La valorosa resistenza dei braccianti di Torretta Antonacci

Il 3 marzo 2017 scoppia un incendio in quello che viene chiamato il Gran Ghetto, un villaggio di cartone, legno e lamiere tra i comuni di Foggia, di San Severo e di Rignano Garganico. Due giorni prima erano partite le operazioni di sgombero, disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari per presunte infiltrazioni mafiose. A subirlo, però, sarebbero dovute essere le centinaia di migranti sfruttati come braccianti in quelle zone, e alcuni di loro non ci stanno. A piedi, attraversando circa 14 km, raggiungono la prefettura di Foggia, per protestare contro lo sgombero e per il loro diritto a vivere vicino alla terra che conoscono e in cui lavorano, vicino ai datori di lavoro che sanno dove poterli trovare, perché per loro la possibilità di quel lavoro, sebbene sottopagato e sfiancante, rappresenta l’unica possibilità di sopravvivenza.

Tornati al ghetto, sono comprensibilmente molto stanchi e due di loro, per la troppa stanchezza, non si svegliano in tempo per scampare dal fuoco, e nel ghetto ci muoiono: sono Mamadou Konate e Nouhou Doumbouya, due cittadini maliani di rispettivamente 33 e 36 anni.

I sopravvissuti hanno dovuto affrontare un periodo difficile in seguito a questa tragedia, erano rimasti senza acqua, dovevano cercarsi da soli la legna per poter – crudeltà della sorte – accendere i fuochi per cucinare. In questa circostanza, abbandonati dalle istituzioni e dalla cittadinanza, si avvicina loro l’USB – l’Unione Sindacale di Base, un sindacato dalla struttura partecipativa orizzontale e che si pone come alternativa a Cgil, Cisl e Uil – gli chiede di cosa avessero bisogno – acqua e un posto in cui vivere – e cerca di fornirglielo. Questi migranti, insieme a molti altri arrivati nel frattempo, si sono stabiliti in un complesso di Torretta Antonacci, messo in piedi da loro stessi, con acqua potabile e strade asfaltate, e del quale hanno realizzato anche il classico cartello di benvenuto dei comuni e delle frazioni italiane. A partire da quel momento il legame con l’USB si stringe sempre di più, nel 2019 parte un progetto di alfabetizzazione sindacale in quelle terre, ma le tragedie purtroppo non finiscono, e il 27 giugno 2022 perde la vita Yusupha Joof, lavoratore di 35 anni originario del Gambia, di nuovo in un incendio.

A caratterizzare gli uomini e le donne di Torretta Antonacci, però, si trova il coraggio, la forza e l’intelligenza grazie ai quali non si arrendono, resistono, e si organizzano. Andando a lavoro ogni giorno si erano accorti di grandi spazi di territorio incolto, un territorio abbandonato e dimenticato dallo Stato, proprio come loro. Hanno preso la decisione, quindi, sempre con il supporto di USB, ma anche dell’Associazione Mercato Scoperto e da CDCA Abruzzo, di occupare queste terre demaniali e di gestirle e coltivarle in prima persona.

Da qui comincia un percorso di risalita, di impegno, di collaborazione e di imprenditoria dal basso. Per potersi finanziare, infatti, da due anni a questa parte, hanno risalito la filiera produttiva, dando vita a un prodotto finale – una passata di pomodoro – il cui gusto viene preservato dall’inquinamento sociale di caporalato e sfruttamento, ma anche da quello ambientale, vista la loro opzione per una produzione a basso impatto ecologico, “una produzione di carattere primitiva prima ancora che artigianale, per convinzione ma anche per necessità, non avendo alcuna disponibilità economica alle spalle” (USB – 27 novembre 2024). Ogni anno viene organizzata una campagna di pre-acquisto solidale, con l’obiettivo di costituire un certo numero di punti vendita – 28 per il 2024/2025 – per un pubblico che voglia farsi portatore di un consumo alimentare realmente critico ed etico.

Lo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici del settore agroalimentare è uno dei più pervasivi e crudeli della nostra epoca, anche se uno dei più nascosti, non avvenendo all’interno delle città, come nel caso ben più discusso dei rider. È uno sfruttamento che ci riguarda tutti perché legato a beni di prima necessità, frutta, verdura, cereali, indispensabili per il sostentamento e per i quali è difficile far partire campagne di boicottaggio. È comprensibile che chi, purtroppo, si trova a sua volta invischiato nel sistema di sfruttamento che porta a difficoltà economiche, come lavoratori precari, disoccupati, famiglie a monoreddito, cerchi di portarsi a casa la spesa al minor prezzo possibile. Per chi se lo può permettere, però, ecco un bel modo per sottrarsi alla catena di soprusi che porta passo dopo passo dai braccianti alla grande distribuzione organizzata.

Il progetto Terra e Libertà ci dà l’occasione per una narrazione finalmente positiva e attiva della condizione del lavoratore migrante, che si sottrae dal ruolo di vittima per prendere su di sé quello di resistente, e che invita i suoi colleghi migranti e italiani all’emulazione: occupare man mano anche i restanti tre milioni di ettari di terre incolte, affinché queste vadano nelle stesse mani di chi ha la volontà e la forza per lavorarle.

Giulia Menzio

Per approfondire e supportare

Terra e libertà: https://www.facebook.com/Exgranghetto/

Terre occupate Giuseppe DiVittorio https://www.facebook.com/people/Terre-Occupate-Giuseppe-DiVittorio/

USB https://pubblicoimpiego.usb.it/leggi-notizia/cosa-e-la-usb.html

Mercato scoperto https://www.facebook.com/MercatoScoperto?locale=it_IT

CDCA https://cdcaabruzzoaps.wordpress.com/

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Di Vittorio veniva da quelle parti. Rattrista solo che quelle lotte non le facciano anche gli Italiani sfruttati accanto a questi loro fratelli vilipesi ed invece cadono nella trappola di considerarli nemici.

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