“Boldini e il mito della Belle Époque”: il grande successo della mostra di Asti

Come può l’opera pittorica di un piccolo omino ferrarese incarnare lo spirito della spumeggiante e vivissima società parigina della fine dell’Ottocento? Il segreto resta celato nell’abile pennello di Giovanni Boldini (1842-1931) che, a distanza di un secolo dalla sua scomparsa, continua a incantare il suo pubblico in tutto il mondo.

Le Peintre Italien de Paris – così l’aristocrazia altoborghese della Belle Époque celebra il grande ritrattista emiliano – sfugge a ogni rigida categorizzazione artistica. Formatosi nella bottega del padre, un copista di provincia attratto dai maestri del Quattrocento, il giovane Boldini, soprannominato in famiglia “Zanin”, dialoga dapprima con il mondo intellettuale fiorentino dei Macchiaioli, stringendo importanti amicizie con artisti del calibro di Telemaco Signorini e Giovanni Fattori, per poi avvicinarsi, negli anni Settanta, all’universo impressionista francese e, in particolare, a Degas, l’amico di una vita.

Tuttavia, la distanza tra le due correnti artistiche e Boldini appare fin da subito abissale: ai dipinti statici e ritmicamente bilanciati dei Macchiaioli Boldini preferisce composizioni elettrizzanti, intense, dinamiche fino al nervosismo, operando in una direzione che sembra anticipare di quasi trent’anni la sensibilità futurista. Inoltre, la pittura en plein air alla Renoir o alla Monet non diventerà mai un linguaggio confacente a “Zanin”: sulle poltrone stile Impero del suo sontuoso atelier, arredato come i boudoirs borghesi del tempo, sfilano decine di nobili, ballerine e esponenti illustri dell’alta società parigina. Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi, Vittorio Emanuele II e Robert de Montesquiou, a cui si ispirerà lo scrittore Huysmans per il personaggio di Des Esseintes nel romanzo Controcorrente, sono solo alcune delle personalità che varcano la soglia dello studio del pittore al n. 11 di place Pigalle.

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Il grande protagonista delle tele dell’artista è senza dubbio l’universo femminile: la donna boldiniana, rappresentata con una tavolozza sanguigna e scura, è moderna, emancipata, sicura di sé e consapevole della propria sensualità. Boldini ne esalta la leggiadra bellezza, captando quel momento magico, fuggevole e irripetibile in cui le “dive” si rivelano al pittore in tutto il loro splendore. Come scrivono gli studiosi Panconi e Gaddi in Giovanni Boldini. Genio e pittura, l’artista ferrarese non si limita a “giocare sulle corde della sensibilità femminile”, ma ripone l’attenzione sull’analisi psicologica delle modelle, colte nell’attimo più vero, più autentico, in cui emerge l’essenza della loro personalità.

Anche il capo d’abbigliamento indossato è intrinsecamente legato al soggetto del quadro: nell’oeuvre del pittore simbolo della moda, attratto dall’unicità più che dalla bellezza convenzionale, non esistono due modelle vestite allo stesso modo. D’altra parte, nella società narcisistica dei palazzi altoborghesi di inizio Novecento, quando riviste di moda come Vogue e Vanity Fair iniziano a dettare i gusti dell’estetica, l’abito fa davvero il monaco: nelle eleganti sale da ballo, le dame fanno a gara a chi sfoggia la mise più costosa e appariscente, sperperando, in alcuni casi, interi capitali familiari. E’ un mondo contradditorio e a tratti decadente quello che traspare dalle tele dell’artista, che sceglie di raccontare, attraverso le sue donne, lo spirito della sua epoca. Secondo il fotografo Cecil Beaton (1904-1980) “Boldini fu capace di trasmettere allo spettatore la gioia ispiratagli dalle assurdità che ritraeva e anche il più insopportabile dei suoi ritratti rivelava un immenso divertimento”.

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Il fascino dell’opera di Boldini può essere colto nella sua pienezza solo ammirando la sua arte da vicino e quest’anno noi piemontesi abbiamo un’occasione da non lasciarci assolutamente sfuggire. Dopo i grandi successi delle esposizioni a Rovereto, Ferrara e Parigi, arriva a Palazzo Mazzetti fino al 14 maggio la mostra “Boldini e il mito della Belle Époque“, organizzata dalla Fondazione Asti Musei in collaborazione con Arthemisia e curata da Tiziano Panconi, uno dei massimi esperti mondiali dell’arte dell’Ottocento.  I testi espografici accompagnano lo spettatore attraverso le varie sale dell’allestimento, che ospita ottanta magnifiche opere, tra cui Fuoco d’artificio (1890 ca.), La signora in rosa (1916), Busto di giovane sdraiata (1912 ca.) e La camicetta di voile (1906 ca.).

Micol Cottino

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