La seconda edizione del Festival
Dal 9 al 13 ottobre 2024, si è svolta a Torino la seconda edizione del Festival Women & the City, organizzato dall’associazione Torino Città per le Donne. Questo importante appuntamento per la nostra città è stato ideato con lo scopo di mantenere le tematiche di genere al centro del dibattito pubblico, favorendo un dialogo intergenerazionale e raccontando le migliori pratiche per avvicinarsi sempre di più alla parità di genere.
La redazione di The Password ha avuto l’opportunità di partecipare all’evento intitolato “Superman e superwoman/supereroi superati: affrontare maschilità e femminilità senza stereotipi”, con Irene Facheris, scrittrice, attivista e podcaster, e condotto da Maria Claudia Vigliani, cofondatrice di Torino Città per le Donne. Durante l’incontro Facheris ha dialogato con tre coppie, ciascuna composta da interlocutori o interlocutrici appartenenti a generazioni diverse, riflettendo con loro sulle tematiche proposte e rispondendo alle loro domande.
Vi raccontiamo com’è andata.

Potere economico e violenza economica
I primi interlocutori, Michele e Mattia, hanno avviato il dialogo su un problema così diffuso nella nostra società da risultare più invisibile di altri: la differenza tra i generi nella gestione del denaro.
Ancora oggi, è radicata l’idea che l’economia e tutto ciò che riguarda i soldi e il successo siano una prerogativa maschile: è “normale” dare per scontato che, all’interno di una famiglia, sia l’uomo ad avere il ruolo di breadwinner, cioè colui che provvede economicamente al sostentamento di moglie e figli; d’altro canto, spesso si pensa che la donna debba lavorare meno o smettere totalmente, in favore della gestione della casa e dell’accudimento dei figli. La conseguenza di questa dinamica è facilmente intuibile: la donna ha a disposizione risorse limitate stabilite dal marito, detentore del potere economico nella coppia.
La mancanza di potere economico e di reali alternative di vita pone le donne in un ulteriore stato di vulnerabilità, costringendole molto spesso a rimanere all’interno di una relazione abusante.
Da queste riflessioni sul tema, è emersa una domanda: “quanto può incidere l’educazione economica nel cambiare il sistema?” e la risposta è arrivata chiara e immediata: è necessario smettere di affidare l’educazione economica alla società patriarcale, rendendo le ragazze e le donne delle vere interlocutrici nel racconto pubblico sui soldi e, più in generale, sul potere a 360 gradi.
Inoltre, dobbiamo renderci conto che gli stereotipi danneggiano anche il genere maschile, esponendolo a una pressione sociale soffocante.
Educazione sessuale e affettiva
Il tema dell’educazione, seppur con una declinazione differente, è stato presentato anche dalla seconda coppia, composta da Ivana e Francesca. In particolare, le due interlocutrici hanno messo in evidenza come, nel nostro Paese, l’educazione sessuale e affettiva sia assente dal contesto scolastico, abbandonata il più delle volte nelle mani dei genitori o, più sovente, nelle mani della madre. Questo sistema non funziona, poiché le famiglie, consapevolmente o inconsapevolmente parte della società patriarcale, tramandano insegnamenti pericolosi ai loro figli maschi. Ecco come, ad esempio, si perpetua l’idea che il consenso da parte di una donna prima di qualsiasi contatto sessuale non sia così importante.
Tuttavia, ha precisato Facheris, non bisogna colpevolizzare le madri per il loro insuccesso nell’educare i propri figli: spesso, infatti, nonostante si impegnino nel crescere futuri uomini consapevoli, vedono i loro sforzi annullati dalle pressioni inflitte dal gruppo dei pari, di estrema importanza durante l’adolescenza.
Come sempre, per superare un problema strutturale bisogna apportare delle modifiche alle radici: è necessario superare il tabù che l’educazione sessuale e affettiva non possa essere impartita in giovane età, eliminando una volta per tutte la convinzione che sia qualcosa di “scandaloso”.
Maternità e paternità
Gli ultimi due interlocutori, Monica e Pietro, hanno deciso di condividere le loro esperienze personali in merito alla genitorialità, rendendo evidente come esista uno squilibrio nella percezione sociale di maternità e paternità.
Infatti, è esperienza di molte donne, soprattutto dopo una certa età, quella di sentirsi chiedere con insistenza “quando fai un figlio?” In caso di risposta negativa, la domanda viene seguita da un “cambierai idea”. Questo breve scambio di battute dimostra come le donne senza figli siano viste come “meno donne”, devianti dal loro ruolo tradizionale di madre. Tuttavia, stiamo assistendo a un cambiamento positivo in merito a questo tema: ci sono sempre più ragazze e donne che dichiarano senza vergogna di non avere l’obiettivo di diventare madri.
D’altra parte, di paternità si parla poco e male. Se un giovane dichiara il suo desiderio di genitorialità, spesso viene visto come un alieno dalla sua compagnia di coetanei. Questo accade poiché la genitorialità è intesa come qualcosa di inerente al femminile e, dunque, qualcosa di cui non si parla se si è un “vero uomo”. Il linguaggio che adottiamo conferma questa visione caratterizzata da stereotipi: usiamo il termine “mammo” per indicare un uomo che si occupa dei suoi figli, quando dovremmo semplicemente usare la parola “papà”.
Anche in questo caso, gli stereotipi di genere si traducono in politiche lontane anni luce dal concetto di parità, come il congedo parentale di soli dieci giorni riservato ai padri nel nostro Paese.
Ilaria Vicentini
Crediti immagine in evidenza: https://www.torinocittaperledonne.org/women-thecity
