L’8 e il 9 giugno si vota per 5 quesiti referendari abrogativi, quattro a tema lavoro e uno a tema cittadinanza, attraverso cui i cittadini e le cittadine potranno chiedere di modificare alcune norme vigenti. Nelle scorse settimane si sono sentite dichiarazioni da parte di esponenti della maggioranza di governo che suggerirebbero l’astensionismo. Tale invito assume un peso politico ancor più rilevante trattandosi di un referendum, che necessita il raggiungimento del quorum per poter essere valido (il 50% più uno degli aventi diritto al voto).
Queste dichiarazioni hanno dato vita a un ampio dibattito circa la costituzionalità di invitare la cittadinanza a non esercitare ciò che le spetta di diritto: la possibilità di recarsi alle urne per esprimere la propria opinione. Alla luce di queste sollecitazioni, risulta utile ripercorrere brevemente la storia di come si è giunti ad ottenere il suffragio universale maschile e femminile e di quanto questo diritto sia “giovane” e da tutelare.
Per suffragio universale si intende il riconoscimento del diritto di voto a tutti coloro che abbiano compiuto la maggiore età, al di là delle differenze di censo, etnia, genere ecc. I movimenti per la richiesta dell’estensione del diritto di voto iniziano a esplodere tra la fine del XVIII e il XIX secolo. In Europa, il primo Paese ad aver ottenuto il suffragio universale maschile è stata la Francia, nel 1792, in pieno periodo rivoluzionario. Tale provvedimento, applicato in occasione dell’elezione della Convenzione, è rimasto dal 1793 in poi soltanto sulla carta, prima di essere abrogato, pochi anni dopo, dal Direttorio (1795). Il suffragio universale maschile entra qui effettivamente in vigore nel 1848, mentre le donne verranno incluse solo dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Il caso italiano si inserisce a pieno titolo tra quelli europei. Nel neo-nato Regno d’Italia, monarchia costituzionale dal 1861, il diritto di voto è, in un primo momento, risicatissimo e concesso solamente a una ristretta cerchia elitaria, basata sul censo. Il suffragio universale maschile si ottiene nel 1912, quando, sotto il governo Giolitti, viene approvata il 30 giugno una legge, la n.666, che estende l’elettorato attivo (diritto a votare, ma non a essere eletti) a tutti gli uomini al di sopra dei 30 anni, senza limitazioni di censo o istruzione. Per i maggiorenni — 21 anni — al di sotto dei 30 anni vigevano ancora restrizioni in base al censo o all’aver prestato servizio militare.
Più lungo e travagliato è stato il processo che ha portato all’estensione del suffragio anche alle donne. I movimenti femminili che rivendicavano il diritto al suffragio universale si sono inizialmente sviluppati nel Regno Unito verso la metà del XIX secolo, per opera delle Suffragette: termine spregiativo utilizzato dai media britannici dell’epoca e che le stesse attiviste rivendicano per definire le numerose donne che si battevano per ottenere l’emancipazione femminile e il diritto al voto e alla partecipazione politica. Tra queste si può ricordare il nome di Emmeline Pankhurst, fondatrice della Women’s Social and Political Union (WSPU), sottodivisione del movimento femminile per il suffragio universale che si era battuto per una lotta più radicale e attiva, con atti di disobbedienza civile e dimostrazioni pubbliche, al fine di ottenere ascolto e visibilità da parte di un Parlamento che pareva restare cieco di fronte al solo dialogo. Pankhurst viene più volte incarcerata per la sua adesione al movimento, finché nel 1918 il governo britannico finalmente concede il suffragio universale maschile e femminile.
Il movimento femminile italiano per l’estensione universale del diritto di voto è stato più silenzioso, ma altrettanto presente. Tra le donne che si sono spese per la causa ricordiamo, tra le altre, Maria Montessori. Se già dopo l’unificazione del Regno d’Italia le donne iniziano a muoversi verso la rivendicazione dei propri diritti, è solo nel 1945 che il suffragio universale maschile e femminile diventa legge. La prima volta in cui anche le donne hanno potuto recarsi alle urne è stato nel 1946, in occasione del referendum del 2 giugno — col quale si sancisce la nascita della Repubblica italiana — e per le elezioni amministrative.
L’articolo 48 della Costituzione italiana, che regolamenta e tutela il diritto di voto, recita: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.
Benedetta Boffa
