Non è un mistero che il turismo, negli ultimi anni, sia di colpo divenuto centrale nel dibattito pubblico, specialmente per quanto riguarda il fenomeno del turismo di massa. Qualche giorno fa sono diventati virali i video di alcuni manifestanti che spruzzano acqua addosso a degli stranieri in visita a Barcellona, ma la colpa di chi è? Di chi viaggia, perché sembra non conoscere le buone maniere e la decenza, o delle istituzioni, che non appaiono efficaci nel regolamentare il fenomeno?

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Il turismo costituisce il 60% del traffico aereo complessivo (dati di Wired) e non solo: una nave da crociera produce 7000 tonnellate circa di CO2 per singolo viaggio, oltre alla necessità enorme di energia elettrica e di acqua per ciascuna delle varie strutture alberghiere e di resort che accolgono migliaia di turisti tutti i giorni, spesso a scapito della popolazione locale, se si tratta di paesi sottosviluppati o poveri. Gli effetti negativi, però, si hanno anche quando il fenomeno avviene in realtà strutturate ed economicamente competitive, come l’Italia, che nei tempi recenti ha visto un’impennata del fenomeno. Nel 2023, secondi il rapporto della Confcommercio, ci sono stati 134 milioni di turisti nel Bel Paese, 16 milioni in più rispetto al 2022, dunque un aumento del 13,4%. Uno dei problemi principali riguarda la gestione degli affitti. Considerando che non esistono ancora (in Italia come all’estero) leggi che vietino gli “affitti lampo” di due settimane o un mese, i proprietari di immobili prediligono questo tipo di contratto, impedendo a residenti e studenti di abitare in maniera stabile nelle città turistiche. Ciò si riflette anche sul tessuto economico locale; se non ci sono abitanti, ma solo turisti, le uniche attività commerciali in grado di far fare profitto sono ristoranti, negozi di souvenir e attività affini. Sono numerose le lamentele dei cittadini di Napoli, che vedono chiudere sempre più negozi storici, sostituiti da friggitorie, pizzerie e centri commerciali. La città di Venezia è da anni al centro di dibattiti che riguardano il pericolo che le troppe persone e il traffico delle navi da crociera possano letteralmente farla affondare (rapporto UNESCO). A Firenze è guerra sulla questione degli affitti lampo e la lista di città che sentono sempre di più la morsa di questo tipo di turismo cresce di anno in anno.
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Un turismo così veloce e frenetico corre il rischio di impedire al turista di apprezzare a pieno la città in cui va come un luogo vivo, autentico, dato che il mercato cerca di adattare sempre più la città al turista e, al contempo, di attrarre più visitatori possibile. L’attuale governo insiste molto sull’importanza del turismo come moltiplicatore economico positivo, per le realtà locali — specialmente del Sud — ma la realtà è che non basta. I dati mostrano come il turismo di massa impoverisca il tessuto produttivo e professionale delle città che lo incoraggiano, aumentando la forbice sociale tra poveri e ricchi, nonché incentivando l’emigrazione dei giovani verso il Nord o l’estero, vista la scarsità di prospettive offerte. I media nostrani non mancano di riportare le parole di imprenditori, spesso del mondo della ristorazione, che lamentano di non trovare personale nonostante offrano stipendi a tre zeri, ma per correttezza andrebbe riportato anche il tasso mostruoso di lavoro nero, in costante aumento nonostante le nuove maxi-sanzioni, nonché l’assenza di incentivi per restare nel proprio territorio. Il ticket di ingresso per Venezia, in questo senso, non è visto come una reale soluzione.

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Di un fenomeno così esteso e radicato si può considerare direttamente responsabile il turista? Sicuramente sta a chi visita moderare il proprio comportamento e i danni che apporta, ma è altrettanto vero che le istituzioni hanno il compito di normare il fenomeno, di non delegare al 100% al libero mercato una questione delicata come la gestione di un territorio e della sua vivibilità. Se non è lo Stato ad assicurarsi che ci siano le condizioni per la creazione di posti di lavoro, di poli di formazione, sia accademica che professionale, a garantire determinati standard di vita, allora cosa può impedire a un luogo di venire radicalmente trasformato in nome del profitto?
Vincenzo Ferreri Mastrocinque
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