La musica è parte integrante della vita di tutti: accompagna in auto, rende meno silenziosi i momenti di solitudine e una melodia può rimanere in testa per ore. Alcune persone vengono “salvate” dalla musica, altre, invece, legate così tanto ad un genere musicale, iniziano a vestirsi, comportarsi e atteggiarsi come i propri idoli.
Ogni musica porta e veicola un suo ideale, sono state tante le canzoni ad aver preso parte alla storia dei cambiamenti sociali e tante altre sono quelle che appoggiano minoranze: la musica permette di creare un grande senso di appartenenza, aiutare chi si sente solo può anche portare messaggi di denuncia sociale.
Tra le canzoni con questi nobili intenti si possono citare Imagine di John Lennon, Born This Way di Lady Gaga ma anche I want to break free dei Queen e, in particolare, il suo videoclip.
Citando, invece, le canzoni italiane: La guerra di Piero dell’intramontabile De Andrè, Vieni a ballare in Puglia dell’anticonformista Caparezza e la famosa Bella Ciao, diventata simbolo della resistenza partigiana.
I temi della trap
Nonostante ciò, non tutte le canzoni sono strumento di diffusione di valori e, può capitare, che in radio o nelle cuffiette passino frasi come “Io ti ammazzo solo perché parli con lei” (EVERYDAY, TaKagi e Ketra, Shiva, ANNA, Geolier), “Questa troia vuole solo pippare” (PYPPARE, Taxi B), “Mo la ficco forte così domani mi ama” (WAO, Niki Savage, Blssd), tutte appartenenti al genere trap. Un’inchiesta di Libreriamo, infatti, ha fatto emergere che, tra i temi più ricorrenti, ci sono “l’autocelebrazione (81%), rabbia e delusione (77%), la violenza (61%), la disparità di genere (55%), le droghe (58%)”. (https://libreriamo.it/intrattenimento/allarme-trap-canzoni-testi-violenza/)
La mercificazione della donna, che viene descritta solo attraverso alcune parti del corpo quasi per non far emergere la personalità, la legittimità della violenza, delle armi e delle droghe sono solo alcuni degli elementi ricorrenti nella trap ma ciò non vuol dire che chi le ascolta sia necessariamente imitatore di questi comportamenti. Il ritmo è coinvolgente e molto spesso i ritornelli rimangono in testa, senza che l’ascoltatore si preoccupi di comprendere a pieno ciò che sta canticchiando.
Uno scenario che non viene preso molte volte in considerazione, è quello secondo cui queste canzoni possono rappresentare lo specchio di una realtà, seppur non conosciuta da tutti, esistente e di cui molti trapper fanno parte: potrebbero essere intese come denuncia di fenomeni sociali e, quindi, diventare importanti e non superficiali. Coloro che, però, le ascoltano in modo immaturo e inconsapevole non producono una riflessione tale da prendere consapevolezza di ciò che viene detto e, mancando di pensiero critico, continueranno ad ascoltarle credendo che ciò che viene cantato sia giusto.
Da censurare o no?
La storia ci insegna che la censura e, più in generale, il proibizionismo, non hanno mai portato all’obiettivo prestabilito. Al posto di demonizzare la trap, bisognerebbe puntare sull’insegnamento dei veri valori perché, con questi, l’ascolto di alcuni testi si fermerebbe spontaneamente: ad oggi, dovremmo chiederci se l’insegnamento ricevuto dai ragazzi sia stato adeguato o se si sarebbe potuto fare di meglio.
Inoltre, i più giovani hanno il “ruolo” di essere adolescenti: trasgredire ascoltando un pezzo trap rientra in esso, far scandalizzare il proprio genitore e mettersi contro figure autorevoli è uno dei comportamenti adolescenziali più diffusi.
Tuttavia, bisogna ricordare che, se a queste canzoni si aggiunge un contesto poco sano, una famiglia assente e un gruppo di amici violento, allora esse hanno un peso e contribuiscono alla creazione di un ambiente negativo.
Il trapper è anche educatore?
Un artista non ha il dovere di educare, sono le istituzioni come la famiglia e la scuola che hanno la responsabilità e l’obbligo intrinseco di formare e istruire. Un artista non pensa alle conseguenze delle canzoni o agli atteggiamenti che possono provocare. Non bada ai messaggi che può trasmettere, anche se secondo alcuni dovrebbe farlo. È concentrato sulla propria arte, non importa se essa sia audace, arricchita di valori, violenta o estrema.
Tuttavia, bisognerebbe ricordare all’artista la sua grande influenza soprattutto sui più giovani e che le sue canzoni non sono solo parole.
La vera azione che la scuola e i genitori dovrebbero compiere quando hanno davanti a sé un ragazzo che ascolta queste canzoni, non è vietarle o sorprendersi delle parole, ma chiedergli cosa ne pensa. Se dovesse rispondere che i comportamenti descritti sono giusti, se pensa che replicarli non sarebbe grave, se pensa di ascoltarle solo per il ritmo o solo perché tutti i suoi amici lo fanno.
Nel momento in cui la risposta data non è positiva e moralmente accettabile, si potranno prendere dei provvedimenti ma sempre considerando che la “colpa” non è della canzone in sé ma del ragazzo stesso.
Ognuno di noi sceglie liberamente cosa ascoltare: porsi freni nella musica va contro la natura della musica stessa. Tuttavia, se diventa parte fondamentale della propria vita, com’è giusto che sia, bisogna evitare che alcuni testi diventino norma e quotidianità. Comprendere a pieno cosa si sceglie di ascoltare è, forse, ancora più importante della scelta stessa.
Linda Milano

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