Little Miss Sunshine: un viaggio per capire l’America e noi stessi

New Mexico, California e un pullmino giallo Volkswagen. Tutto inizia con Olive, bambina di sette anni, vivace e un po’ paffutella, con il sogno di diventare una reginetta di bellezza. Richard, suo padre, scrittore e leader motivazionale della famiglia, tiene conferenze su come raggiungere il successo. Dwayne, il suo fratello maggiore, ama Nietzsche e ha fatto voto di silenzio finché non raggiungerà il suo obiettivo di entrare in aeronautica. Edwin, nonno burbero e scontroso, sniffa eroina per allietare la propria vecchiaia. Sheryl, madre indaffarata, è costantemente stressata. E infine Frank, zio di Olive e fratello omosessuale di Sheryl, viene accolto dalla famiglia, dopo che ha tentato il suicidio in seguito a una delusione amorosa e alla perdita di un ambito premio accademico.

Questa è la famiglia Hoover attorno a cui ruota Little Miss Sunshine, tragicommedia del 2006 diretta da Jonathan Dayton e Valerie Faris in cui la famiglia americana intraprende un viaggio attraverso gli Stati Uniti per permettere a Olive di partecipare alla finale nazionale del concorso di bellezza per bambine “Little Miss Sunshine” in California. Il viaggio attraverso le vaste distese americane diventa un viaggio interiore ed introspettivo, rivelatore di una diversa coscienza di sé e creatore di uno sguardo diverso sugli altri e sulla vita.

Il ribaltamento dei ruoli tradizionali e la critica del sogno americano

I critici cinematografici Jean-Louis Comolli e Jean Narboni hanno analizzato il rapporto tra ideologie e cinema, sostenendo che ogni film è parte del sistema economico e ideologico in cui questo viene prodotto, poiché cinema e arte sono entrambi “ramificazioni” dell’ideologia. Secondo questa teoria si possono determinare sette categorie di film in base proprio al loro rapporto con l’ideologia dominante. Little Miss Sunshine, se all’inizio sembra seguire e conformarsi all’ideologia americana tradizionale (viene messa in scena una classica famiglia americana, in cui ogni personaggio sembra seguire il ruolo stereotipato della commedia), nel suo svolgimento cambia rotta o per meglio dire: la inverte. L’ideologia dominante viene ridicolizzata e criticata.

Nel film vengono messi in scena i valori e i ruoli tradizionali dell’ideologia dominante: il matrimonio, una famiglia perfetta, un uomo ideale che provvede al suo sostentamento e una madre che si prende cura dei suoi figli. A fare da sfondo un’ America in cui tutti possono essere felici. Questi ruoli rigidi, “classici” però non corrispondono ai personaggi. Così come lo sfondo idillico del sogno americano non corrisponde all’America attraversata dalla famiglia. Un’America in cui tutto sembra perfetto e brillante e soprattutto un luogo in cui la paura del fallimento è all’ennesima potenza, in cui ci sono vincenti e perdenti e ciò che più conta è non essere mai dei perdenti.

Il tema del viaggio

Il tema del viaggio è uno dei grandi temi della letteratura. Pensiamo a Omero, Dante, Petronio, Apuleio e molti altri. Il viaggio rocambolesco e avventuroso di personaggi che cercano di raggiungere una meta: fisica, esistenziale o spirituale. In “Sulla strada” di Kerouac il viaggio è esistenziale, una scoperta di se stessi che permette la fuga dalle restrizioni. Viaggiano infatti i tanti eroi della narrativa americana, letteraria e cinematografica, attraverso le grandi distese e lungo le strade dell’immaginario collettivo. Spostamenti fisici e geografici da un luogo all’altro, ma anche, e soprattutto, itinerari interiori, cammini nei meandri della propria coscienza alla ricerca di un equilibrio interiore perduto, una identità smarrita. Tale sarà anche il viaggio – nell’arco di appena due giorni, dal New Mexico alla California, lungo le settecento miglia che si frappongono tra Albuquerque e Redondo Beach – che i personaggi del film intraprendono, in uno spazio americano che è al contempo fisico e mitologico.

Little Miss Sunshine è un inno alla diversità e all’essere sempre se stessi. È questo che rende gli Hoover davvero vincenti. L’immagine più iconica del film, nonché quella che racchiude il senso stesso della metafora espressa nella pellicola, è sicuramente quella in cui la famiglia è costretta a spingere il pullmino nel tentativo di farlo ripartire: una volta avviato, il veicolo non si può più fermare, perciò le stesse persone che danno la spinta dovranno inseguire il mezzo per salirci sopra mentre è in corsa. 

Lorenza Re

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