Gatsby dei giorni nostri

Un’illusione perduta, un passato che non torna, il sogno americano, l’età del jazz, i vestiti eleganti, le macchine lussuose e una tragica storia: ecco come potremmo superficialmente descrivere il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby. Ebbene, cari lettori di The Password, in realtà c’è molto più di questo!

Infatti, sebbene il romanzo sia intriso di vaghezza e contorni poco definiti, la penna dell’autore traccia alla fine una nitidissima descrizione della natura umana: fragile, persa e materialista. Aggettivi che non fuggono alla descrizione che potremmo fare della società odierna.  Quando Il grande Gatsby fu pubblicato nel 1925, pochi avrebbero potuto immaginare che, a distanza di un secolo, il romanzo di F. Scott Fitzgerald avrebbe continuato a pulsare nel cuore delle contraddizioni moderne, tra eccessi e illusioni. Si potrebbe dire essere stato un ritratto profetico della nostra società o semplicemente una descrizione che non tramonta mai.

Sotto altre forme, infatti, il romanzo si adatta ai giorni nostri.

Il protagonista, Jay Gatsby, incarna il mito del self-made man, colui che ha ottenuto tutto, o quasi, e che si diletta a organizzare sfarzose feste nella sua sontuosa villa, un uomo invidiabile e circondato da un’aura di mistero. È possibile riconoscere un Gatsby del XXI secolo nella figura dell’imprenditore o imprenditrice che, arricchitosi, dà sfoggio sui social della ricca vita che conduce, dei suoi averi. Cambiano gli strumenti, ma non la dinamica: si rincorre un sogno confezionato, costruito con cura, ostentato come una scenografia. Ma oggi, come allora, la sostanza spesso manca. Gatsby si costruisce un castello dorato per riconquistare la donna amata, Daisy, idealizzata fino a diventare irreale. Allo stesso modo, molte delle nostre ambizioni inseguono un pubblico, un riconoscimento, un amore che forse non esiste, o almeno non nella forma immaginata. L’illusione è la stessa: che sia sufficiente guadagnare abbastanza per ottenere tutto.

Gatsby cambia sé stesso, il suo stile di vita e la sua storia, insomma si reinventa come un brand. Se nella società degli anni Venti questo processo era raro e straordinario, oggi è la norma. I social media permettono a chiunque di plasmare la propria immagine pubblica come fosse un prodotto di marketing. La casa di Gatsby, piena di ospiti sconosciuti e feste spettacolari, diventa come i nostri profili social: curati, patinati e alla moda.

Sotto questa luce, Gatsby è il precursore di un disagio moderno. È l’individuo che si trasforma per essere amato, ma che resta sconosciuto anche ai suoi stessi ospiti. È l’uomo (o la donna) che costruisce un’immagine perfetta, nella speranza che qualcuno veda oltre e riconosca la verità, la persona reale che nascondiamo anche a noi stessi. Ma troppo spesso, come accade nel romanzo, nessuno guarda davvero, nessuno va oltre le apparenze.

Fitzgerald ci mostra una società ossessionata dal lusso, dai simboli di status, dal mostrarsi vincenti, felici e perfetti anche quando tutto crolla dentro. Non sembra anche a voi qualcosa di familiare? Il culto dell’apparenza oggi passa dai filtri delle storie su Instagram, dalle foto delle vacanze perfette, dalle carriere esibite, dalle foto di famiglia fittizie. Gatsby, nella sua solitudine nascosta dietro l’opulenza, è un’ombra moderna che ci accompagna, più che mai attuale.

Anche la figura di Daisy, la donna tanto desiderata da Gatsby, ambigua e sfuggente, si presta a una rilettura contemporanea. Non è solo oggetto del desiderio, ma simbolo di una felicità che sembra sempre raggiungibile e mai davvero afferrabile. È lo “scopo” che tutti inseguono, senza capire bene se sia reale o un riflesso distorto dei propri desideri.

Ciò che rende Il Grande Gatsby un romanzo ancora così attuale è la sua lucidità tragica. Non c’è redenzione, non c’è giustizia. Gatsby muore da solo, fra tutti coloro che partecipavano alle sue feste, nessuno prende parte al suo funerale. L’unico testimone della verità è Nick Carraway, narratore dell’intera storia, che in conclusione si mostra disgustato da quella società che finge di ricordare, ma dimentica in fretta.

È un messaggio amaro, ma oggi più che mai necessario. Viviamo in un’epoca di narrazioni ottimistiche forzate, di successo come unico obiettivo, di emozioni da rendere condivisibili e monetizzabili. Ma cosa resta, davvero, quando si spengono le luci delle feste?

Chiara D’Amico

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Avatar di monicapoletti monicapoletti ha detto:

    Bellissimo articolo! Uno dei miei romanzi preferiti 🙂

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    1. Avatar di Chiara D'Amico Chiara D'Amico ha detto:

      Grazie mille! Sono felice che ti sia piaciuto l’articolo, anche per me è uno dei romanzi che porto nel cuore ❤️

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