Vecchi e nuovi modi di incontrare l’anima gemella
Sono molte le aspirazioni che si possono avere nella vita: viaggiare il mondo, trovare un lavoro appagante e/o che possa permettere di mantenere un certo stile di vita, crearsi una famiglia e tanto altro. Per molti, anche se non tutti, a un certo punto nasce il desiderio di avere un/a partner. Molti nonni raccontano di essersi conosciuti tramite amici di amici, spesso sposandosi conoscendo a malapena il/la coniuge, altri con storie incredibili; quello che è improbabile è che si siano conosciuti tramite un’app d’incontri o mettendo nel carrello della spesa un ananas: questi ultimi casi, impensabili un tempo, sono infatti possibili nella nostra realtà, estremamente complessa, interconnessa e bizzarra. Ma facciamo un passo indietro.
I bacialé e la loro missione
Anche un tempo non era facile incontrare l’anima gemella, soprattutto se si viveva in cascine isolate delle Langhe. Per questo, nelle campagne piemontesi, sin dal Medioevo e fino al secolo scorso, era diffusa la figura del bacialé (dall’etimologia dubbia, forse derivante da “far combaciare“ o da “bacia lei”), il sensale, colui che combinava i matrimoni e a cui si rivolgevano soprattutto i contadini per trovar marito alle figlie. Queste figure verificavano che la ragazza avesse una dote adeguata e organizzavano l’incontro con il potenziale marito mettendo in chiaro i termini di accordo. Andrea Ballone, in La cultura della cascina. Mediatori di donne e di bestiame nel Piemonte contadino, riporta che non era puramente un gesto filantropico: il bacialé chiedeva un foulard (tipicamente giallo) per un matrimonio povero, un cappello per “un’unione media” e un cappotto per un grosso matrimonio. In maggioranza non erano certo unioni d’amore: in quest‘articolo di tvsvizzera.it si ricordano le parole di un bacialé di Monticello d’Alba, che spiegava che per i genitori della ragazza i soldi erano l’importante: lj sòd a fan bel qualsiasi òm (i soldi fanno bello qualsiasi uomo). Nelle unioni gli uomini iniziarono poi a combinarsi con donne del Sud, in cosiddetti “matrimoni misti”, per via della mancanza di ragazze nelle campagne albesi, in via di spopolamento — arrivando a 428 matrimoni in dieci anni. Nel 1968 si tenne l’ultimo convegno dei bacialé, a Guarene, in provincia di Cuneo, con più di trecento sensali.
L’avvento delle dating app
Metodi alternativi e semplificativi sono quindi sempre esistiti, come gli annunci su riviste e giornali, ma con l’arrivo della tecnologia tutto è cambiato. Poco prima della nascita di internet, nel 1965, due studenti di Harvard idearono Operation Match: tramite un computer IBM l’utente compilava questo questionario (alla modica cifra di tre dollari) e riceveva un elenco di potenziali affinità con un altro acquirente. Molti iniziarono poi a conoscersi grazie a email e forum online — come nel film You’ve got mail (1998), con Tom Hanks e Meg Ryan.
Lo sviluppo prima di siti mobili e poi di app di dating diventò vertiginoso negli anni successivi. Nel 1995 nasce il sito match.com, soppiantato nel 2003 da Myspace: il principio è lo stesso, creare delle chat online tra sconosciuti per conoscersi e magari incontrarsi nella realtà, iniziando magri in seguito una relazione. E poi esattamente vent’anni fa arrivò Facebook (2004), per poi passare a Badoo (2006), Grindr (2009), nato all’inizio per un target maschile gay e bisessuale. E infine i più conosciuti, quelli a cui subito si pensa quando si parla di app di incontri: Tinder (2012), Hinge (2013), Bumble (2014), con interfacce e meccanismi sempre leggermente diversi, ma con uno stesso scopo: incontrarsi, il che, paradossalmente, appare via via più difficile in un mondo sempre più interconnesso, in cui è però facile sentirsi soli e isolati.
La parabola di queste app, dopo dieci anni, sembra stia vivendo una fase discendente.
TikTok e l’ananas nel carrello per flirtare
Quest’anno verso fine agosto diventò virale su TikTok un video di una comica spagnola, che in un supermercato Mercadona voleva verificare una diceria secondo la quale in quel supermercato si poteva rimorchiare tra le 19 e le 20 mettendo un ananas a testa in giù nel carrello. Da lì molti avevano iniziato a replicare il gesto, diffondendo video e meme. Come ricorda il Post, questa usanza era già diffusa a Milano, in particolare in un punto vendita di Esselunga di viale Papiniano, già dal 1994. Nello stesso articolo si ipotizza che per molti giovani l’entusiasmo per la gag nasca dalla stanchezza per “i meccanismi freddi e asettici delle app di appuntamenti”, la cosiddetta dating fatigue. Non a caso sempre il Post a marzo ha intitolato un articolo Le app di appuntamento sono in crisi, nel quale riportava che dal 2021 al 2024 il valore di mercato della società Match Group (di cui fanno parte Tinder e Hinge) è diminuito dell’80%. Forse perché molti Millennial, utenza principale in passato di queste app, nel frattempo si sono accasati, o forse perché negli anni queste app sono rimaste sostanzialmente uguali, con il meccanismo di swipe and match sdoganato da Tinder.
La GenZ, in particolare, sembra piuttosto diffidente verso queste app, e sembra preferire Instagram e TikTok, luoghi trasversali dove fare esperienze simili ma non solo. Un sondaggio 2023 di Axios/Generation Lab riporta che il 79% degli studenti nei college americani non usa dating app, che molti accusano di non riuscire realmente a fare incontrare le persone nella vita reale, tenendole invece incollate allo schermo.
Eppure alcuni hanno fortuna: Michael Rosenfeld, sociologo dell’Università di Stanford, nei suoi studi ha registrato che negli Stati Uniti più delle metà delle coppie eterosessuali si incontra online. Nulla toglie che è difficile raccogliere dati per capire quante relazioni siano nate da queste piattaforme, e che secondo molti le app dovrebbero non sparire ma rinnovarsi. Come spesso capita con la tecnologia, il problema non sta tanto nello strumento quanto nel nostro approccio ad esso — alcuni suggeriscono di preferire una certa sincerità nel dichiarare i propri scopi, per evitare un’asimmetria di interessi e molta frustrazione. Non sempre va a buon fine, ma non è raro che un match passi dai pixel alla realtà, con una buona dose di fortuna, che non guasta mai!
Anna Gribaudo
