Ottobre è il mese dedicato alla salute femminile e, in particolare, alla prevenzione del tumore al seno. Durante questo mese, infatti, sono numerose le campagne di sensibilizzazione e le iniziative per sostenere la ricerca promosse con lo scopo di raggiungere il più ampio pubblico possibile.
Invece, è meno noto che, in vari Paesi del mondo, ogni anno il mese di novembre si trasforma in Movember (parola nata dall’unione di “moustache”, baffi, e “November”, novembre), un evento annuale che si pone l’obiettivo di portare al centro dell’attenzione pubblica l’importanza della salute maschile.
Di che cosa si tratta e cosa c’entrano i baffi?
Movember è un movimento globale nato in Australia grazie all’idea di Travis Garone e Luke Slattery, che nel 2003, mentre stavano trascorrendo una divertente serata in un pub, ebbero l’intuizione di coniugare un simbolo storicamente associato all’eleganza maschile con l’impegno di promuovere il benessere degli uomini attraverso raccolte fondi ed eventi.
Le regole per contribuire al Movember sono semplici: i Mo Bros, così vengono chiamati gli uomini che partecipano attivamente all’iniziativa, hanno il compito di radersi il viso prima dell’inizio di novembre, per poi lasciarsi crescere un paio di baffi durante i successivi trenta giorni. Quel che conta davvero, però, è la condivisione di ciò che si sta facendo e lo spirito di collaborazione a prescindere dal proprio genere: i Mo Bros e le Mo Sisters possono fare donazioni e incoraggiare amici e conoscenti a fare lo stesso e, contemporaneamente, avviare importanti conversazioni sui principali problemi che riguardano la salute maschile sia fisica, come il cancro alla prostata e ai testicoli, che mentale.
La salute mentale degli uomini, troppo spesso trascurata
Come abbiamo detto, tra le principali cause sostenute dal Movember c’è la promozione del benessere mentale maschile e, in particolare, la prevenzione del suicidio.
“Globalmente, in media, ogni minuto di ogni giorno un uomo muore a causa del suicidio”, si legge sul sito ufficiale del movimento. Segue un’altra statistica allarmante: nel Regno Unito, tre suicidi su quattro sono compiuti da uomini. Nel nostro Paese, i dati confermano questa emergenza silenziosa: secondo l’Istituto Superiore di Sanità, circa l’80% dei morti per suicidio sono uomini.
Tra i fattori che contribuiscono ad alimentare un problema così serio c’è sicuramente lo stigma associato agli uomini che avrebbero bisogno di un aiuto per affrontare un disturbo mentale o un momento difficile o traumatico.
Boys Don’t Cry (“i ragazzi non piangono”), cantavano i The Cure nel 1979 e, purtroppo, ad oggi la situazione non sembra essere molto diversa. Troppo spesso, infatti, a causa degli stereotipi di genere, gli uomini sono spinti a non parlare delle proprie emozioni, per non mostrarsi fragili o vulnerabili e, dunque, “meno virili”. Tutto ciò si riflette anche sulla grande difficoltà della popolazione maschile a cercare un supporto adeguato nel momento del bisogno: secondo un’indagine condotta da BVA Doxa e Serenis, il 63% di chi rifiuta la psicoterapia è uomo. Inoltre, soltanto il 21% degli uomini partecipanti ha dichiarato di confrontarsi con i familiari sul benessere mentale, mentre il 15% ne parla liberamente con gli amici.
Uno dei principali obiettivi del Movember è proprio quello di creare un cambiamento significativo nella percezione della salute mentale maschile, affinché ogni uomo possa sentirsi al sicuro nell’affrontare conversazioni sulle sfide quotidiane e nel rivolgersi ai propri cari e ai professionisti per ottenere l’aiuto di cui ha bisogno.
ALEC, un prezioso alleato
Fra le tante risorse che si possono trovare sulla piattaforma online del Movember, è presente una guida pratica su come avviare dialoghi sulla salute mentale con gli uomini ai quali vogliamo bene, in modo tale da incoraggiarli a parlare senza vergogna delle proprie difficoltà.
Le quattro regole principali possono essere riassunte nell’acronimo ALEC:
- A- Ask, cioè “chiedi”. Spesso, una domanda posta al momento giusto può aiutare qualcuno ad aprirsi in merito alle proprie emozioni. Un semplice “come ti senti oggi?” potrebbe dare inizio a una conversazione molto importante;
- L- Listen, cioè “ascolta”. Ascoltare è un compito meno facile di quello che sembra, poiché richiede una grande capacità di attenzione e, allo stesso tempo, una totale astensione da giudizi e da risposte affrettate. L’obiettivo fondamentale è quello di capire che cosa sta comunicando l’altra persona e offrire il proprio supporto;
- E- Encourage action, cioè “incoraggia l’azione”. In questa fase, si propongono delle azioni concrete, affinché la persona in difficoltà possa prendersi cura della propria salute mentale. Per esempio, si può suggerire il ricorso a helplines o a sportelli d’ascolto gestiti da professionisti;
- C- Check in, cioè “controlla”. Dopo la conversazione, è fondamentale rimanere in contatto con l’altra persona, facendole comprendere quanto sia importante per noi. Si può inviare un messaggio, fare una chiamata o decidere di incontrarsi dal vivo: in ogni caso, quel che conta è sviluppare una buona fiducia e trasformarsi in un “porto sicuro” pronto ad accogliere quando il mare è in tempesta.
Ilaria Vicentini
Fonti:
https://www.vanityfair.it/article/salute-mentale-perche-gli-uomini-faticano-di-piu-a-parlarne-anche-in-famiglia
https://uk.movember.com/mens-health/mental-health
https://www.epicentro.iss.it/mentale/giornata-suicidi-2020-fenomeno-suicidario-italia
https://ca.movember.com/about/mental-health
https://conversations.movember.com/en/
Crediti foto in evidenza: https://it.pinterest.com/pin/129830401753456036/
