Semplicità e candore impressionisti

Si è da poco conclusa la mostra impressionista tenutasi a Palazzo Reale, Milano, che ci ha portato a contemplare una quantità spettacolare di quadri dai preziosi tesori parigini, l’Orsay e l’Orangerie.

L’impressionismo è uno di quei cambiamenti che porta l’arte a uscire dalla logica della rappresentazione.
Rappresentazione è una parola importantissima in ambito visivo: siamo abituati a chiamare le immagini delle rappresentazioni della realtà.
Sicuramente è una questione retinica: l’immagine è ciò che della realtà percepisce l’occhio umano.
Quando però intendiamo le immagini in questo modo lo facciamo in riferimento alla mimesi, termine di origine greca che esplicita lo scopo di colui che realizza l’immagine, ossia quello di ri-produrla quanto più somigliante a ciò che esiste in natura.
Charles Baudelaire nel suo agile testo (consiglio di lettura) Il pittore della vita moderna, ci fornisce uno spunto di riflessione su come mai nasce l’impressionismo: c’è la necessità di trovare artisti che rappresentino la vita nuova, la vita moderna.
L’impressionismo è quindi, tra le altre cose, una semplice risposta a questo nuovo sentire psico-sociale.
Baudelaire non aveva in mente tutti gli impressionisti per la verità; bazzicava nell’atelier di Manet, anche se non ne capiva molto poiché a detta sua “era troppo impressionista”. Aveva invece bene a mente un figurinista di nome Constantin Guys, morto alla fine del XIX secolo.

La mostra di Milano si è fatta portavoce di due colossi di questa fase artistica del XX secolo, Renoir e Cézanne, così diversi per molti punti di vista e così vicini per altri. I due, legati da una sincera amicizia, si respirarono vicendevolmente per tutto un decennio, quello degli anni ‘80 del 1800.

Cézanne è due anni più anziano di Renoir, i due erano quasi coetanei. Nasce a Aix-en-Provence dal padre di origine piemontese.
Tenta la carriera universitaria in giurisprudenza ma non si appassiona, e trascorso qualche anno prova a passare le selezioni per l’Accademia di Belle Arti di Parigi. Viene bocciato il primo anno, ma è categorico nelle intenzioni: nessuno avrebbe fermato la sua vocazione di pittore.
Renoir invece nasce a Limoges, nella numerosa e modesta famiglia di un sarto. Dopo essersi trasferito a Parigi insieme alla famiglia, si occupa di porcellane per poi dedicarsi alla decorazione di ventagli e tendaggi. Riesce a passare le selezioni per l’Accademia, dove conosce Cézanne.
La loro fama decolla nel 1874, anno di una storica mostra fotografica che diede avvio all’Impressionismo.

Parigi, Boulevard des Capucines 35: è l’indirizzo del luminoso studio del pioniere di fotografia Gaspard-Felix Tournachon, culturalmente noto con lo pseudonimo di Nadar.
Qui, nell’aprile del 1874, gli esponenti della Société Anonyme Cooperative des artistes, un’associazione autogestita da e per gli artisti indipendenti, fondata da Monet e Pissarro, organizzano una mostra privata, alternativa all’esposizione ufficiale del Salon che da sempre aveva promosso percorsi artistici figli di una cultura più statica, fissa, imperturbabile.
Una pittura come quella degli impressionisti, di innovazione dei linguaggi consolidati, non poteva di fatto avere sbocco sociale, dunque serviva un trampolino di lancio, una struttura espositiva nuova che potesse accogliere dipinti e incisioni delle anime scapestrate – incluse quelle di Renoir e Cézanne -, paesaggi naturali, vedute urbane, scene di vita contemporanea realizzati en plein air per cogliere al volo la musica dei colori, delle luci e delle forme. Un tripudio di sensazioni che il critico Louis Leroy non si trattenne dal definire “semplici impressioni”, indicandole con una connotazione puntigliosamente negativa.
Effettivamente poi come evento non riscattò grande successo: nel mese di apertura la mostra attirò circa 3500 persone, un dato piuttosto ridotto se lo si confronta con gli oltre 400 000 ingressi del Salon dello stesso anno.
Per non citare i giudizi dei critici della mostra, un coro unanime di pesanti stroncature.

Era così nato però l’Impressionismo, e a Milano lo abbiamo respirato tutto: ad accogliere in entrata un’esplosione di energia e luci che vibrano impresse sulle tele.
Le pennellate di Renoir prendono spunto dai flutti spumeggianti della Manica che si scontrano sugli scogli, sotto cieli nuvolosi.
Il carattere forte e irriducibile di Cézanne lo porta invece a una pittura più analitica, una concezione geometrica del mondo fatta di cerchi concentrici e triangoli. Cézanne evidenzia la geometria in tutto ciò che sta riproducendo in opera come principio-strutturatore: struttura il rapporto con la realtà.
Renoir si lascia andare invece all’impetuosità della luce che arriva alle superfici e talvolta le trafigge, talvolta le accarezza dolcemente.

Il nostro mestiere è complicato, e capisco tutte le inquietudini. Tuttavia, un po’ di semplicità, di candore, è necessario. (Pierre Auguste Renoir)
Stampata su muro, la frase crea un piccolo garbuglio nella pancia per l’emozione.
Dunque riassumendo: inquietudini, semplicità e candore. Più semplicemente mondo.

Greta Sberna

(Foto della redattrice)

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