Che cosa c’è di più affascinante di ciò che non si conosce? Specialmente se si tratta di qualcosa di segreto, ma legato a una figura con cui — volenti o nolenti — bisogna confrontarsi tutti i giorni. In questo caso, tale figura è il papa, il capo di tutta la Chiesa cattolica, e a ben pensarci si sa molto poco delle dinamiche che si vengono a creare nel momento in cui, alla morte del vescovo di Roma, se ne deve proverbialmente fare un altro. Non solo: lo Stato della Chiesa è una delle ultime monarchie elettive esistenti al mondo, tuttavia il meccanismo stesso di questa elezione è in larga parte oscuro, al contrario di quanto avviene nelle repubbliche, come ad esempio in Europa o negli Stati Uniti. L’alone di mistero che avvolge il conclave (ossia la riunione a porte chiuse del collegio cardinalizio) è il vero motore di questo film — per la regia di Edward Berger, già visto in Niente di nuovo sul fronte occidentale — del 2022, con Stanley Tucci (The Terminal, Il diavolo veste Prada…), Ralph Fiennes (Schindler’s List, Harry Potter…) e con un inatteso Sergio Castellitto (A piedi nudi nel parco, L’ora di religione…).

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A livello meramente tecnico, è una pellicola semplice ma di gran gusto. Certo, ci sono delle inquadrature un po’ manieristiche, ma stiamo parlando di un tipo di cinema che fa dell’impatto visivo un proprio fondamentale punto di forza (e comunque siamo lontani da alcune “americanate” viste in altri film di questo periodo, come The Substance o Nosferatu). La fotografia di Stéphane Fontaine è morbida, raffinata, con una pasta fredda e livida che restituisce bene il clima di sospetto, di intrigo e di incertezza che è alla base di ciò che si potrebbe sommariamente riassumere come un thriller politico. La sceneggiatura di Peter Straughan presenta una trama asciutta ed essenziale: si deve eleggere un nuovo papa, nessun candidato sembra capace di affermarsi sugli altri, ma d’un tratto iniziano a spuntare fuori segreti e macchie sui trascorsi di ciascuno di loro e sarà compito del cardinale Lawrence (Ralph Fiennes), in quanto cardinal decano, fare in modo che il conclave proceda senza intoppi, confrontandosi con l’amico cardinal Bellini (Stanley Tucci) e cercando di non favorire l’ultraconservatore cardinal Tedesco (Sergio Castellitto), nel districarsi fra i vari retroscena che via via vengono fuori. Gli attori sono tutti eccellenti e ben calati nella parte, inclusi Isabella Rossellini (Cuore selvaggio, La morte ti fa bella…), che interpreta l’integerrima sorella Agnes, e l’esordiente Carlos Diehz, nel ruolo dell’enigmatico cardinal Benitez. Le musiche di Hauschka (già collaboratore di Berger in Niente di nuovo sul fronte occidentale) sono sobrie ma d’effetto e si incardinano nella vicenda senza sovrastarla. Da lodare i costumi, di Lisy Christl, e le location, ambedue veri pilastri estetici a sostegno della narrazione.

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A proposito di narrazione (allerta spoiler!), è proprio qui che si possono rilevare alcuni punti carenti del film: tanto per cominciare, del vero antagonista del film, il cardinal Tedesco, non sappiamo praticamente nulla. Non ci viene detto alcunché del suo personaggio, se non che è un personaggio ambiguo e che è esponente della destra della Chiesa, quella sedevacantista, che ritiene illegittimi tutti i papi venuti dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, in quanto avrebbero ceduto alle sirene della modernità. Non prende mai davvero parte agli intrighi che vengono tessuti, nonostante — a detta di don Lawrence e don Bellini — sia il candidato percepito come più pericoloso, per via dell’arretratezza delle sue idee. Non si avverte mai davvero il pericolo costituito da questa incarnazione del passatismo di un pezzo del clero, la quale — vuoi per un agghiacciante auto-ridoppiaggio di Castellitto (atroce tradizione italiana), vuoi per la caratterizzazione stereotipata dell’italiano colorito e pagliaccesco — non convince mai del tutto. Non è poi stata una scelta particolarmente indovinata quella di far avvenire un attentato terroristico a Roma durante i giorni del conclave; non se ne sentiva il bisogno, la tensione poteva essere fatta salire con più sobrietà, continuando ad indagare sui rapporti tra i personaggi, anziché ricorrere a un deus ex machina piuttosto stanco, messo lì quasi solo a voler “svegliare” il pubblico dopo un’ora e mezza di un film oggettivamente lento, in termini di ritmo. La vera rivelazione è il finale, che coglie positivamente alla sprovvista ed esalta ancora di più l’ipocrisia di fondo delle istituzioni ecclesiastiche e il loro bisogno di decidere finalmente se stare al passo coi tempi oppure ritornare a posizioni più oscurantiste e retrograde.

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In conclusione, al netto di alcuni difetti, Conclave resta un film solido, interessante e ben costruito, con un messaggio potente che si respira per tutte le due ore di durata. Ci si poteva allontanare un po’ da alcuni cliché ormai stantii? Forse, ma a volte è anche bello andare in sala e assistere a un film che vuole solo raccontare una storia, senza avere la pretesa di vedere qualcosa che rompa con gli schemi della tradizione. A ogni modo, la vera rivelazione è il finale, che coglie positivamente alla sprovvista ed esalta ancora di più l’ipocrisia di fondo delle istituzioni ecclesiastiche e il loro bisogno di decidere finalmente se stare al passo coi tempi oppure ritornare a posizioni più oscurantiste e retrograde. Vale la pena, soprattutto nel periodo storico in cui ci troviamo.
Vincenzo Ferreri Mastrocinque
