Hatshepsut: da reggente a regina incontrastata d’Egitto

La XVIII dinastia egizia (XVI-XIV sec. a.C. ca.) annovera tra i suoi membri una regina, la cui storia è molto interessante sia dal punto di vista storico-archeologico sia da quello artistico sia da quello politico. Si tratta della celebre Hatshepsut, figlia del faraone Thutmosis I e della regina Ahmes.

Ascesa al trono

La principessa Hatshepsut sposò il futuro erede al trono Thutmosis II, figlio a sua volta di Thutmosis I e di una concubina, ma ben presto il suo consorte morì senza aver generato con lei alcun erede maschio. L’unico successore legittimo era un figlio avuto da un’altra regina consorte, Thutmosis III, che alla morte del padre aveva solo pochi anni e, quindi, non era assolutamente in grado di governare l’Egitto da solo.

L’occasione era immensa: Hatshepsut prima divenne reggente, preoccupandosi di fare le veci del futuro erede mentre questi cresceva, poi, col passare del tempo, acquisì sempre più potere, arrivando a racchiudere all’interno del cartiglio il proprio prenome. Formalmente era, dunque, divenuta faraone e aveva associato al suo nome la classica titolatura regale.

I simboli della regalità nell’iconografia

Una volta salita al trono e messo da parte il figliastro, finalmente sola e libera di regnare, la nuova regina Hatshepsut osò adottare nell’iconografia tutti i simboli della regalità che fino ad allora erano stati prerogativa dei soli faraoni. Così, in un lento processo di negazione della propria femminilità, la sovrana si fece rappresentare con le sembianze di un uomo, ma non di un individuo qualunque, bensì del re d’Egitto: ogni statua o rilievo la raffigurava, perciò, o con il copricapo nemes (un tipo di corona egizia, la stessa della maschera funeraria di Tutankhamon) o con le corone del Basso e dell’Alto Egitto e, caratteristica fondamentale, con l’ureo, un serpente, sopra la corona, simbolo della regalità e ad uso esclusivo del faraone.

I caratteri mascolini sono esasperati e cancellano definitivamente quelli femminili, ad esempio, nei rilievi della Cappella Rossa, in cui la sovrana Hatshepsut è rappresentata non solo con le corone tipiche del faraone, ma anche con la barba e una corporatura tipicamente maschile.

Il tempio funerario

Una delle spese affrontate da ogni sovrano dell’antico Egitto era la costruzione del proprio tempio funerario, accompagnato naturalmente dal luogo di sepoltura. La regina Hatshepsut non mancò, pertanto, di far realizzare addirittura due tombe (la prima nella Valle dei Re, la seconda in una piccola valle accanto a quella delle Regine) e un sontuoso tempio funerario a ridosso di una falesia.

Situato a Deir el-Bahari, accanto a quello dedicato a Montuhotep, il tempio funerario della regina-faraone dimostra un’attenta ricerca architettonica e stilistica. Il tempio si sviluppa su tre livelli principali che salgono verso la parete rocciosa della falesia grazie a delle rampe processionali. Ogni livello presenta un terrazzamento, che anticamente doveva essere decorato da giardini o da laghi artificiali, circondato da un colonnato. All’ultimo livello, il sacello del tempio entra direttamente all’interno della montagna.

La spedizione nel regno di Punt

I rilievi più significativi sono sicuramente quelli che raffigurano una delegazione di egiziani inviati nella terra di Punt (probabilmente, ma con alcuni dubbi, l’odierna Penisola arabica) per raccogliere delle piante che crescevano solo in quella regione e utili alla creazione di incensi per il culto del tempio. Evidentemente l’intento di Hatshepsut era quello di creare una coltura di piante della terra di Punt in territorio egizio per evitare una dipendenza troppo stretta con un paese straniero.

Caduta e damnatio memoriae

Dopo una ventina di anni circa, il potere passò nelle mani di Thutmosis III, ma non si sa con precisione come questo sia avvenuto. Non si ha, infatti, notizia se la regina Hatshepsut sia stata assassinata o se sia morta di vecchiaia, anch’ella non lasciando alcun erede maschio (aveva solo una figlia).

In ogni caso, l’unica certezza è che il figlioccio Thutmosis III attuò nei suoi confronti una feroce politica di condanna all’oblio (damnatio memoriae). Fece così cancellare il suo nome dalle statue e dai rilievi e cancellò ogni simbolo che potesse associare la figura della matrigna al trono d’Egitto. È per questo motivo, infatti, che le statue di Hatshepsut non possiedono più l’ureo sulla corona.

Nicola Gautero

Crediti immagine di copertina: https://www.facebook.com/photo/?fbid=724578069227364&set=a.264265535258622

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  1. Avatar di Madame bovary Madame bovary ha detto:

    Mi ricordo ancora che un libro delle elementari parlarono di questa Regina💜

    "Mi piace"

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