L’ultimo dittatore d’Europa: Aljaksandr Lukashenko

La figura di Aljaksandr Lukashenko, attuale presidente della Bielorussa, è stata spesso discussa per diverse ragioni. La sua carriera politica ebbe inizio nel 1990, quando venne eletto come deputato del Soviet bielorusso. Fondò successivamente il partito Comunisti per la democrazia, che aveva come principio guida quello di trasformare il Paese in una democrazia basata sull’ideale comunista. Nel 1994 arrivò la prima candidatura e anche la prima vittoria alle presidenziali, con l’80% dei voti. Lukashenko ad oggi non è considerato un Presidente, bensì un vero e proprio dittatore. Quali sono state le azioni che lo hanno portato a imporsi nella sfera politica internazionale con questo titolo?

Durante il suo primo mandato la Bielorussa affrontava un grave periodo di crisi economica e le scelte del Presidente non fecero altro che aggravare i debiti dello Stato, che si vide costretto a creare un’unione economica con la Russia. Questo però non bastò a risollevare l’economia del Paese, perché le poche riforme introdotte non erano abbastanza incisive e, per questo motivo, nel 1995, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale (Fmi) decisero di sospendere ogni tipo di prestito alla Bielorussia. Un anno dopo, la maggior parte dei membri del Parlamento firmò una petizione contro Lukashenko per aver violato la Costituzione. Nonostante ciò, attraverso un referendum e un mediatore russo, il Presidente non solo riuscì a rimanere a capo del governo, ma ottenne anche un’estensione del mandato da 5 a 7 anni. Il risultato del referendum in questione venne fortemente condannato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, ma, con il risultato positivo dell’elezione dalla sua parte, Lukashenko riuscì a cacciare 89 membri del Parlamento perché non abbastanza leali e a creare un Parlamento di 110 deputati, tutti fedeli al Presidente.

Nel 2001, dopo i 7 anni di mandato, venne nuovamente rieletto al primo turno e, per quanto questo risultato continuasse ad apparire molto sospetto, iniziò il suo secondo mandato. Nel 2004 Lukashenko propose di eliminare il limite alla durata del mandato presidenziale e, attraverso l’ennesimo referendum, il 75% dei votanti (o presunti tali) si espresse favorevolmente. Ancora una volta gli Stati Uniti e i paesi dell’Unione europea condannarono il governo di Lukashenko poiché considerato incostituzionale e antidemocratico. Questo però non gli impedì di continuare a imporre le proprie idee dittatoriali in Bielorussia e nel 2006 si ricandidò alle elezioni, vincendo ancora. Gli oppositori fecero ricorso alla Corte costituzionale per denunciare i brogli elettorali, ma l’accusa fu respinta e Lukashenko iniziò così il suo terzo mandato.

Ad oggi governa la Bielorussia da ormai 26 anni e lui stesso ha affermato nel 2022 di governare il Paese come dittatore e non come presidente. Con le elezioni presidenziali del 26 gennaio 2025, Lukashenko si riconferma come “dittatore” per la settimana volta. In molti hanno provato a ribellarsi, ma non è facile mettere in discussione il governo oppressivo del Presidente, poiché non ci sono organi indipendenti capaci di provare i brogli elettorali e referendari e perché la Bielorussia, allo stato attuale delle cose, si fonda sulle riforme introdotte da Lukashenko. Durante gli anni del suo regime si conta che le autorità bielorusse abbiano arrestato un numero esorbitante di dissidenti e, ad oggi, si pensa che nelle carceri bielorusse ci siano più di mille prigionieri politici.

Nei decenni sono nati diversi gruppi che lottano contro il governo di Lukashenko, tra i quali possiamo citare Viasna, un’organizzazione non governativa (ONG) bielorussa che si occupa specificatamente di difendere i diritti umani della popolazione. In particolar modo, si concentra da svariati anni sull’abolizione della pena di morte e sulla tutela dei prigionieri, che spesso vengono sottoposti a trattamenti disumani e a torture. Infatti, il sistema giudiziario del Paese viene spesso utilizzato in maniera impropria e cioè per reprimere il dissenso manifestato soprattutto nel 2020, quando le costanti proteste popolari organizzate in occasione della rielezione del Presidente hanno messo la Bielorussia in difficoltà. Dopo il 2020  il numero di emigranti bielorussi si è fortemente intensificato, soprattutto a causa della violenta repressione messa in atto dalle autorità di polizia e che ha causato molti feriti, svariati morti e un numero non meglio precisato di persone scomparse di cui non si hanno più notizie. Questo esodo ha inoltre portato a un forte calo di forza lavoro e il governo bielorusso ha cercato negli ultimi anni di costringere i migranti a tornare in patria, negando loro la possibilità di rinnovare il passaporto.

La figura di Lukashenko dunque è sicuramente problematica, il clima di paura e terrore che ha creato anno dopo anno lo ha portato a essere ritenuto come uno degli uomini più temuti d’Europa e a capo di un governo basato sulla repressione del dissenso politico. È difficile prevedere cosa succederà all’interno degli organi governativi del Paese nei prossimi anni, ma sicuramente il settimo mandato di Lukashenko porterà con sé nuove realtà spaventose che allontanano ancora una volta la prospettiva di un sistema giudiziario giusto e di un clima di pace per la popolazione bielorussa.

Alice Chiara Nesta

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Fonti:

https://www.focus.it/cultura/storia/bielorussia-crisi-Ue-ultima-dittatura-europa

https://it.wikipedia.org/wiki/Aljaksandr_Luka%C5%A1%C4%97nka

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