Avviati gli scavi sulla collina di Hissarlik in Turchia, dove credeva di aver scoperto l’antica città di Troia, Heinrich Schliemann, aspirante archeologo e accanito lettore di Omero, decise di andare a scavare la rocca di Micene nella regione greca dell’Argolide nel Peloponneso. Si diceva, infatti, che questa fosse la sede del palazzo del potente Agamennone, capo della spedizione militare contro Troia.
Sulle tracce di Micene grazie a Pausania
Schliemann fece affidamento sulla Periegesi della Grecia, la monumentale opera del geografo Pausania del II sec. d.C., in cui l’autore descriveva, dopo averli visti in prima persona, tutti o per lo meno i principali luoghi d’interesse dell’antica Grecia. Stando a quanto diceva il Periegeta, il padre dell’archeologia avrebbe trovato sulla collina che domina la piana dell’Argolide alcuni lacerti delle mura ciclopiche, la porta monumentale con un rilievo raffigurante due leoni, i resti del megaron e le tombe reali con i tesori dei corredi funerari al loro interno. In effetti, già all’epoca di Pausania, il sito era già entrato in una fase di abbandono poiché aveva perso la sua rilevanza strategica ed era di fatto frequentato solo più da pastori e non più da forti e valorosi guerrieri “omerici”.
Le mura ciclopiche
Salendo il vallone che arriva fino a Micene, a colpo d’occhio appaiono subito le possenti mura della cittadella. Senza ombra di dubbio stupiscono per la loro forma e soprattutto per le loro dimensioni. Sono, infatti, costituite da blocchi tanto enormi che già gli antichi, tra cui Platone e Plinio, credevano che fossero state costruite dai ciclopi, creature mitologiche da un solo occhio e con una forza sovrumana, attribuendo loro l’appellativo, appunto, di mura ciclopiche.
Lo scopo era chiaramente difensivo e riesce difficile, adesso, non pensare allo sforzo e alle risorse impiegate per la costruzione di tale opera architettonica. L’antico viaggiatore che giungeva a Micene doveva, in effetti, pensare di entrare nella rocca di una città inespugnabile, impossibile da attaccare e potentissima, soprattutto quando buttava lo sguardo sulla decorazione dell’ingresso monumentale.
La Porta dei Leoni
La Porta dei leoni è celeberrima ed è il primissimo punto di interesse della cittadella micenea. Il fregio riporta, come è intuibile dal nome, due felini ritti sulle zampe anteriori davanti a una colonna. Il messaggio è chiaro: Micene è una città forte, indistruttibile ed egemonica che non teme alcun rivale.
Di fatti, assediare la roccaforte micenea era praticamente impossibile per la forma dell’unico grande ingresso poiché le mura chiudevano in una morsa un eventuale manipolo di guerrieri nemici che, sbaragliati, diventavano il bersaglio dei dardi scagliati dall’alto delle mura.
L’oro di Micene
Appena entrati, sulla destra, è possibile osservare oggi un’enorme fossa che, in passato, era colma. Qui si trovava, infatti, il punto principale di sepoltura della famiglia reale di Micene ed è proprio in questo luogo che Schliemann credeva fossero sepolti i grandi eroi che avevano partecipato alla spedizione contro Troia.
Gli scavi iniziarono subito e passarono davvero pochi giorni finché vennero alla luce i primi pezzi di un tesoro inestimabile che, come disse lo stesso Schliemann, nessun museo al mondo poteva vantare. Infatti, prima che l’egittologo Howard Carter scoprisse la tomba di Thutankhamon, i tesori di Micene erano quelli più preziosi in assoluto di tutta l’antichità.
I pezzi forti erano, e lo sono tutt’ora, sicuramente le maschere funerarie in oro. Le tecniche di conservazione dei reperti organici di allora erano praticamente inesistenti e i resti delle teste che portavano le maschere si sbriciolarono nel giro di pochissime ore, ma Schliemann affermò – come del resto si può anche notare – che ogni maschera presenta fattezze differenti e, quindi, è piuttosto verosimile che raffigurino i veri volti dei reali di Micene.
Sebbene Schliemann si sia sbagliato di alcuni secoli (i corredi rinvenuti appartengono a uomini vissuti almeno quattrocento anni prima di Troia), la scoperta ha acceso un entusiasmo che affascina ancora oggi. Calpestando il suolo di Micene, si possono vedere, ancora oggi, riuniti nel megaron, la grande sala del trono, i celebri guerrieri tornati da Troia mentre ascoltano un aedo declamare versi che raccontano quei giorni lontani e che ricoprono di gloria delle alte mura di Micene.
Nicola Gautero
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