L’horror è il genere, insieme alla commedia, più soggettivo. Infatti, entrambi questi generi cinematografici e letterari fanno leva su espressioni artistiche il cui apprezzamento da parte del pubblico dipende non solo dai propri gusti, ma anche dalle proprie esperienze.
Se per generi come il dramma o l’avventura la risposta del pubblico è quasi scontata, per la commedia e soprattutto per l’horror non è così. Genere che ha radici molto antiche, che affondano nella letteratura gotica nata a metà del Settecento, l’horror ha trovato terreno fertile nell’ambito cinematografico e della TV seriale, affermandosi fin dagli albori del cinema stesso.
Tuttavia, questo genere è considerato da molti come ormai saturo, soprattutto nell’ambito più commerciale: presenza di trame prevedibili e ripetitive, mezzi troppo artificiosi per indurre allo spavento e scarsa qualità generale nelle produzioni. A causa della presenza di svariati sequel, che cercano di guadagnare con facilità soldi dal pubblico, e della poca originalità, il genere horror ha perso notorietà e serietà nel corso del nostro secolo, quindi quando Mike Flanagan è apparso nel panorama cinematografico è stata una sorpresa.
Mike Flanagan è nato a Salem, negli Stati Uniti (una coincidenza non da poco, verrebbe da dire), nel 1978. Crescendo, ha dovuto trasferirsi molto spesso a causa del lavoro del padre, una guardia costiera, e fin da giovane ha avuto uno spiccato interesse per il cinema. Infatti, sia alle superiori che al college si è impegnato nella creazione di cortometraggi. Nel 2005, dopo essersi trasferito a Los Angeles per lavorare nell’ambito della televisione e della pubblicità, si è dedicato al cortometraggio Oculus – Chapter 3: The Man with a Plan, che l’ha lanciato nel circuito del cinema horror.
Da quel momento, ha diretto principalmente film horror, partendo dal 2011 con Absentia, un film autoprodotto tramite un crowdfunding, per poi raggiungere la notorietà con Hush, uscito nel 2016 su Netflix, Ouija – l’origine del male (2014), e Doctor Sleep (2019), sequel di Shining di Stanley Kubrick e anch’esso tratto da un romanzo di Stephen King. La relazione con King non finisce qui, poiché Flanagan ha diretto, nel 2024 e nel 2017, altri suoi racconti, rispettivamente The Life of Chuck e Il Gioco di Gerald.
Tuttavia, i progetti che gli hanno dato più notorietà sono quelli in collaborazione con Netflix, vale a dire le sue miniserie TV: The Haunting, con le sue due stagioni non connesse The Haunting of Hill House (2018) e The Haunting of Bly Manor (2020), Midnight Mass (2021), The Midnight Club (2022) e La Caduta della Casa degli Usher (2024).
Queste sue opere, quasi tutte tratte da romanzi e racconti di vari autori, sono considerate da critica e pubblico dei capolavori del genere horror, sia nelle cinematografie, nelle trame e nelle interpretazioni degli attori che nella loro complessità. Infatti, tutte queste miniserie hanno in comune l’essere dei prodotti pregni di significato, che cercano di dare una sferzata di novità al genere horror.
Una delle caratteristiche principali delle miniserie di Flanagan, anzitutto, è la strategia con cui il pubblico viene spaventato. Flanagan raramente usa i jumpscare (un modo che i registi horror hanno per spaventare facilmente il pubblico, mostrando un’immagine più o meno spaventosa all’improvviso), giudicati spesso come una forma scontata per provocare terrore, nonostante un episodio del suo show The Midnight Club abbia battuto un record mondiale per numero più alto di jumpscare in un solo episodio di una serie TV. Non usa neanche scene di violenza troppo esplicita, non viene mostrato tanto sangue o budella, e le scene più grafiche della sua cinematografia sono presenti principalmente in La Caduta della Casa degli Usher, una miniserie in cui ciascun episodio è un adattamento moderno di un racconto dell’autore americano Edgar Allan Poe.
l modo in cui l’orrore di Flanagan si manifesta, in queste serie che saranno il principale oggetto d’esame, è quasi impercettibile: più simile al genere dell’horror psicologico che a quello slasher (più incentrato sull’aspetto della violenza). Flanagan usa il sempre presente elemento sovrannaturale come metafora. Per esempio, nella serie più acclamata e famosa, ovvero le due stagioni di The Haunting tratte rispettivamente da L’Incubo di Hill House di Shirley Jackson Il Giro di Vite di Henry James, il fantasma è una chiara metafora del lutto, con una visione del fantasma sia come oggetto di orrore, quindi negativo, sia come simbolo dell’accettazione della morte, quindi in chiave positiva.
In tutte le serie, ma principalmente nella più recente La Caduta della Casa degli Usher, l’orrore proviene anche dal concetto di doomed by the narrative, ovvero l’essere condannati dalla narrativa. I personaggi sono morti dall’inizio, perché le miniserie sono, alcune volte più esplicitamente di altre, dei racconti all’interno stesso degli episodi, storie dentro ad altre storie.
Tutte queste caratteristiche hanno dimostrato che, se fatto con passione per il genere e non solo per il denaro, l’horror può ancora avere un futuro sul grande e piccolo schermo.
Sole Dalmoro
