta a fare.
Crede che tutti i quanti, se spronati sin dalla giovane età, riescano ad acquisire spirito imprenditoriale?
Per esperienza personale posso dire che alcuni hanno una maggiore predisposizione, e sono quelli che ti scrivono alle 6:30 del mattino per parlarti delle mille idee che vengono loro in mente. Ma questi percorsi sono comunque molto importanti per sviluppare determinate soft skills che difficilmente si imparano con l’insegnamento tradizionale. Molti miei vecchi studenti, infatti, mi hanno raccontato di come gli siano state effettivamente utili le ore passate a sviluppare l’auto-imprenditorialità. Anche se non sono diventati imprenditori hanno acquisito una maggiore creatività, capacità a risolvere le difficoltà, accettare gli errori e i fallimenti.
In qualche modo potrebbe dare il via a una sorta di metodo Montessori 2.0, in chiave diversa ovviamente.
Diciamo che ho conosciuto tanti insegnanti extra-ordinari, come li chiamo io, cioè fanno delle cose fuori dalle righe conseguendo ottimi risultati. Quindi operando tutti insieme in questo modo si potrebbe dare davvero il via a un tipo di scuola diversa.
Il professore Manni spiega come sia semplice introdurre i ragazzi così giovani a queste iniziative, in quanto non hanno ancora sviluppato delle griglie mentali che invece spesso influenzano i ragazzi già in età adulta. Viene da domandarsi, quindi, se sia arrivato il momento di migliorare alcuni aspetti scolastici tradizionali, introducendo percorsi innovativi che incoraggino i ragazzi, fin da giovanissimi, a sperimentare certe dinamiche e sviluppare con largo anticipo quelle che saranno poi le competenze fondamentali per il mondo del lavoro.
Gabija Jonaityte

