Si salvi chi può! Il naufragio di Pylos e la ricerca del Titan: l’apoteosi della disuguaglianza

‘A morte ‘o ssaje ched’e? E’ una livella, così recitava la celebre poesia di Totò scritta nel 1964. L’attenzione ossessiva, a tratti morbosa, riservata dalle prime pagine dei media europei per la vicenda dell’implosione del sommergibile Titan ci ha chiaramente dimostrato che, anche nella narrazione delle tragedie, esistono a questo mondo due pesi e due misure: passato il breve moto di compassione per le 600 persone partite su un peschereccio dalla Libia e annegate il 14 giugno scorso davanti all’isola di Pylos, nel sud del Peloponneso, emittenti del calibro della BBC hanno puntato per giorni e giorni i riflettori sulla spedizione – dall’epilogo ormai arcinoto – organizzata dalla OceanGate Expedition, società nata per fornire ai propri clienti un servizio di visita sottomarina “in loco” dei resti del Titanic, al modico prezzo di 250.000$ a testa. 

Numerosi utenti del Web, pur umanamente dispiaciuti per la scomparsa dei cinque passeggeri, si sono chiesti che cosa sarebbe successo, in quelle tristi e ambigue acque greche, se solo le autorità avessero stanziato gli stessi 6,5 milioni di euro che sono stati spesi, senza battere ciglio, per cercare il Titan tra le onde dell’Oceano Atlantico.

Crediti immagine: https://www.nbcnews.com/news/world/syria-migrants-boat-sinking-titanic-submersive-missing-rcna90336

A dire il vero, per salvare i migranti stipati come animali sul peschereccio, sarebbe stato sufficiente svolgere le regolari operazioni di salvataggio, date la calma delle correnti marine e la condizione di sostanziale stasi dell’imbarcazione, provate dai video e dalle testimonianze raccolte dalle ONG, a dispetto di quanto si ostini a sostenere la Guardia Costiera greca, oggi accusata di aver intenzionalmente ritardato i soccorsi e di aver tentato, in modo maldestro, di allontanare il peschereccio verso territori a giurisdizione italiana, provocando il rovesciamento della barca. Il dato di fatto è che 600 individui, tra cui probabilmente circa un centinaio di bambini, giacciono senza volto e senza un nome sul fondo del Mediterraneo. 

Nulla di nuovo all’orizzonte, purtroppo: la strage di Cutro e le tante catastrofi che essa precedono, probabilmente dimenticate tra le pagine impolverate della memoria collettiva, sembrano non aver insegnato granché. La casuale vicinanza temporale tra gli eventi di Pylos e quelli del Titan, per la platealità disgustosa delle diseguaglianze di cui queste vicende sono testimoni, sembra aver risvegliato le coscienze di una parte consistente dell’opinione pubblica europea: se, da un lato, nascere miliardari significa avere il “privilegio del ricordo”, cioè il potere, anche nella peggiore delle disgrazie, di trasmettere al futuro la propria storia, dall’altro, la sorte di chi muore sulle montagne in Croazia o nel Mar Mediterraneo è quella di diventare invisibili, unità numeriche di masse omogenee, inermi e, quindi, spersonalizzanti.

Come sottolinea a più riprese l’antropologo Piero Gorza, ex professore dell’Università di Torino, ricercatore di On Borders e referente piemontese di Medici per i Diritti Umani,  ogni migrante ha una storia, origini e sogni diversi. Ciò che accomuna questi viaggiatori di speranza, che tentano di valicare le frontiere che separano la Turchia dall’Italia via mare o via terra, è la presenza di famiglie e nuclei familiari plurigenerazionali, composti da nonni, genitori e nipoti, che “abitano il viaggio” per cinque, sei anni o, come a volte accade, per tutta una vita, spesso indebitati di decine di migliaia di euro con i trafficanti.

Chi sceglie di non passare per la frontiera di Trieste, ma preferisce tentare la via del mare, sperando di approdare sulle coste del nostro stivale partendo dalla Turchia – operazione che può costare anche 7000€ a testa – , lo fa per raggiungere l’Italia in un solo “game”  (termine tecnico che indica il superamento della frontiera), evitando, così, la sequenza di passaggi che molto spesso comportano fallimenti e ritorni ai punti di partenza.

Micol Cottino

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