Il teatro come forma di vita: quale maschera scegliamo di portare nella vita di tutti i giorni?

Quanto è difficile trovare un qualcosa che permetta di sentirsi a proprio agio nella vita di tutti i giorni? Questa potrebbe essere considerata una domanda tanto difficile da far sì che, il doversi mettere alla ricerca di una possibile risposta, possa portare ancor più timore della domanda stessa. Trovarsi in qualcosa che renda possibile far rendere al meglio il proprio sé, d’altronde, è un’impresa ardua e, delle volte, può richiedere anche l’impiego di tutta una vita. Il risultato non è scontato ma, nel momento in cui si intravede una luce il tutto può apparire sorprendente. Un altro particolare a riguardo è il saper accettare ciò che si trova: essere in grado di comprendersi non è semplice e, quando quel che ci si ritrova tra le mani risulta magari essere differente da ciò che per la propria vita si riteneva la cosa più semplice, si finisce con il vivere quasi all’interno di un paradosso.

Ma come mostrare le proprie maschere sentendosi bene con ognuna di esse? La risposta può darcela il mondo del teatro, il quale potrebbe dunque essere una strada percorribile: partendo dalla messa in scena presentata all’interno delle tragedie di Aristotele nell’antica Grecia e passando per le commedie scritte durante i Secoli d’oro del teatro spagnolo si è arrivati oggi a rendersi conto di quanto tutto questo non abbia mai smesso di ritagliarsi un proprio spazio fondamentale all’interno della società. Da sempre esiste qualcuno che ricerca qui il modo di mettersi alla prova, un posto nel mondo dove il desiderio è quello di poter essere sé stessi per lasciar gridare le proprie emozioni.

Ma, cosa significa fare teatro? Secondo il dottor Ambrogio Zaia, psicologo, psicoterapeuta e micro-psicanalista “è una forma mascherata per mettere in scena le emozioni e i sentimenti che animano la parte più profonda della nostra mente. È un modo per dare corpo alle nostre fantasie, ai nostri desideri. È un modo per incontrare le nostre difficoltà senza esserne travolti. In altre parole, è un modo per ricercare un benessere psicofisico, per incontrare sé stessi, per uscire dall’isolamento relazionale che la frenesia della vita quotidiana ci impone“.

Analizzando questa risposta possiamo capire quanto l’esterno che ci circonda delle volte ci spinga a scappare, in qualche modo, in un luogo sicuro. Ogni giorno, e soprattutto ad ogni occasione, dobbiamo spesso reinventarci per saper rispondere alle esigenze di chi ci sta di fronte: essere sé stessi a volte non basta ed ecco allora che apriamo il nostro baule pieno di maschere, alla ricerca della migliore; la verità è, forse, che ognuno cerchi di forzarsi in un qualcosa in modo da saper dare quel che l’altra persona ha bisogno in quell’istante. C’è chi ci richiede tristezza, chi amore e chi rabbia: queste sono solo alcune delle emozioni che dobbiamo saper esprimere e il doverle alternare a volte comporta il rischio possibile di perderne il controllo.

Le necessità che si ripropongono durante il percorso della propria esistenza non concedono altra scelta possibile se non quella di essere dunque perfetti: non è concesso l’errore, a volte nemmeno se la conseguenza è quella di imparare. Ed è così che ci si rende conto che il far esplodere per davvero le proprie emozioni non è mai semplice e, delle volte, l’unica cosa che ci servirebbe è il cercare un posto dove queste non vengano giudicate in nessun modo per sentirsi davvero vivi: ecco allora uno dei perché del teatro.

Le situazioni che circondano una persona sono innumerevoli, delle singole meravigliose che però non tutti sanno comprendere: un’occasione che ci sfugge, per esempio, difficilmente lascia indifferenti e, al tempo stesso, ogni reazione chiede in qualche modo comprensione dove chiudersi o urlare sono due risposte possibili ma che in luogo qualsiasi potrebbero non essere capite. Ecco allora che salire su un palco può aiutare a mettere in mostra il vero io a tutto tondo, con tutto l’egocentrismo di cui questo necessita per dimostrare che essere in quel modo non è mai una condanna poiché forse può risultare più una sorta di benedizione. È anche per questo che esiste il teatro, provare a recitare il ruolo di sé stessi con le proprie sfumature è ciò che rende ogni attore un singolo speciale a suo modo. D’altronde, come disse Vittorio Gassman “Si recitano ruoli di eroi perché si è vigliacchi, ruoli di santi perché si è delle carogne. Ma, più di tutto, si recita perché altrimenti si diventerebbe pazzi. E questo perché ognuno di noi abbia, come fine, quello di rappresentare la vita.

Andrea Bordonaro

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