I misteriosi Cargo Cults e il potere dei riti

Immaginate di essere degli indigeni e di vivere in una piccola isola sperduta nel Pacifico, lontani da ogni tipo di contatto esterno alla vostra comunità. La vostra vita si basa sull’autosufficienza, ed è scandita dai lenti ritmi della natura che vi circonda. Un giorno qualunque, mentre state cercando di pescare sulla riva della spiaggia, avvistate un oggetto nel cielo; subito scorgete solo un puntino, poi lentamente lo vedete ingrandirsi sotto ai vostri occhi, finchè atterra proprio sull’isola. Incuriositi e impauriti allo stesso tempo vi avvicinate, scoprendo che quell’apparecchio volante trasporta degli uomini in mimetica, di cui molti armati. Gli stranieri iniziano a scaricare vari oggetti da campo, tende, medicine e cibo in scatola, in quantità che non avete mai visto prima. Questa non sarà che la prima inspiegabile comparsa di innumerevoli soldati, aerei e navi cargo sull’isola; l’abbondanza di beni che portavano si rivelerà una vera benedizione divina per te e il tuo popolo.

Divinità dall’oltreoceano

Questo è quello che successe ai melanesiani, la popolazione indigena predominante degli arcipelaghi dell’Oceano Pacifico, compresa tra le isole Molucche e la Nuova Guinea a nord, e Vanuatu, la Nuova Caledonia e le Figi, a sud-est. Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si trovavano coinvolti in scontri con le forze giapponesi nel Pacifico, e pertanto necessitavano sia di ridurre lo spazio operativo del nemico che di stabilire basi militari in posizioni chiave per scopi strategici. Per diversi anni, quindi, gli indigeni videro arrivare sulle proprie terre grandi carichi di cibo, medicine, attrezzature da campo e apparecchiature radio, riservati ai soldati bianchi. Svilupparono l’idea che a mandare questi doni, attraverso gli americani, erano delle divinità; nacquero così i “Cargo Cults“.

Crediti: Warbirdnews.com https://warbirdsnews.com/aviation-museum-news/the-south-pacific-world-war-ii-museum.html

Dopo la guerra, gli Stati Uniti ritirarono progressivamente i propri militari dalla Melanesia, cessando i trasporti cargo sulle isole. Gli indigeni però avevano osservato i riti dei soldati per molto tempo: l’alzabandiera, l’incessante marciare su e giù per la spiaggia cantando l’inno nazionale e i segnali luminosi verso il cielo per far atterrare gli aerei. Pertanto, concepirono l’idea che tali cerimonie fossero la ragione per cui le navi e gli aerei continuavano ad arrivare con carichi di provviste; decisero dunque di emularle nel tentativo di ottenere lo stesso risultato.

John Frum

Il cargo cult più conosciuto è quello dell’isola di Tanna, parte dell’arcipelago della Repubblica di Vanuatu, a sud dell’Oceano Pacifico. Qui si celebra in particolare il culto di “John Frum“, una figura semidivina che secondo gli adepti avrebbe le sembianze di un militare americano. Il nome, secondo le interpretazioni più comuni, deriva dal modo in cui i soldati si presentavano agli indigeni appena arrivati sull’isola: “John from America“. Unendo il nome John (ovviamente non tutti si chiamavano così) e storpiando leggermente la parola “from”, i nativi inventarono la denominazione della loro figura da adorare.

Crediti: Medium.com https://medium.com/designing-atlassian/when-design-becomes-a-cargo-cult-2bb9a50aad53

Tutte le versioni del mito concordano anche nel sottolineare gli elementi messianici associati a questa figura, i quali rispecchiano in parte i sentimenti anti-coloniali diffusi sia a Tanna che in altre località ancor prima dell’arrivo delle truppe statunitensi. Gradualmente vennero elaborati miti e teologie legati a questi rituali e divenne presto un movimento millenarista, in quanto annunciava l’imminente fine del mondo, l’avvento di un’età dell’oro e la salvezza per coloro che in vita hanno creduto. I credenti nutrono l’aspettativa del ritorno di John Frum, al quale è legata la speranza di ristabilire le loro antiche tradizioni. Ogni anno, il 15 febbraio, viene celebrata la festa ufficiale, giornata in cui i credenti formano una specie di parata, ricreando le marce dei militari americani; vestiti in jeans, sulla schiena e sul petto scrivono “USA” in rosso e impugnano delle spesse canne di bambù, in mancanza di veri fucili.

Crediti: Sapiens.org https://www.sapiens.org/culture/cargo-cult-rituals/

Il ruolo universale dei rituali

Oggi il culto si è decisamente ridimensionato, in quanto la popolazione di Vanuatu è diventata quasi completamente cristiana, e sono ormai poche centinaia le persone che celebrano ancora John Frum. Questo fenomeno però può comunque dirci qualcosa sulla natura umana. Come scrive l’antropologo Dimitris Xygalatas, la nascita di questi movimenti ci mostra come l’uomo abbia bisogno di rituali da seguire: le società umane li utilizzano da sempre per lenire ansie, connettere le persone e mantenere l’ordine. Inoltre gli individui ne hanno bisogno soprattutto nei momenti più difficili, che sia durante la guerra, o di fronte a catastrofi naturali; servono innanzitutto a ridurre lo stress (ad esempio pregare) ma hanno anche un ruolo sociale, in quanto aiutano a creare un senso di identità comune e una coscienza collettiva, fondamentale per superare i momenti di crisi. Osservandoli da questa prospettiva, i cargo cults ci appaiono così molto meno lontani dalla nostra vita abituale, rivelandoci che la necessità di avere dei rituali, indipendentemente dalla cultura o dalla nazionalità di un popolo, è universale e profondamente condivisa.

Fabrizio Mogni

Fonte immagine in evidenza: Pexels

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