Il cigno nero e Whiplash: “l’ossessione batte il talento”

La ricerca della perfezione è un topos proposto anche nell’arte cinematografica. L’eclissi dell’io e la persistente brama di successo offuscano la mente e in certi casi portano a oltrepassare il limite. Nel film Hustle, del 2022, l’allenatore Stanley (Adam Sandler) dice al giocatore di basket Bo Cruz “L’ossessione batte il talento, lo batterà sempre“. L’autodeterminazione porta alla costanza e alla capacità di sapersi rialzare dopo un fallimento. Questo accade non solo nello sport, ma anche in discipline artistiche. Due film, ambientati entrambi a New York, portano sullo schermo le stesse sensazioni, radicate nei loro personaggi ossessionati e inquieti.

Black Swan (2010), Darren Aronofsky

Nina è legata alla danza in modo malato: la sua costante insoddisfazione e la sua ricerca di risultati eccellenti la portano a vivere un’esperienza totalmente allucinata. Ottiene il ruolo di prima ballerina nello spettacolo de Il lago dei cigni e vuole a tutti i costi raggiungere la perfezione tecnica. Il suo malessere si riversa però sulla preparazione per lo spettacolo, in quanto lei stessa ha paura di essere oltrepassata dalla ballerina Lily. Vede in lei un nemico minaccioso. Quello che lei persegue è il massimo delle sue potenzialità, mettendo da parte la salute fisica e mentale.

Sembra che il cigno si impossessi della sua persona: Nina si ritrova in un vortice di tormento interiore. L’innocenza, il candore del cigno bianco vengono sostituiti dalla travolgente oscurità e dalla maledizione del cigno nero. Nina vive una trasformazione inquietante: deve interpretare entrambi i cigni, opposti come le sue parti del sé. Perché si fa del male? Nina soffre, il suo dolore è profondo e vuole riscattarsi con la sua performance, il suo atto finale. Le piroette del cigno nero cariche di tensione, precedono un finale macabro e drammatico. Il nemico reale, la minaccia incombente è sempre stata lei stessa.

Nina non riesce a distinguere realtà e finzione. La sua immaginazione alimentata dalla paura, dall’ansia crea un mondo parallelo in cui avvengono situazioni che nella realtà non esistono. Il maestro Leroy (Vincent Cassel) vede in lei questa fame ossessiva di perfezione ma cerca di farle capire che la perfezione vuol dire anche lasciarsi andare. Perfection is not just about control. It’s also about letting go. Le parole di Leroy cadono nel vuoto. Lo spirito di Nina è avvolto in una nube nera. Lei non ascolta i consigli e l’invidia e l’insicurezza la travolgono completamente.

Natalie Portman interpreta un angelo maledetto caduto, un fallen angel innocente e indifeso che si rivela essere crudele in primis contro sé stesso. Per questo ruolo, vince nel 2011 il premio Oscar per la migliore interpretazione come attrice protagonista.

Whiplash (2014), Damien Chazelle

Quattro anni dopo esce nelle sale Whiplash. In questo caso l’Oscar è stato vinto dall’attore J.K. Simmons. La sua magistrale interpretazione ha catturato milioni di persone. Il direttore dell’orchestra dell’istituto Shaffer di Manhattan è esigente e fin troppo rigido con i suoi studenti. Si tratta di Terence Fletcher. Andrew studia batteria ed è la riserva di questa orchestra. Lo studente è ambizioso e concentrato. La sfera sentimentale per lui passa in secondo piano, conta diventare primo batterista.

Fletcher ha dei metodi severi e mette a dura prova Andrew. Il ragazzo però non si lascia intimorire, anzi nelle sequenze esce fuori tutta la sua rabbia. Vuole dimostrare di essere il migliore e non è mai abbastanza soddisfatto. Ha intenzione di diventare il miglior batterista jazz del conservatorio. Questa instancabile pulsione al massimo livello unita ai rimproveri e a volte offese del direttore conducono Andrew a esibirsi anche in condizioni non adeguate. Lo sfinimento è dietro l’angolo.

Una delle scene più memorabili è quella in cui Andrew suona la batteria fino a prenderla a pugni, tagliandosi le mani e insanguinando lo strumento musicale, suo amico-nemico. Damien Chazelle ha studiato batteria a Princeton, e lui stesso aveva un maestro che pretendeva molto, così si è ispirato a lui per questo film. Il rapporto allievo-maestro qui è dipinto in modo malsano e fuori dalla norma.

La potenza del dialogo e della pressione esercitata su Andrew è portata in scena con estrema precisione e in un crescendo di emozioni. “Say it louder!“, “I’m upset!”. Il tentativo da parte di Andrew di farsi sentire, di alzare la sua voce è rafforzato da Fletcher che lo incita a urlare il suo sentimento. Un turbine di agitazione e incessante volontà di primeggiare, queste le costanti del film.

I wanna be one of the greats, così dice Andrew. La sua ambizione supera i limiti, l’ossessione è alta e il tutto è rappresentato in un susseguirsi di scene che intrappolano lo spettatore in una tensione unica: chi guarda il film segue il passo di Andrew e percepisce la sua rabbia e voglia di riscatto, culminata nella scena finale in cui si esibisce in un assolo sorprendendo Fletcher, che lo ha invitato a suonare con lui nella sua band, qualche anno dopo gli eventi del conservatorio.

L’impegno, l’amore, la dedizione, l’esercizio richiedono sacrifici, ma sono fondamentali per l’artista. Ciò che offusca la mente di questi personaggi è l’ossessione sfrenata, l’incontrollabile fame di essere perfetti. La guerra parte dall’interno: l’anima è in subbuglio e tutto questo caos si riflette anche sulle loro relazioni con gli altri.

Obsession beats talent.

Cecilia Blunda

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