Il Consiglio dei ministri convocato l’11 aprile 2023, su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, ha deliberato uno stato di emergenza che avrà durata di sei mesi su tutto il territorio nazionale dopo un importante incremento del flusso migratorio nel Mediterraneo. In questi primi mesi del 2023 infatti si sono registrati numeri da record. Secondo i dati del Ministero dell’Interno 36.610 migranti sono sbarcati nel nostro paese dal 1° gennaio al 24 aprile 2023. I numeri, che negli anni precedenti erano diminuiti anche per la pandemia da coronavirus, sono tornati a crescere e l’emergenza migranti è tornata a sconvolgere l’opinione pubblica e a far parte della nostra quotidianità. I giornali e la televisione hanno ricominciato ad elencare ogni giorno il numero dei migranti sbarcati nel nostro paese e purtroppo anche il numero dei morti.
Decine, centinaia, migliaia di morti. Numeri, dati, statistiche, ma anche nomi, persone, vite. L’emergenza umanitaria di migranti che attraversano il Mediterraneo è molto più complessa di qualsiasi altro flusso di migranti per la difficile gestione delle operazioni di salvataggio e recupero. E così il Mediterraneo è diventato un vero e proprio cimitero di corpi senza nome né sepoltura e ha restituito alle spiagge europee decine di migliaia di cadaveri, oltre la metà dei quali non sono mai stati identificati. Quei numeri sono persone. Quei numeri sono madri, padri, fratelli, amici. Quelli che Cristina Cattaneo definisce “morti di speranza”, ai quali è stata negata anche l’identità.
Attraverso il suo vissuto di medico legale, Cristina Cattaneo in Naufraghi senza volto racconta il tentativo da parte del governo italiano e di medici, ricercatori, biologi di dare un nome a queste vittime dimenticate da tutti. Attraverso il suo lavoro, Cattaneo ci presenta il lato umano di questa emergenza, l’Italia di chi muore senza un volto e senza nome.
Tutto comincia il 3 ottobre 2013. Intorno alle 4.30 di mattina un barcone di circa 600 eritrei naufraga di fronte a Lampedusa. Vengono recuperati 366 cadaveri. Questo disastro scosse le coscienze di tutti e portò all’attuazione dell’operazione Mare Nostrum da parte del governo italiano, guidato dal presidente del consiglio Enrico Letta. Il disastro di Lampedusa costituiva però anche un banco di prova sul quale provare ad applicare le nuove misure riguardo l’identificazione dei corpi che dai primi anni 2000 il governo italiano aveva cominciato ad attuare.
A partire dagli anni ’90 infatti si cercò di portare all’attenzione della comunità scientifica il problema dell’identificazione dei corpi riscontrato in molti obitori europei, dovuto alla mancanza di banche dati in ogni paese che confrontassero le informazioni dei cadaveri senza nome con quelle delle persone scomparse. Questo disagio portò ad una proposta di legge che venne approvata nel 2012 e che permise la fondazione di un organo, il quale non solo è diventato nel tempo uno degli elementi più importanti legati all’emergenza migranti, ma ha anche cambiato l’approccio scientifico e umano per l’identificazione stessa dei corpi. Si tratta dell’UCPS (Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse). Insieme a questo nacque inoltre la RISC (Ricerca Scomparsi), una banca dati per raccogliere tutte le informazioni appartenenti ai morti senza identità e alle persone scomparse al fine di trovare possibili match tra le due categorie.
Il libro di Cristina Cattaneo è un reportage preciso del nostro paese, un reportage che descrive dettagliatamente tutte le tappe che hanno permesso la creazione di un organo di identificazione efficiente e in costante sviluppo. È un libro in cui la narrazione scientifica incontra una profonda umanità, in cui accanto ai numeri ci vengono raccontate le vite di chi è costretto a lasciare la propria famiglia, di chi si porta con sé un sacchetto di terra per non dimenticare il proprio paese. È un racconto in cui sembrano ritornare i grandi temi della letteratura e in fondo dell’umanità: l’importanza dell’identità e la necessità atavica della sepoltura. Un’opera che testimonia come l’Italia, unica in tutta Europa, sia stata la prima a muoversi per restituire dignità a questi corpi e a rispettare i diritti di tutti coloro che invece li piangono.
Poiché “l’unica cosa peggiore di sapere che il proprio figlio è morto è soltanto il vederlo vittima di un’ulteriore ingiustizia”.
Lorenza Re
Crediti immagine di copertina: UNHCR
