L’enattivismo, oltre il dualismo corpo-mente

L’enattivismo rappresenta una prospettiva innovativa nelle scienze cognitive che sfida la concezione tradizionale della mente come entità separata dal corpo. Si concentra sull’interazione dinamica tra percezione, azione e ambiente, rifiutando la distinzione netta tra mente e corpo propria del dualismo cartesiano.

Fondamenti dell’Enattivismo

L’enattivismo si avvicina alla teoria della cognizione incarnata (embodied cognition), che sottolinea l’importanza del corpo nel processo cognitivo. Secondo questa visione, la conoscenza e la coscienza emergono dall’azione corporea e dall’esperienza diretta con l’ambiente. Ciò implica che la mente non sia un’entità isolata che elabora informazioni, ma un sistema dinamico che si sviluppa attraverso il movimento e l’interazione con il mondo esterno. Un concetto chiave dell’enattivismo è l’autonomia degli organismi, che non rispondono passivamente agli stimoli esterni ma partecipano attivamente alla costruzione del proprio mondo esperienziale. Attraverso l’azione e l’interazione con l’ambiente, gli organismi adattano il loro comportamento e sviluppano nuove forme di apprendimento.

Autori come James J. Gibson e Maurice Merleau-Ponty hanno influenzato l’enattivismo sottolineando il ruolo del corpo nella percezione. Gibson, con la sua teoria della percezione ecologica, ha mostrato come la percezione sia un fenomeno attivo e contestuale, mentre Merleau-Ponty ha evidenziato il corpo come soggetto dell’esperienza, rifiutando l’idea di una mente separata dalla dimensione corporea.

Autopoiesi e Significato dell’Azione

L’enattivismo incorpora il concetto di autopoiesi, sviluppato da Humberto Maturana e Francisco Varela, che descrive la capacità degli organismi viventi di auto-organizzarsi e mantenersi attraverso un ciclo continuo di interazioni con l’ambiente. La cognizione, in questo senso, emerge dal processo di auto-costruzione dell’organismo, anziché da rappresentazioni interne statiche. L’enattivismo rifiuta l’idea di rappresentazioni mentali predefinite, sostenendo che la percezione non sia un processo passivo, ma il risultato dell’interazione diretta con il mondo. La realtà esperienziale è quindi costruita attivamente dagli individui, in un continuo scambio tra percezione e azione.

Affordances e Percezione Attiva

Un altro concetto chiave legato all’enattivismo è quello di affordance, introdotto da Gibson e ripreso dagli enattivisti, che descrive le possibilità di azione offerte dall’ambiente agli individui. Le affordances non sono proprietà statiche degli oggetti, ma dipendono dalla relazione tra organismo e ambiente. L’enattivismo sostiene che la percezione è guidata dall’azione e viceversa, in un ciclo dinamico continuo. Ad esempio, quando una persona afferra una tazza, la percezione dell’oggetto è immediatamente influenzata dall’azione stessa, dimostrando come la cognizione non sia un processo isolato, ma integrato nell’esperienza corporea e situata nell’ambiente.

La Mente Estesa e la Percezione Integrata

Due teorie connesse all’enattivismo offrono ulteriori spunti di riflessione:

  • La mente estesa (The Extended Mind) di David Chalmers e Andy Clark sostiene che la mente si estende oltre il cervello, incorporando strumenti esterni nel processo cognitivo. Ad esempio, un taccuino usato per memorizzare informazioni diventa parte del sistema cognitivo dell’individuo.
  • La percezione integrata di Alva Noë propone che la percezione non sia un’elaborazione interna del cervello, ma un fenomeno che coinvolge l’intero organismo in interazione con l’ambiente.

Entrambe queste teorie rafforzano l’idea che la mente non sia confinata all’interno del cervello, ma si manifesti attraverso un processo attivo di interazione con il mondo esterno. Attraverso l’approfondimento di concetti come affordances, autopoiesi e mente estesa, l’enattivismo ci induce a ripensare la natura della percezione e della cognizione, ponendo al centro l’esperienza corporea come chiave per comprendere il nostro rapporto con la realtà.

Marina Palumbieri

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