L’articolo è la seconda parte di una proposta di analisi al Canto V dell’Inferno, uno dei più famosi dell’opera dantesca. La figura di Francesca, in particolare, è stata oggetto di numerose riletture, oltrepassando i limiti della letteratura e del tempo.
La prima sezione del Canto V introduce il lettore nel secondo cerchio, dove vengono puniti i lussuriosi. Apprendiamo come vengono smistate le altre anime per mezzo del giudice Minosse. La seconda sezione è uno sfilare di anime peccaminose nella bufera, prevista per contrappasso.

La terza sezione: Francesca e Paolo
La terza sezione, la più richiamata e parafrasata durante i nostri studi liceali, presenta due figure, Francesca e Paolo. Queste due anime, che si tengono per mano, sono rappresentate come colombe: “quali colombe dal disio chiamate con l’ali alzate e ferme al dolce nido vegnon per l’aere, dal voler portate”. Nella prima sezione i lussuriosi trasportati dalla bufera venivano paragonati a stormi di uccelli; nella seconda sezione le anime prese in esame sfilano come gru; la terza similitudine è sulle colombe.
A parlare è solo Francesca: l’unica donna (protagonista) a parlare in prima persona di un’esperienza vissuta direttamente. Ed è attraverso l’immagine che Dante ci restituisce, in merito alla vicenda che la vede coinvolta, che cogliamo la chiave di lettura del canto: la pietà. Dante stabilisce subito empatia perché Francesca gli dice che, se potesse, pregherebbe per lui a Dio: “se fosse amico il re de l’universo, noi pregheremmo lui de la tua pace, poi c’ hai pietà del nostro mal perverso”.
Francesca da Polenta (detta anche da Rimini) era una nobildonna di Ravenna, data in sposa a Giovanni Malatesta (o Gianciotto), condottiero e uomo politico italiano. Giovanni, brutto e zoppo, aveva un fratello di bell’aspetto, Paolo. Le fonti narrano di un adulterio e di un delitto a opera di Giovanni. Gli imputati, quindi, sono tre: Paolo e Francesca per l’adulterio, Giovanni per l’omicidio. E ciò che ha mosso l’azione è l’amore. È quest’ultimo il fulcro del canto, per il quale si configura come un canto umanissimo.
Tre terzine iniziano con la parola “amor” (anafora). La prima terzina parla dell’attrazione fisica. La seconda terzina parla della legge per cui l’amore non consente a chi ama di non essere amato: se si ama di amore vero, l’amore verrà ricambiato. L’amore non si estingue mai, motivo per il quale Francesca e Paolo sono all’Inferno insieme. La terza terzina parla di ciò che ha condotto a questo amore. Fu un amore che scattò subito e che provocò la morte: “amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense”. Il riferimento è a Giovanni, che si trova all’Inferno per l’omicidio dei due amanti. Giovanni peccò contro questo amore, pur riconoscendo il peccato dell’adulterio. L’amore è qui antidoto alla violenza. Il sentimento ha condannato le anime alla morte perché trattasi di un amore quasi possessivo. Dante condanna questo tipo di amore, ma non riesce a biasimare L’amore, perché è ciò con cui lui si identifica.
Dopo aver udito queste parole, Dante si rabbuia e Virgilio gli chiede cosa stia pensando: si rende conto di essere di fronte a qualcosa di impossibile da valutare. Non ha i criteri di giudizio. L’amore è ingiudicabile perché è manifestazione di Dio stesso.
Dante ingenuamente chiede a Francesca come sia nato questo amore: “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”, ovvero dalla lettura del passo in cui Lancillotto viene vinto dall’amore per Ginevra. La descrizione del loro bacio fu così intensa da spingere la lettrice, Francesca, e chi l’ascoltava, Paolo, a imitarlo. Francesca prova dolore nel ricordare un momento così felice e mentre parla, Paolo piange. Galeotto è il personaggio che mette in contatto Ginevra e Lancillotto. Leggevano quel passo “senza alcun sospetto”, privi cioè della consapevolezza che sarebbero stati sorpresi dall’amore, a causa del quale non proseguirono più la lettura.
Come si può condannare un amore del genere? La conclusione è la pietà. Lo struggimento per un amore così forte, di tenerezza e di passione assieme, e la pietà provata nei confronti di questi amanti fa sì che Dante svenga.
Nicole Zunino
Fonte: V. Gigliotti, La diritta via. Itinerari giuridici e teologici danteschi, Olschki, 2023
