Informazioni sul fronte della protesta anti-G8 è il titolo di un fascicolo di 36 pagine compilato dalla Questura di Genova nell’estate del 2001, alle porte del G8, si tratta di 36 pagine in cui vengono classificati i macro gruppi di manifestanti che tra il 19 e 22 luglio di quell’anno si muoveranno per la città.
C’è il blocco rosa formato da gruppi per l’azzeramento dei debiti dei paesi poveri, associazioni cattoliche,la rete di Lilliput; il blocco giallo e blu considerati come possibili fautori di gesti di disordini e generico vandalismo e il blocco nero che comprende membri dei famosi black bloc e gruppi legati all’estrema destra.
Tutti divisi e raggruppati in base al grado di pericolosità, vengono elencate anche possibili azioni violente, esempi di attacchi che potrebbero essere rivolti alle forze dell’ordine, quale il lancio di frutta con all’interno lamette, o di pesce marcio, blocchi stradali e ferroviari.
Dall’altra parte, a gestire la massa di persone e movimenti che si avvicenderanno dal 18 luglio in molte manifestazioni, vengono ad organizzare piazze tematiche, a comunicare ed organizzare i cortei è il Genova Social Forum. Una rete immensa di persone che vuole che vada tutto bene, che i cortei si svolgano, che i manifestanti abbiano un posto in cui dormire, come le scuole. C’è una sede del Forum, una radio. Tutto in regola.
Il 19 luglio 2001, il primo giorno del G8, si svolge una manifestazioni con oltre 50.000 mila persone che sfilano per la città rivendicando i diritti degli immigrati e degli extracomunitari. Nonostante la tensione crescente, il primo giorno di manifestazioni anti-G8 si conclude in festa.
Il 20 luglio 2001 sono previste diverse manifestazioni come quella della Rete Lilliput da Piazza Manin e quella dei Disobbedienti dallo Stadio Carlini. Ma qualcosa inizia ad andare storto.
Ci sono dei gruppi di ragazzi, di black bloc, in Piazza Giusti e in Piazza da Novi che hanno iniziato a svuotare i serbatoi delle macchine, incendiare cassonetti, a sfasciare la città per munirsi di arme improprie. Ci sono anche delle Forze dell’Ordine, ma non succede nulla.
Alle 15:00 attaccano il carcere Marassi, ma all’arrivo delle Forze dell’Ordine i black boc sono già spariti.
I manifestanti di Piazza Manin, quelli delle Rete Lilliput con le mani dipinte di bianco, non lo capisco subito, ma le camionette che stanno arrivando e tutti quei poliziotti li stanno caricando.
60 feriti, due anche gravi, molti intossicati dai gas lacrimogeni ed altri coperti di sangue.
L’altra manifestazione, quella dei Disobbedienti che parte dallo Stadio Carlini, è capeggiata dalle Tute bianche, manifestanti con scudi di plexiglass, occhialini da piscina per violare simbolicamente la zona rossa.
Arrivati in via Tolemaide, i 15.000 manifestanti si vedono caricare dagli Uomini della Compagnia Alfa, le Tute bianche con i loro scudi di plexiglass sono i primi ad essere travolti dai lacrimogeni e dalla carica delle Forze dell’Ordine.
Nooo!… Hanno caricato le tute bianche, porco giuda! Loro dovevano andare in piazza Giusti, non verso Tolemaide… Hanno caricato le tute bianche che dovevano arrivare a piazza Verdi
Dirà un operatore delle Forze dell’Ordine assistendo a quel disastro.
È un corteo enorme chiuso sulla destra dalla ferrovia,davanti dalla polizia, indietro non possono tornare, non resta che infilarsi a destra. Verso piazza Allimonda.
In piazza Allimonda, tra manifestanti e polizia scoppia una guerra.
Manifestanti col volto coperto che lanciano sassi, blindati delle Forze dell’Ordine che caricano, lacrimogeni e oggetti volanti.
La compagnia Echo dei carabinieri lì, in piazza Allimonda in un Defender ci sono tre carabinieri. Alcuni manifestanti lo attaccano, sono una quindicina e si lanciano sul fuori strada bloccato da un cassonetto.
20 luglio 2001 ore 17:27 il carabiniere Mario Placanica, dall’interno del Defender spara due colpi e uccide Carlo Giuliani; facendo retromarcia il Defender gli passa sopra due volte.
Il bilancio dei primi due giorni è di 200 feriti e un morto.
Il giorno seguente, 21 luglio, ci sono 300.000 manifestanti in piazza Sturla pronti per il corteo, che raggiungerà piazza Galileo Ferraris.
Il percorso prevede di percorrere il lungo mare e di raggiunte piazza Ferraris, come concordato. Un gruppo di black bloc si infiltra,devastano quello che gli capita intorno, provocano i poliziotti e poi scappano.
Quando la polizia carica, i black bloc sono già spariti. 200.000 manifestanti rimangono bloccati, da un lato il mare, davanti le Forze dell’ordine e nessun modo di tornare indietro.
Si ripete quasi lo stesso scenario del giorno prima. Molti feriti, intossicati dai lacrimogeni, molti fermi, una situazione di guerriglia inspiegabile.
Il Genova Social Forum ha coordinato le manifestazioni, i cortei ed offre anche un servizio di dormitorio all’interno della scuola Diaz.
All’interno della struttura si trovavano manifestanti provenienti da tutta Italia, stranieri, di ogni età che la notte del 21 luglio 2001 hanno trovato ospitalità all’interno di una scuola pubblica.
Intorno a mezzanotte, 500 uomini delle Forze dell’Ordine irrompono violentemente all’interno della scuola e inizia a picchiare, aggredire tutti, uomini, donne, manifestanti che stavano dormendo vengono svegliati a calci e manganellate.
Quella notte dalle porte della scuole escono molte,moltissime barelle di feriti. Giovani, anziani che occupano le 38 ambulanze fuori dalla scuola.
La Polizia dice che quella fosse la base di un gruppo di black bloc e forniscono anche delle prove, bottiglie molotov e altre armi, che poi si scoprirà essere state messe alla Diaz proprio dalla Polizia.
Il bilancio di quella notte è di oltre 60 feriti, ma quello del dopo G8 è di più di un migliaio di feriti ed un morto.
Tra i manifestanti che dormivano alla scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001 c’era anche Arnaldo Cestaro che all’epoca aveva 62 anni. Il suo ricorso alla Corte dei diritti umani di Strasburgo ha permesso di definire che cosa sia successo almeno la notte del 21 luglio:
è stato violato l’articolo 3 della Convenzione “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
Dopo quindici anni di silenzio e finzione, dopo le 25 condanne del 2012 ai dirigenti e agenti partecipanti all’irruzione, una Corte straniera ci mette davanti la semplice ed evidente realtà: siamo privi di una legge che definisca, vieti e punisca seriamente e severamente la tortura, perché in Italia ci siamo dimenticati di legiferare in materia, ma molti si sono ricordati di praticarla in quei giorni a Genova, dentro la scuola Diaz e a Bolzaneto.
Per proteggere e servire, o per torturare e nascondere?
Cecilia Marangon
