Per commettere un errore giudiziario basta pochissimo: qualche consonante sbagliata nella trascrizione di un’intercettazione, la cattiva interpretazione della grafia di un pizzino. La facilità con cui si può incappare nell’errore lo rende incombente, eppure di condanne improprie e ingiuste detenzioni si parla pochissimo. Che siano di anni o di pochi giorni, segnano permanentemente la vita di chi vi rimane invischiato. In questo articolo di Francesca Borla si parla dei casi più clamorosi di ingiusta detenzione e del silenzio che li circonda da parte della società.
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