L’estate è ormai finita: le temperature iniziano a calare, le ferie sono lontane, tornano i pasti caldi e gli alberi cambiano colore. Eppure, alcune giornate un po’ più calde possono fare tornare in mente certe cene estive, fresche e leggere, magari a base di verdure bagnà ‘nt l’euli: ecco, doi pouvron bagnà nt’ l’euli, letteralmente “due peperoni bagnati nell’olio”, è un’espressione che non indica soltanto un pasto semplice e frugale, ma anche il tipico test per mettere alla prova un non piemontese. Nell’espressione è infatti presente un fonema ignoto all’italiano, una vocale arrotondata (anteriore semichiusa), [ø] , presente nel termine euli. Questo test di pronuncia non è tanto uno scioglilingua (difficile da pronunciare anche per un madrelingua), piuttosto uno shibboleth: una parola che, nella storia, viene usata ampiamente in contesti di guerra o di rivolta. Ma di che cosa si tratta?
L’origine biblica del termine
La parola fa riferimento a un termine o a un’espressione usata per riconoscere un certo gruppo linguistico, spesso sulla base di variazioni della pronuncia. Risale a un episodio biblico del libro dei Giudici (12,6), in cui i Gaaladiti, al momento di bloccare la fuga ai loro nemici (gli Eframiti), chiesero loro, per riconoscerli, di pronunciare la parola shibboleth, letteralmente “spiga di grano”. Nel dialetto di Efraim la pronuncia era sibbolet, con la variante più arcaica [s] per la sibilante iniziale, mentre nelle lingue semitiche del Nord Ovest si era diffusa l’innovazione con [ʃ]. Coloro che quindi pronunciavano la parola in modo “sbagliato” venivano individuati e uccisi.
Alcuni conoscono forse il termine per il suo uso in informatica, in quanto nome di un sistema open-source di autenticazione e single sign on per accedere ad applicazioni e risorse — un segnale di riconoscimento per essere ammesso in una comunità.
Nella storia gli shibboleth sono stati usati per scopi bellici, in periodi in cui c’era una diffusa sovrapposizione tra lingua e identità nazionale, oggi non più così radicata. Ne riprendiamo in seguito alcuni esempi, reali o, nel caso dell’ultimo, immaginari.
I Vespri Siciliani e quelli Sardi
Ci troviamo nella primavera del 1282 in Sicilia: all’epoca l’isola era sotto la dominazione della dinastia francese degli Angiò. Carlo d’Angiò aveva inviato degli emissari sull’isola per requisire grano per una spedizione in Epiro: il 30 marzo la folla, esasperata dalle continue vessazioni, si scagliò contro la guarnizione angioina, uccidendo almeno 3000 soldati – in una rivolta iniziata verso sera, per questo chiamata Vespri. Si dice che per riconoscere gli angioini venisse chiesto ai sospettati di pronunciare la parola ciciri, “ceci” in dialetto siciliano, con suoni come la [tʃ] e la [r], di difficile pronuncia per i francesi: anche qui, coloro che fallivano il test venivano subito uccisi.
La parola ceci ritorna poi in Sardegna nella rivolta del 28 aprile 1794 a Cagliari: all’origine della sommossa c’era stato la rabbia contro i governanti piemontesi e la corte del viceré Vincenzo Balbiano stanziata in città, per via di alcune concessioni che Balbiano si era rifiutato di portare avanti. Venne chiesto agli avversari piemontesi di pronunciare la stessa parola, ciciri, pena l’esilio o l’uccisione: dal 1993 il 28 aprile è un giorno di festa per la regione, “Sa die de sa sardigna”.
Le Mattinate di Bruges
Quest’episodio risale invece al 18 maggio 1302, il suo nome riprende proprio i Vespri Siciliani, avvenuti vent’anni prima. Quella notte gli abitanti di Bruges si ribellarono e trucidarono le truppe francesi nelle case dove erano ospitate in città. Per identificare i nemici venne usato lo shibboleth Schild en Vriend, “scudo e amico”: anche in questo caso veniva seguito il solito copione e, al fallimento del test, seguiva l’uccisione.
Il Massacro del prezzemolo
Tra il 3 e l’8 ottobre 1937 il dittatore dominicano Rafael Trujillo ordinò il massacro dei coloni haitiani lungo il confine tra Haiti e la Repubblica Dominicana (rispettivamente a Ovest e a Est della stessa isola), uccidendo tra i quattro e i quindicimila civili — stime incerte per via dell’insabbiamento dell’episodio da parte delle autorità. Si dice che le guardie dominicane avessero ordinato alle persone prive di documenti, per distinguere gli haitiani dai dominicani, di pronunciare la parola spagnola per prezzemolo, perejil. Mentre i domenicani la pronunciavano senza problemi, la maggior parte degli haitiani faceva fatica a pronunciare la [r] vibrante dello spagnolo, non presente nella loro lingua, il creolo, e venivano quindi identificati e uccisi. Gli storici affermano tuttavia che la distinzione non era basata esclusivamente su questi test, in quanto molte persone residenti lungo il confine erano bilingui.
La guerra in Ucraina
Gli shibboleth vengono usati ancora oggi: alcuni utenti ucraini, in rete, raccontano di un meme diffuso sui russi, non in grado di pronunciare suoni tipici della lingua ucraina, come [yj] e [ts] nella parola palianytsia, un tipo di pane ucraino. All’inizio dell’invasione russa in Ucraina, nel 2022, il termine veniva utilizzato infatti per identificare gruppi sovversivi di ricognizione russi.
Lo shibboleth di Fëanor
Quest’ultimo è un episodio che attinge direttamente all’universo de Il Signore degli Anelli, dal saggio The Peoples of Middle Earth, pubblicato in inglese nel 1996, uno dei tanti testi inediti di Tolkien e pubblicati dal figlio Christian. Fëanor è uno degli elfi di Noldor, al centro di una disputa politica che era iniziata come una disputa fonetica: tra i Noldor il suono [þ], come [th] in inglese antico, si stava evolvendo in [s]. Feanor si oppose al cambiamento come segno di rispetto filiale, in memoria della madre Míriel Þerindë. Se i suoi seguaci usavano deliberatamente [þ] come segno di lealtà alla sua fazione, i nemici adottarono [s], creando una frattura tra i Noldor e anticipando la futura ribellione contro i Valar.
Come l’ultimo esempio dimostra, il linguaggio può da sempre essere un potente strumento di marca identitaria: può unire come un ponte ma anche dividere come un muro, a volte ricorrendo a una sola parola.
Anna Gribaudo
Fonti:
https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_shibboleths
https://tolkiengateway.net/wiki/The_Shibboleth_of_F%C3%ABanor
https://www.edwest.co.uk/p/the-haunting-return-of-shibboleths
fonte immagine in evidenza: Pinterest – Canva
