“Le stanze buie” di F. Diotallevi: un romanzo dal sapore gotico ambientato tra le Langhe

Se in questi freddi pomeriggi invernali siete alla ricerca di un bel romanzo che vi faccia assaporare pienamente le atmosfere e i sapori tipici di questa stagione, Le stanze buie di Francesca Diotallevi fa proprio al caso vostro. Pubblicato per la prima volta nel 2013 con Mursia, Neri Pozza Editore ha deciso di ripubblicarlo nel 2021 in una versione profondamente rivista.

Il romanzo si apre con il racconto di un’asta, ambientata a Torino nel 1904 e la narrazione è in prima persona. Non sappiamo chi sia il protagonista né cosa voglia: sappiamo solo che la vista del lotto 27, ovvero di un vecchio carillon in acero laccato avorio con scomparto porta gioielli e interno di velluto, lo folgora, facendolo sentire come se andasse in mille pezzi e soprattutto facendogli tornare alla mente ricordi che per tanto tempo ha cercato di dimenticare. Il carillon viene conteso tra due signore, finché il nostro protagonista rompe ogni indugio e se lo aggiudica per il prezzo esorbitante di 100 lire.

“La folla mi scruta con sguardo nuovo. Ai loro occhi devo apparire come un vecchio matto, o come qualcuno troppo ricco per sapere in che modo spendere il proprio denaro. Ma non sono nulla di tutto questo. Sono solo un uomo che sta cercando di rimettere insieme i frammenti di un passato che, come sassi nelle tasche di un suicida, pesano da troppi anni sulla mia coscienza”.

Termina così il prologo e il capitolo uno ci riporta indietro di quarant’anni, non più a Torino ma a Neive, piccolo paese nel cuore delle Lange vicino ad Alba. Anzi, siamo quasi a Neive: ci troviamo infatti sul treno che da Torino, appena diventata capitale d’Italia, conduce al piccolo paese langarolo. Su questo treno Vittorio Fubini sta riflettendo amaramente su tutto quello che ha lasciato nella capitale. Vittorio è nato e cresciuto a Torino e da sempre ha fatto il maggiordomo nelle case delle migliori e più altisonanti famiglie torinesi. Grazie al suo impegno, alla sua dedizione, alla sua perfetta conoscenza delle regole dell’etichetta e alla sua costante ricerca della perfezione ha sempre svolto il suo ruolo egregiamente e gli si prospettava davanti una grande carriera.

A quarant’anni però la sua vita cambia per sempre: suo zio Alfredo Musso, maggiordomo della famiglia Flores, ricca famiglia di Neive che deve il suo benestare grazie alle vigne e alla produzione di vino, è venuto a mancare e ha designato Vittorio come suo legittimo erede a capo della servitù dei Flores. Vittorio ha dovuto quindi abbandonare Torino per onorare le volontà dello zio, un parente che non ha mai visto ma che gli ha sempre scritto e che ha sempre aiutato sua madre a crescerlo sostenendolo economicamente. Proprio in virtù di questo aiuto continuo e fondamentale nel suo mantenimento, nella sua crescita e nella sua formazione, Vittorio non può tirarsi indietro e deve onorare le ultime volontà dello zio.

Il suo inserimento nella quotidianità di villa Flores è però tutt’altro che sereno: la grande casa è trascurata e Vittorio identifica immediatamente tutti i difetti nell’operato dei servitori. Un operato che giudica insufficiente e a cui mette subito mano applicando tutte le conoscenze e le regole imparate nelle miglior case torinesi. Le sue novità non sono viste ovviamente di buon occhio dalla servitù, abituata da decenni a lavorare nello stesso modo. In particolare, Vittorio si conquista fin da subito le antipatie di Fosco, storico cameriere della famiglia che si aspettava di diventare primo maggiordomo, e di Ottavia, l’anziana cameriera personale della contessa Flores.

È proprio la padrona di casa a rappresentare un altro problema, anche per lo stesso signor Flores: invece che fare la perfetta padrona di casa e moglie, spesso è assente alle cene o ai pranzi con gli ospiti, preferendo restare con la figlia di cinque anni e rifiutandosi di assumere una bambinaia e un’educatrice preferendo provvedere di persona. Inoltre, ama passeggiare da sola e trascorre molto tempo all’aperto vestita semplicemente e non come conviene a una persona del suo rango. Tutte decisioni che ovviamente stonano con l’idea che ha Vittorio su come si debba comportare una contessa e soprattutto su come vada gestita la casa. Il padrone concorda con lui e così Vittorio non può fare a meno di schierarsi dalla parte del signor Flores.

Oltre ai difficili rapporti con gli altri servitori e con la padrona di casa, Vittorio inizia poi ad accorgersi che nella casa si verificano strani fenomeni. Porte chiuse che si trovano spalancate o viceversa, stanze aperte che all’improvviso si chiudono intrappolando chi si trova all’interno, rumori e lamenti provenienti da stanze vuote e sigillate, candele che si spengono, correnti d’aria fredda inspiegabili…e la piccola Nora, la figlia dei conti, che vede periodicamente una signora in bianco, spaventosa, che le dice di andarsene…Ben presto Vittorio dovrà tornare sui suoi passi e iniziare a scavare nel passato per arrivare a scoprire la verità…cosa si cela dentro le mura della villa Flores? La magione è piena di spettri senza pace o di segreti mai rivelati e nascosti con cura? Cosa continua a tormentare i suoi abitanti?

L’autrice ci racconta la storia dal punto di vista di Vittorio, offrendoci una narrazione in prima persona grazie alla quale veniamo a conoscenza dei suoi pensieri e delle sue sensazioni. Alternando parti del romanzo ambientate al passato nel 1864 e parti al presente nel 1904, pian piano riusciamo a ricostruire la vita di Vittorio e a capire perché quel carillon nell’asta del prologo abbia risvegliato in lui tanti sentimenti contrastanti. Francesca Diotallevi ci accompagna con Vittorio in un viaggio tra presente e passato, alla scoperta dei fantasmi umani e non e soprattutto dei segreti taciuti e accuratamente nascosti che infestano villa Flores. Un romanzo dal sapore gotico che vi conquisterà per il suo stile.

Irene Rolando

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