Incontrare l’arte, in tre dipinti

Comprendere l’arte, senza formazione specifica, può sembrare un proposito arduo. Una simile convinzione, tuttavia, rischia di tagliare fuori chiunque non si senta all’altezza o, ancor peggio, pensi che l’arte figurativa non abbia poi granché da offrire.

Questo articolo va in senso opposto: propone un primo percorso in tre tappe, diretto e accessibile, per chi non ha mai potuto approfondire. L’arte può sembrare criptica, ma parla una lingua comprensibile a tutti, se si sa da dove cominciare.

La Gioconda: l’essenza stessa dell’arte

Il primo passo non può che essere La Gioconda, il dipinto più celebre al mondo, che rappresenta una perfetta introduzione a ciò che l’arte figurativa può racchiudere. 

A prima vista sembrerebbe raffigurare semplicemente una dama del Rinascimento in posa, con alle spalle un paesaggio fatto di alberi e di monti lontani. Verrebbe da chiedersi da dove provenga tutto lo scalpore che circonda da secoli il dipinto. Questo interrogativo sussiste fintanto che lo sguardo non cade sull’enigmatico sorriso: indefinibile, ambiguo, mutevole. Ogni volta che lo si osserva, comunica qualcosa di diverso. È un sorriso ironico? Sereno? Beffardo? O forse malinconico? Non esiste risposta univoca. 

Crediti immagine: it.wikipedia.org https://it.wikipedia.org/wiki/File:Mona_Lisa,_by_Leonardo_da_Vinci,_from_C2RMF_retouched.jpg

Dipingendo il volto, Leonardo lasciò, forse in maniera non intenzionale, alcune zone cruciali della muscolatura facciale più sfumate del necessario. Ciò impedisce al cervello di decodificare con certezza l’emozione rappresentata dal volto. È questa ambiguità a generare l’incredibile potenza e varianza espressiva del quadro, che lo rende tanto celebre. 

La Gioconda, dunque, è molto più di un ritratto. Essa è l’emblema della molteplicità di letture che ogni opera d’arte può offrire: la capacità di evocare più interpretazioni, di rispecchiare l’osservatore, di cambiare insieme a lui. L’arte non dà risposte, pone domande, e le pone in modo sempre diverso ad ogni osservatore.

L’impero delle luci: un esempio di surrealismo

Proseguendo ora sulle tracce del Surrealismo, con L’Impero delle Luci di René Magritte, sovviene un nuovo tipo di problema rappresentativo. Anche in questo caso, il colpo d’occhio è ingannevolmente semplice: una strada, una casa, un lampione acceso, degli alberi, una pozzanghera.
C’è però un dettaglio che disorienta: il cielo. Questo è azzurro, luminoso, diurno, in netto contrasto con l’illuminazione notturna della scena in basso. 

Crediti immagine: cabiriams.com https://cabiriams.com/2018/01/20/limpero-delle-luci/

La contraddizione è evidente: si tratta di un’immagine a tutti gli effetti impossibile. Ma dov’è allora il trucco interpretativo?
L’atmosfera è sospesa, misteriosa. Pur raffigurando elementi familiari, il quadro produce un effetto di straniamento, risultando tanto stravagante quanto, in realtà, noto. Magritte rappresenta un mondo onirico, dove l’inverosimile diventa perfettamente credibile e tangibile nella finzione creativa della tela. Si ha dunque la coesistenza di elementi che, nella realtà, non potrebbero mai trovarsi insieme, come il cielo azzurro acceso, la luce brillante del lampione e le ombre sottostanti

L’arte figurativa, lungi dall’essere una semplice riproduzione del reale, diventa allora uno spazio in cui vengono sviscerati i meccanismi della mente, con l’intento ultimo di giungere a una comprensione più chiara degli stessi.

La condizione umana: la domanda fondamentale

Il terzo e ultimo esempio è ancora firmato Magritte. Il dipinto, in una delle sue versioni, mostra una tela davanti a una finestra. Sulla tela è riprodotto il paesaggio che sembrerebbe trovarsi all’esterno: alberi, cielo, natura. Nuovamente, c’è un unico dettaglio fuori posto: la tela copre una parte della finestra, impedendo di verificare se quanto rappresentato corrisponda davvero al panorama reale.

Crediti immagine: elsiglodetorreon https://www.elsiglodetorreon.com.mx/noticia/2017/the-human-condition-de-rene-magritte.html

Con questa rappresentazione essenziale il dipinto mette in discussione la possibilità stessa di conoscere la realtà. Quanto di ciò che si vede è vero? Quanto è costruzione artificiale, mera apparenza, o illusione priva di contenuto? Come si distingue la verità dalla rappresentazione? È possibile farlo? E se ogni tentativo di descrivere il mondo fosse solo una proiezione soggettiva, una versione personale e inevitabilmente limitata della realtà?

La condizione umana è un dipinto che interroga, che spinge a riflettere sui confini tra percezione e realtà. E lo fa attraverso un’immagine figurativa semplice, ma concettualmente potentissima. L’essere umano, suggerisce Magritte, è come il pittore della tela: rappresenta ciò che vede, ma non può mai avere la certezza che ciò che crede vero lo sia fino in fondo.

Una conclusione

Tre esempi non coprono che un frammento di quello che l’umanità ha prodotto in secoli di atti creativi, ma possono perlomeno dare un’idea di quanto si possa scavare a fondo.
L’invito finale è semplice: nonostante l’arte sia certamente un linguaggio complesso, non servono anni di studi accademici per cominciare la propria personale esplorazione. Basta fermarsi, osservare a fondo, e lasciarsi interrogare. L’arte fa il resto.

Emanuele Pilan

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