Ottobre rosa: A.N.D.O.S. onlus e la prevenzione che salva la vita

Il tumore alla mammella, solo in Italia, colpisce ogni anno circa 50.000 persone e rappresenta il cancro più frequente tra le donne. Secondo i dati aggiornati del Ministero della Salute, nel 2020 sono stati diagnosticati 55.000 nuovi casi di carcinomi della mammella, ma lo screening e la diagnosi precoce permettono di identificare un numero sempre maggiore di tumori allo stadio iniziale portando così il tasso di sopravvivenzaa 5 anni dalla diagnosiall’88%.

Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno. La diagnosi precoce rimane, insieme ai progressi della ricerca e delle terapie, l’arma più importante per combattere questo male. Per diffondere tale messaggio «The Password» ha realizzato tre interviste con persone che hanno avuto a che fare da vicino con il cancro al seno.

Abbiamo incontrato la dottoressa Fulvia Pedani, Presidente del Comitato A.N.D.O.S. onlus di Torino. A.N.D.O.S. nasce per offrire alle donne operate al seno un’assistenza specifica più ampia e più attenta per aiutarle a superare i molti traumi legati a questa patologia. Tutto parte dalle esperienze dolorose di donne che, pur portando ancora nel corpo e nel cuore i segni delle prove subite, hanno trovato in sé non solo la forza di superare il proprio trauma ma anche l’emozione positiva e attiva di aiutare altre donne colpite dallo stesso morbo.

Ci parli di lei. Di cosa si occupa?

“Mi chiamo Fulvia Pedani e sono presidente del comitato di Torino dell’A.N.D.O.S., l’associazione nazionale donne operate al seno, nonché coordinatore nazionale: coordino infatti 53 comitati in Italia. Faccio anche l’oncologo e mi sono sempre occupata di mammella.

Mi sono avvicinata al volontariato perché sensibile alla difficoltà a portare avanti alcune esigenze delle donne. In particolare mi interessava sopperire a necessità non prettamente sanitarie ma che rappresentano una grande propedeutica all’espletamento corretto della terapia”.

Di cosa si occupa nello specifico A.N.D.O.S. Onlus?

“A.N.D.O.S. è un’associazione nazionale molto antica, nasce nel 1976 a Trieste. Si forma dall’esigenza delle donne di portare avanti le loro problematiche, all’epoca soprattutto di natura fisica e psichica. Si utilizzava ancora la mastectomia secondo Halsted, quindi si portava ancora via grande e piccolo pettorale e i linfonodi del cavo ascellare. Un intervento molto debilitante che portava con sé varie complicanze: disabilità di spalla, modifica della postura, ma anche un grande problema legato al linfedema dell’arto superiore sottoposto a linfoadenectomia ascellare (condizione patologica caratterizzata da un anomalo ed esagerato accumulo di liquido linfatico in vari distretti dell’organismo, NdR.) che poteva trasformarsi in linfoangiosarcoma. Non c’erano ai tempi fisioterapie dedicate.

Il primo comitato nasce come centro di riabilitazione delle mastectomizzate e velocemente si diffonde in tutta Italia. Sotto la presidenza di Pertini cambia il nome da centro di riabilitazione in A.N.D.O.S.

Il pressing delle donne ha portato a una rivalutazione degli interventi, che ad oggi sono molto meno invasivi fino alla tumorectomia nelle forme più limitate. Inoltre, aspetti importanti come la fisioterapia e la psiconcologia sono stati inseriti nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza, insieme di tutte le prestazioni, servizi e attività che i cittadini hanno diritto a ottenere dal Servizio sanitario nazionale, NdR.).

Nemez, la prima presidente di A.N.D.O.S., presentò il primo linfodrenaggio brevettato, che ad oggi insegniamo alle nostre donne in modo che possano farlo in autonomia facilitando il deflusso linfatico. Oltre a passi importanti di questo genere, A.N.D.O.S. negli anni ha ottenuto tanto: ad esempio il riconoscimento della preservazione della fertilità o la legittimazione della protesi mammaria chirurgica come intervento nei LEA.

Ora portiamo avanti la campagna per l’oblio oncologico, per poter concedere alle persone che hanno avuto il tumore tempo fa senza ricadute di non avere lo stigma che le insegue quando devono accedere a mutui, finanziamenti e adozioni. Vogliamo ottenere un rispetto della persona e della sua dignità a 360 gradi.

