Donne durante il Ventennio: ben più di quel che si pensa

Ormai si sa, l’ideologia fascista ha sempre trascurato il ruolo femminile, lasciando alle donne il ruolo di angeli del focolare, il cui unico compito era quello di crescere e curare l’uomo fascista. 

Eppure, per diversi anni sono state trascurate delle donne, fasciste e non, che sono riuscite ad affermarsi nonostante i pregiudizi di chi le circondava e a ottenere il rispetto di chi aveva addirittura creato il regime.

Margherita Sarfatti 

Margherita Grassini Sarfatti fu la prima donna in Europa a occuparsi di critica d’arte. Crebbe in una famiglia veneziana ebraica molto agiata e a diciassette anni sapeva già parlare quattro lingue, come scrisse lei stessa nelle sue memorie: 

 “A tredici anni mi innamorai della pittura, a quindici di un’idea, a sedici di un uomo, a diciassette sposai nello stesso tempo le lettere, le arti, quest’idea e quest’uomo.” 

Nel 1902 si trasferì a Milano con il marito Cesare, dove diede vite a uno dei salotti letterari più frequentati del tempo. Finanziò diverse riviste di stampo femminsita, scrivendo per il periodico Unione femminile e nel 1915 contribuì alla pubblicazione di La difesa delle lavoratrici. Col tempo acquistò una notevole autorità nel mondo dell’arte e incoraggiò giovani artisti, tra cui Boccioni e Palazzeschi, acquistando il soprannome della “papessa del futurismo”.

Si formò sugli scritti di Ruskin, Marx e Turati e nel periodo di maggior impegno socialista scrisse sull’Avanti!, dove avvenne l’incontro con un giovane Benito Mussolini. Margherita, donna coltissima, rimase affascinata da quest’uomo venuto dalla provincia e non ne divenne soltanto l’amante, ma anche la mentore: Mussolini era un uomo rozzo e di scarsa cultura, l’esatto opposto di Margherita, che rivedeva i suoi testi, gli consigliava dei libri su cui formarsi e lo introdusse in società. Diventò una figura di spicco nella costruzione del regime, scrivendo lei stessa i più importanti discorsi di Mussolini, tra cui A me la colpa, avvenuto dopo il delitto Matteotti.
Con il tempo il dittatore cambiò atteggiamento nei confronti della donna, definendola “avida e sordida”, secondo uno stereotipo della propaganda fascista nel descrivere gli ebrei. Anche gli ideali di Margherita non potevano più convivere con quelli del fascismo: non approvava le imprese coloniali, i rapporti con la Germania nazista ed era ostile all’avidità dei gerarchi. Visse in Sud America fino alla caduta del regime.

Nel 1955 fece pubblicare una biografica dal titolo Acqua passata, in cui ignorava il rapporto con Mussolini, e poco dopo pubblicò anche le sue memorie, dal titolo Mea culpa. Negli ultimi anni della sua vita si isolò nella sua villa a Como, dove morì nel 1961.

Teresa Noce

Militante antifascista e rivoluzionaria: Teresa Noce fu tra coloro che portarono il fascismo in ginocchio.

Nacque in una famiglia molto modesta e crebbe assieme al fratello di qualche anno più grande. Fu costretta a lasciare la scuola molto presto e ad abbandonare il sogno di diventare maestra. A undici anni iniziò a lavorare come sarta e ben presto fu protagonista del suo primo sciopero, per ottenere miglioramenti di salario e di orari, rendendo fin da subito l’impegno politico un elemento cardine della sua vita.
Entrò a far parte del Partito Socialista e nel 1921 fu tra le fondatrici del Partito Comunista d’Italia. Nel 1926, con l’avanzata del fascimo, fu costretta all’esilio in Unione Sovietica e poi in Svizzera assieme al marito e, dopo la nascita del terzo figlio, compì diversi viaggi clandestini in Italia per diffondere la propaganda antifascista. Quando scoppiò la guerra civile spagnola prese parte alle brigate internazionali sotto il nome di Estella. Fu arrestata nel 1943 e deportata in Germania in un campo di concentramento, dal quale riuscì a sopravvivere grazie alla liberazione dell’esercito sovietico.
Nel 1945 ritornò in Italia e fu eletta in Parlamento, contribuendo in maniera significativa alla redazione della Costituzione, proponendo la legge per la “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri” e nel 1950 una legge che prevedeva eguale salario per donne e uomini.

Edda Ciano

Figlia di Benito Mussolini e  Rachele Guidi, fu la prima dei cinque figli del dittatore. Nacque a Forlì e studiò al Regio Istituto della Santissima Annunziata, ma scappò dall’istituto perché non riusciva a sopportare le regole rigide della scuola: per tutta la vita infatti fu molto sopra le righe. Infatti fu la prima donna italiana a guidare, fumava in pubblico e indossava i pantaloni, comportamenti all’epoca scandalosi.

Dopo il matrimonio con Galeazzo Ciano si trasferì in Cina, dove lui lavorava come console e si fece trascinare nel vortice di una dipendenza dal gioco d’azzardo. Il loro matrimonio però non durò a lungo: Galeazzo Ciano fu arrestato e giustiziato dopo che nel 1943 votò contro Mussolini nel Gran Consiglio del Fascismo. Da quel momento in poi Edda chiuse ogni suo rapporto con il regime.

Dopo la morte del Fascismo, si rifugiò in Svizzera, dove supportò la Resistenza e le forze Alleate, fornendo informazioni di cui solo lei poteva essere al corrente.

La sua ribellione, pur non paragonabile a quella delle partigiane in armi, rappresentò un atto di coraggio e di distacco da un potere che aveva sempre dato per scontato il suo sostegno, dimostrando che nemmeno il sangue poteva legare indissolubilmente una donna alle catene dell’ideologia fascista.

Serena Spirlì

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