La complessità delle relazioni familiari oggi: “Una famiglia moderna” di H. Flatland

Una famiglia moderna è l’ultimo romanzo della scrittrice norvegese Helga Flatland, edito in Italia da Fazi Editore. Attraverso uno stile semplice ma capace di arrivare nel profondo di tutti noi, l’autrice racconta la storia di una famiglia moderna, fondata su fragili equilibri e schemi predefiniti che appena rotti mandano in crisi l’intero sistema.

Per festeggiare i 70 anni del nonno, tutta la famiglia si reca in vacanza a Roma: ci sono la nonna e i tre figli ormai adulti, Liv con marito e due figli, Ellen col fidanzato Simen, e Hakon. Quello che non sanno è che la loro vita verrà completamente rivoluzionata.

Durante la cena che chiude i festeggiamenti e la vacanza, i nonni annunciano alla famiglia che intendono divorziare. Il loro lungo percorso insieme si è ormai concluso e ora sono pronti a prendere ognuno la propria strada, a rimettersi in gioco a 70 anni.

L’annuncio sconvolge la famiglia, in particolare i tre figli, che vedono sgretolarsi davanti agli occhi tutta la loro vita, le loro sicurezze e certezze, obbligandoli a rivedere tutte le narrazioni sulla loro infanzia e soprattutto portandoli a rivalutare la propria visione sui rapporti di coppia. Tutta la vicenda ci viene raccontata dal punto di vista dei tre figli, in particolare delle due sorelle.

Liv, la maggiore, fa la giornalista e ha scelto la via della famiglia tradizionale. Si è sposata giovanissima con Olaf, il suo primo fidanzato, ha due figli e si è creata “una gabbia esistenziale e familiare” come la definisce il fratello, che forse però non la rende davvero felice.

Sei così attaccata a loro perché non hai mai provato a stare da sola” ha detto una volta Ellen. “Devi smetterla di aggrapparti a loro. […] Non hai una vera indipendenza emotiva”. Da qualche tempo mi viene da pensare che avesse ragione lei, ossia che il motivo per cui me la prendo tanto per il loro divorzio è che non ho una vera indipendenza emotiva. Sono ancorata alle persone che mi circondano. Ma non ho mai desiderato essere sola, essere “indipendente”:  ho sempre considerato una buona cosa il fatto di relazionarmi agli altri, adattarmi a loro, far parte di un organismo più grande di me, una comunità”.

Scelta totalmente opposta ha fatto la sorella minore Ellen, sempre in cerca di una relazione migliore e da sempre indipendente. A 18 anni è andata a vivere da sola e non si è mai posta il problema di avere una famiglia. Ora però passati i 35 anni, Ellen scopre di desiderare un figlio. È un desiderio fortissimo che tiene nascosto alla sua famiglia e diventa anche l’obiettivo della sua relazione con Simen.

Io sento di nuovo la rabbia pulsarmi nel petto: rabbia contro di lei, contro di lui, contro la profonda ingiustizia della situazione. Ma chi si credono di essere? “Come fa a non essere una tragedia? Vi separate!” […] Per la prima volta non provo rabbia, né amarezza, né turbamento di fronte alla separazione dei miei genitori, ma solo dispiacere per ciò che mamma e papà si sono persi, e malinconia nel rendermi conto dell’ambivalenza in loro: da una parte, il dolore di abbandonarsi a vicenda, dall’altra, ancora più forte, il desiderio di qualcos’altro, di qualcosa di più”.

Al punto di vista di Hakon è dedicato solo un capitolo, quello che chiude il romanzo. A differenza delle sorelle, Hakon ha scelto ancora una strada diversa. Rifiuta sia lo schema della famiglia tradizionale di Liv che quello dell’assoluta indipendenza di Ellen. Non crede nella monogamia, si richiama a Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir e sembra essere l’unico a non farsi sconvolgere eccessivamente dalla decisione dei genitori e ad appoggiarla. Quando però incontra una ragazza che lo conquista e che la pensa come lui, le sue certezze iniziano a vacillare.

Il principio del matrimonio è osceno, perché trasforma in diritti e doveri quello che dovrebbe essere fondato su uno slancio spontaneo. […] Guardavo con scetticismo le mie sorelle, ringraziando il cielo di non aver mai dovuto vivere in quel modo: Liv indissolubilmente unita a Olaf, come in un ergastolo senza possibilità di grazia, ed Ellen nella sua incessante ricerca dell’uomo giusto che le offrisse il mondo intero”.

Procedendo nella lettura vediamo delinearsi davanti ai nostri occhi il dramma di questi tre figli, che dovrebbero ormai essere adulti ed indipendenti. Eppure, il divorzio dei genitori li manda in crisi, rendendo evidente come in realtà non siano mai cresciuti del tutto e come in un mondo veloce e fluido come quello contemporaneo la famiglia d’origine rappresenti l’unica vera certezza su cui contare.

Helga Flatland con lucidità racconta il complesso universo della famiglia, indagando le relazioni tra genitori e figli e tra fratelli, riflettendo sul concetto di amore e sul significato del matrimonio, su quanto abbia senso oggi costruirsi una propria stabilità familiare e relazionale.

Nessuna delle strade intraprese dai tre fratelli sembra portare alla felicità tanto agognata, tutti e tre sono bloccati in una situazione di stallo, totalmente incapaci di trovare nuovi schemi dopo aver assistito alla rottura di quelli precedenti. Formule magiche non ce ne sono, ma c’è uno splendido romanzo che racconta una famiglia moderna di oggi.

Irene Rolando

Lascia un commento