Un altro riconoscimento che stiamo portando avanti è quello della pigmentazione dell’areola mammaria nelle donne mastectomizzata. Si tratta di tatuaggio tridimensionale efficace e realistico, grazie al quale la donna si sente meno a disagio. Abbiamo fatto un’indagine: circa il 18% a distanza anche di 20 anni non riescono a guardarsi allo specchio. È dunque importante anche occuparsi di questo, perché il timore della modificazione dell’immagine corporea in alcuni casi porta al rifiuto delle terapie e degli accertamenti diagnostici.

Nel 2019 abbiamo ottenuto il riconoscimento del 13 ottobre come giornata nazionale del carcinoma mammario metastatico”.

Quanto fa la differenza la prevenzione?

“Nella prevenzione abbiamo un compito importante: promuovere la prevenzione primaria, che concerne dunque lo stile di vita, e stimolare l’adesione a programmi di screening.

La prevenzione primaria può ridurre l’incidenza. Ovviamente è meno soggetto a patologie croniche chi non fuma, beve o eccede in generale. Ma il cuore della prevenzione del tumore al seno è lo screening mammografico rivolto alla popolazione sana a maggiore rischio di malattia per fascia d’età,  attivo ormai da 20 anni, grazie al quale la mortalità è stata ridotta del 46%. Noi abbiamo uno screening eccellente che copre dai 45 ai 75 anni, cosa poco applicata in Italia. Il problema rimane delle giovani a rischio fuori fascia.

Io non penso che l’autopalpazione sia prevenzione, perché evidenzia lesioni già evolute, mentre lo screening si ripropone di individuare lesioni sul nascere al di sotto del centimetro, linfonodi negative senza evidenti alterazioni del profilo mammario e della cute. In queste pazienti la sopravvivenza si aggira al 97%. Solo la mammografia è sicura e deve essere qualitativamente valida.

Recentemente abbiamo raccolto aderenze allo screening di donne che non riescono per vari motivi ad aderire ai programmi di screening. A causa della pandemia, le adesioni sono passate dal 70% al 50% e forse meno. L’Osservatorio Nazionale Screening ha quantificato oltre 1.4 milioni di esami  in meno in Italia, che potrebbero  tradursi in oltre 2.000 diagnosi mancate di tumore al seno. Con Prevenzione Serena abbiamo convocato le donne telefonicamente e di persona sul territorio di tutta la città metropolitana. Sono emerse problematiche come gli orari limitanti delle donne lavoratrici, soggetti che viaggiano di continuo per motivi professionali. Il nostro ruolo è dunque quello di fornire la giusta informazione e il giusto supporto anche in base alle singole esigenze”.

Come si svolge l’iter di controllo per la prevenzione senologica?

“In teoria il medico di famiglia manda alle donne in fascia di prevenzione una lettera di convocazione con un numero telefonico di riferimento per concordare l’appuntamento. Il problema è che molte donne non ricevono la convocazione o la ricevano in notevole ritardo. Inoltre non c’è un’informazione adeguata, e molte donne nella fascia tra 45-49 anni e 70-75 anni non sono al corrente della possibilità di aderire allo screening su richiesta personale, perché in queste fasce d’età non è prevista  la convocazione. Per questo vogliamo richiedere presso il ministero che tutta la fascia a rischio diventi una fascia su convocazione e non per libera adesione.

L’iter prevede una mammografia che viene letta e valutata da due medici esperti, che devono eseguire almeno 5000 mammografie all’anno. Qualora sia necessario viene effettuato ampliamento ecografico e bioptico, altri ampliamenti, come la risonanza mammaria, possono essere eseguiti con invio alla Breast Unit di riferimento. Il nostro percorso di prevenzione è virtuoso e definito, validato negli anni.

Per quanto riguarda i casi di elevata familiarità  e rischio genetico, tutta la famiglia in linea diretta dovrebbe fare una verifica e valutare l’aumento del rischio che può raggiungere anche il 60 -70%. In questo caso esiste un percorso di screening specifico che parte dai 20-25 anni: si tratta di un controllo senologico con una ecografia alternata alla risonanza ogni 6 mesi. Si applica anche il controllo delle ovaie con ecografia transvaginale, dal momento che le donne con familiarità di tumore al seno sono a rischio anche per quanto riguarda il tumore all’ovaio. I controlli periodici sono essenziali perché aiutano a intervenire in momenti adeguati. Insieme a questo iter c’è la valutazione del CA125 (esame che misura la concentrazione dell’antigene carboidratico 125 sangue, proteina presente sulla superficie cellulare in alcuni tipi di tumore, NdR.).

