Istanbul in una storia d’amore
Il Museo dell’Innocenza (2008) è uno dei più famosi romanzi dell’autore turco Orhan Pamuk, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 2006. Il romanzo — il primo pubblicato dopo il premio — è un grande capolavoro letterario, che conferma Pamuk come più che degno del Nobel.
Il Museo tratta dell’intensa e travagliata storia d’amore tra il protagonista e narratore Kemal — membro dell’alta società di Istanbul — e Füsun, giovane ragazza di modeste origini. Non appena si incontrano, tra i due nasce un amore passionale, profondo e travolgente, che li porta a diventare immediatamente amanti, nonostante Kemal sia già fidanzato e quasi sposato con la sua storica compagna Sibel.
L’incessante e ossessivo racconto dell’amore struggente di Kemal trasmette una tale forza emotiva da non avere alcun eguale in letteratura. Chiunque sia o sia stato innamorato si riconosce nel sentimento totalizzante che Kemal restituisce al suo lettore. L’amore di Kemal — rimanendo frustrato per diversi anni — è un sentimento che vive del collezionismo ossessivo di ogni oggetto che riguardi Füsun: i mozziconi delle sue sigarette, le forcine per capelli, le tazze da cui la ragazza beve, ogni oggetto da lei toccato o per lei significativo. È questo il museo dell’innocenza che il titolo annuncia: la raccolta di oggetti che la ricordano e omaggiano. Sono proprio questi oggetti comuni ad essere stati esposti — come fittiziamente appartenenti a Füsun — nel Museo dell’Innocenza di Istanbul, visitabile ancora oggi.
Per tornare al romanzo, è doveroso aggiungere che, anche se la trama si snoda esclusivamente intorno alla storia d’amore, Pamuk riesce a comporre un ritratto completo della società turca in cui è ambientata la vicenda (gli anni Ottanta, in cui Pamuk stesso cresce e si forma). La società descritta è quella di una comunità che tenta di imitare l’Occidente senza tuttavia riuscire a liberarsi di alcuni retaggi culturali retrogradi e disprezzati dagli stessi turchi.
In particolare, è di primaria importanza la messa in scena del radicatissimo sessismo dell’alta società di Istanbul (quella che dovrebbe essere la più moderna e progressista), problematica da cui lo stesso Kemal non è immune (nonostante si vanti della propria modernità e della formazione filoccidentale). Il sessismo è ben evidente nel disprezzo con cui vengono trattate le donne che giungono al matrimonio non vergini e anche — in una maniera meno palese ma altrettanto nociva — nella mancata considerazione, da parte dei personaggi uomini del romanzo, delle volontà e dei desideri delle donne, e ancora il loro porre sempre sé stessi e le proprie gelosie davanti al rispetto di queste.
Il romanzo riesce così a dipingere un baratro tanto profondo quanto toccante, senza contemporaneamente nulla togliere alla vividezza con cui la storia d’amore è raccontata. Come anticipato, si tratta di un vero capolavoro, arricchito di tecniche letterarie innovative (narratore inaffidabile, corrispondenza tra finzione e realtà) e di tematiche nuove (come quella dell’assiduo collezionismo).
Consiglio vivamente il romanzo a quanti sono convinti che la grandezza di un autore risieda nella capacità far conoscere uno spaccato di mondo attraverso una storia in cui riconoscersi.
Marta Costa

