Netanyahu: solo assassino o anche ministro? 

La richiesta del mandato d’arresto emessa dal procuratore capo Karim Khan della Corte Penale Internazionale merita particolare attenzione, non solo per individuare i capi d’accusa rivolti al primo ministro Benjamin Netanyahu, ma anche per valutare le eventuali implicazioni nel caso in cui la richiesta del mandato d’arresto fosse accettata. 

Le attenzioni della Cpi sono concentrate sulla guerra Israelo-palestinese anche perché la Corte ha esteso la sua giurisdizione ai territori palestinesi nel 2015, confermando la sua decisione nel 2021.

Le accuse contro Hamas

Le accuse si basano sullo Statuto di Roma, entrato in vigore nel 2002, ovvero il trattato di fiducia del Cpi.

Il mandato d’arresto è stato richiesto anche per per i tre leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh, accusati di crimini contro l’umanità nei territori confinanti con la Palestina a partire dal 7 ottobre: i crimini in questione non hanno soltanto a che vedere con l’uccisione e la presa in ostaggio di civili, ma sono anche quelli di tortura e violenza sessuale, in seguito ad accuse che fanno riferimento a prove documentali come foto e video, ma anche a testimonianze degli ostaggi rilasciati e sopravvissuti, come quelli presenti al festival Supernova.

Mandato d’arresto anche per il primo ministro

Le accuse nei confronti di Netanyahu e del ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant, fanno riferimento a quanto fatto dall’esercito israeliano a Gaza.

Entrambi infatti sono ritenuti responsabili di diversi crimini a partire dall’8 di ottobre, a seguito del raid di Hamas: parliamo di attacchi verso i civili, ma anche di sterminio, persecuzioni e addirittura dell’uso della fame come arma di guerra, questione arrivata alle Nazioni Unite solo pochi mesi fa. 

Le due leadership si sono dette indignate di essere state messe sullo stesso piano del loro nemico, ma quali potrebbero essere le implicazioni dei loro arresti? 

L’ipotetico arresto di Netanyahu

Qualora la Corte dovesse accettare la richiesta spetterebbe ai singoli stati membri arrestarli, in caso mettessero piede in uno dei 124 stati firmatari della Cpi, ma considerando che i leader di Hamas si trovano per lo più in Qatar, la situazione diventa  più complessa.

Realisticamente, diversi membri della Cpi sono forti sostenitori di Israele, come la Germania, il cui leader non potrebbe mettersi nella prospettiva di compiere la scelta di arrestare Netanyahu.

La situazione più realistica è che, in caso il mandato venisse approvato, i due leader israeliani potrebbero limitare i loro viaggi agli stati non membri del Cpi, come gli Stati Uniti. 

Israele e Stati Uniti, una strana complicità

Se da una parte il mandato d’arresto per Vladimir Putin è stato riconosciuto in maniera universale da quasi tutti gli stati membri dell’Ue, sulla prospettiva del mandato di arresto a Netanyahu le opinioni si sono divise.

Quella degli Stati Uniti potrebbe quasi essere vista come una presa di posizione curiosa: quando il segretario statunitense Anthony Blinken ha parlato della questione, ha condannato l’iniziativa e ha addirittura parlato di potenziali sanzioni che gli Stati Uniti potrebbero emettere contro la Corte Penale Internazionale, perché quella dei crimini commessi in Palestina sarebbe una questione che riguarda soltanto Hamas. 

Un’opinione simile è stata espressa dal Ministro degli Esteri italiano, che parlando a “Quarta Repubblica”, ha commentato la questione definendola inaccettabile, proprio perché si stanno mettendo sullo stesso piano un governo eletto democraticamente dal popolo e l’organizzazione di Hamas, causa principale di quello che sta avvenendo sulla Striscia.

La reazione di Israele 

Da Tel Aviv è stato addirittura lanciato un appello alle “nazioni civili del mondo” affinché boicottino la Corte.

Binyamin Gantz (ex Capo di Stato maggiore delle forze di difesa israeliane) si è scagliato pubblicamente contro i “parallelismi tra i leader di un paese democratico determinato a difendersi dal terrore spregevole e  l’ideale di un’organizzazione terroristica assetata di sangue” definendo tali parallelismi “una profonda distorsione della giustizia” 

Europa divisa 

La richiesta verrà adesso presa in esame dai giudici della Cpi, e, anche se potrebbero volerci diversi mesi, molti paesi hanno espresso il loro supporto alla mossa del procuratore capo, come Francia, Belgio e Slovenia, e altri ancora stanno agendo concretamente per riconoscere lo stato di Palestina, come Irlanda, Spagna e Norvegia, che lo hanno fatto il 28 maggio, e la Slovenia, che lo ha fatto il 4 giugno. 

Infine abbiamo anche stati che hanno espresso moderate critiche alla decisione di Khan per via dei loro stretti rapporti con Israele, come Regno Unito, Germania e  Austria, il cui Ministro per gli Affari Europei e Costituzionali, Karoline Edtstadler, ha spiegato la sua posizione con queste parole 

“Vorrei sottolineare ciò che il nostro cancelliere federale ha già detto, ovvero che è molto strano che il primo ministro di uno Stato democratico venga citato qui insieme a terroristi di Hamas, che hanno causato un massacro senza precedenti nella storia. Resta da vedere come la Corte Penale Internazionale reagirà alla richiesta del procuratore.”

Secondo gli esperti, però, è in gioco la stessa credibilità dell’Unione Europea, dal momento che che si tratta di applicare la legge e risalire ai responsabili dei crimini di guerra.

In Palestina, intanto…

L’annuncio della Corte è stato accolto senza troppa fiducia dai residenti a Gaza, uno degli sfollati durante un’intervista ha spiegato:

“Vogliamo soluzioni internazionali che siano decisive, in modo da risolvere i problemi. Noi siamo le vittime, anche se non abbiamo nulla a che fare con Israele o Hamas” 

Serena Spirlì

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