La prevenzione in queste donne a rischio è la mammectomia bilaterale. Non tutte l’accettano, e in tal caso un controllo serrato è d’obbligo, mentre a 40-45 anni è consigliata l’asportazione profilattica delle ovaie, in questo modo la mortalità diminuisce sensibilmente. Oggi sono 850.000 le donne che vivono in Italia con una storia di cancro e 37.000 vivono con un cancro mammario metastatico”.

Prima ha nominato le Breast Unit. Cosa sono?

“I primi gruppi interdisciplinari cure risalgono alla fine degli anni ’90.

Nel 2014 nasce in Italia il primo accordo della Conferenza Stato-Regione per l’istituzione dei centri di senologia, nel 2020 il consensus paper dell’ESMO definisce in modo specifico le caratteristiche delle Breast Unit come il luogo in cui ci sono tutti gli specialisti che si occupano di carcinoma mammario: screening, anatomopatologo, chirurgo, radiologo, chirurgo plastico, oncologo, radioterapista, fisiatra, genetista, cardiologo. Questi decidono qual è il percorso migliore per la donna. Altre presenze importanti sono la sessuologa e la psicologa oncologica.

Vengono inoltre proposte attività complementari integrate: trattamenti medici e non che possono aiutare la donna a superare l’impasse. Ad esempio lo yoga, le attività sportive, o attività occupazionali importanti perché liberano la mente e danno un senso di efficienza: la pittura, la scrittura… Anche la cura dell’estetica gioca un ruolo fondamentale: la modificazione dell’immagine corporea può addirittura allontanare la donna dalla terapia. Queste donne non si riconoscono, hanno paura di rovinare il rapporto con il partner, di perdere il lavoro. Ci sono interventi come la sala benessere dove pedicure, manicure, massaggio, camouflage per le modificazioni della cute rendono il percorso di accettazione della trasformazione del proprio corpo più accettabile. Per quanto riguarda la parte sociale ci sono varie iniziative: la banca della parrucca, il sussidio economico, un aiuto legale. E poi il progetto protezione famiglie  fragili, per dare supporto a donne con bambini piccoli o persone che ne hanno necessità, tramite tutor per i bambini in modo che le mamme facciano la terapia con serenità o assistenza. Un altro ruolo sociale importante è quello dell’avvocato tutelare per le adozioni guidate nel caso in cui ci sia un genitore solo e in fin di vita, in modo che possa scegliere a chi lasciare il proprio bambino”.

Da quale età bisognerebbe fare i controlli? Quali sono i campanelli d’allarme se si è fuori dal programma di screening?

“Come abbiamo detto, in condizioni normali dai 45 anni inizia il programma preventivo, ma già a 40 anni può essere utile eseguire controlli periodici e visto l’aumento della comparsa nelle donne giovani (27% dei nuovi casi ha meno di 45 anni) si sta valutando se sia necessario abbassare ai 40 anni l’inizio. Per chi ha familiarità, già dai 22-23 anni. In quest’ultimo caso non si devono dimenticare gli uomini: se sono BRCA (Breast Cancer Gene) mutati hanno un maggiore rischio di tumore alla mammella, ma anche alla prostata e al pancreas. Per gli uomini non abbiamo uno screening e dobbiamo fare attenzione a qualsiasi mutazione del seno, che purtroppo una volta individuato è già avanzato.

Si dovrebbe poi prestare particolare attenzione se la donna è fuori dalla fascia di screening ma ha un seno particolarmente difficile, ad esempio fibrocistico (caratterizzato dalla presenza di noduli, cisti e aree fibrose nel tessuto mammario, NdR.).

Altre modificazioni che sono un campanello di grande allarme possono essere noduli voluminosi, un seno visibilmente più grosso dell’altro, nodulo particolarmente duro, secrezione dal seno, se il seno è retratto”.

Ci sono degli ostacoli nel diffondere il messaggio? Perché se ne parla così poco?

“Spesso la gente scappa come se gli portassimo la malattia. La paura è sicuramente un ostacolo e qualche volta il timore è che si possa chiedere un contributo. È molto più sensibile chi direttamente o non ha già avuto un contatto con la malattia”.

Caterina Malanetto

Per approfondire la tematica consulta:

salute.org.it

insenoallasalute.it

La campagna Frecciarosa per la prevenzione del tumore al seno – mese di ottobre 2022.

Associazioni che promuovono la prevenzione del tumore al seno:

nastrorosa.it

europadonna.it

andosonlusnazionale.it

pertedonnaonlus.it

komen.it

incontradonna.it

salutedonnaonlus.it

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