MAFIA, LE RADICI DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DAL NORD AL SUD: la mafia al Nord (pt. I)

Siamo abituati a pensare che la mafia sia un problema “di giù”, che a noi non riguarda. Nella conferenza, da cui il presente articolo trae il titolo, tenutasi lo scorso 10 ottobre al Campus Luigi Einaudi, i relatori presenti hanno spiegato che non potrebbe essere più diverso da così. All’incontro sono intervenute, infatti, figure di grande rilievo: la Dott.ssa Patrizia Caputo, Procuratore Aggiunto e Coordinatrice del Gruppo Criminalità Organizzata presso la Procura di Torino, il Dott. Tommaso Pastore, Capocentro della Direzione investigativa Antimafia di Torino, il Dott. Andrea Zummo, Responsabile per la Fondazione dell’Associazione Libera Piemonte, e il Prof. Marco Pelissero, Professore ordinario di Diritto Penale dell’Università degli Studi di Torino.

La mafia al Nord: coglierne i segnali

La Procura di Torino ha indagato numerosi casi di criminalità organizzata mafiosa sul territorio, tra questi sono particolarmente noti: il sequestro di Cartagine (circa 5500 kili di coca sequestrata); lo scioglimento nel 1995 del comune di Bardonecchia con l’arresto di Rocco Lopresti, padrino della ‘ndrangheta in Val di Susa, mentre i comuni di Leinì e Rivarolo Canavese sono “saltati” nel 2012 durante il corso delle indagi; la presenza di una locale a Domodossola (vale a dire una struttura di coordinamento delle ‘ndrine) che è stato il primo 416 bis passato in Piemonte. Nell’indagine sui rapporti con la mafia la Dott.ssa Patrizia Caputo ha sottolineato “l’importanza dei sintomi”, ovvero quei segnali che indicano che qualcosa è diversa da come appare. I segnali si possono cogliere da piccoli dettagli, fino a scelte evidenti: a questo proposito cita il caso di Domodossola, città al confine con la Svizzera e quindi soggetta a frequenti nevicate, dove per lungo tempo ha condotto attività illecite un gruppo criminale mafioso. Questo aveva sede in uno stabile dal tetto piatto come le abitazioni che vediamo nel Sud Italia, cosa abbastanza curiosa data la situazione climatica e le costruzione vicine dal tetto a punta.

La mafia silente

La magistrata ci ricorda che “con un’indagine si fa la storia del fenomeno – si ricostruisce qualcosa-  ma l’attualità è già diversa”. Il Piemonte è terra di ‘ndrangheta, dove si è sempre più diffusa la cosiddetta “mafia silente”. La mafia, infatti, ha capito che per gestire i suoi traffici doveva smettere di farlo allo scoperto; sceglie quindi di sedimentarsi nelle città di provincia, nei piccoli paesini, dove le forze di polizia sono meno preparate ad accogliere i segnali e dove la gente sta tranquilla perché non vede sangue o spaccio. Da lì i boss mafiosi possono organizzare e amministrare le loro attività illecite.

La storia di Cascina Caccia è a questo scopo esemplificativa: ci troviamo in San Sebastiano da Po, provincia di Torino, da qui il ‘ndranghetista Domenico Delfiore gestiva il traffico di stupefacenti, il gioco d’azzardo e le scommesse, l’usura, il sequestro di persone. Il bene apparteneva alla sua famiglia, ma venne ribattezzato in onore di Carla, la moglie, e Bruno Caccia, procuratore Capo di Torino, ucciso in un agguato 26 giugno 1983 da un ordine dello stesso Delfiore. A seguito dell’arresto del fratello Salvatore per narcotraffico, le indagini patrimoniali portarono al decreto di confisca. Siamo nel 1996, ma solo nel 2007 i Belfiore lasciarono la proprietà, oggi bene aperto al pubblico e destinato al riutilizzo sociale. 

Generare consenso

Ricordiamoci che prima di tutto la mafia per esistere deve generare consenso. Molti rispondono, e ne sono fermamente convinti, che “al Nord siamo più civilizzati, queste cose non accadano”. Ebbene la Dott.ssa Patrizia Caputo ci dice che i fatti dimostrano il contrario: una delle prime cose che è venuta all’orecchio della magistrata al momento dell’arresto del padrino della ‘ndrangheta Rocco Lopresti, è stata una sorta di “lamentela” da parte dei cittadini, “almeno quando c’era lui potevamo lasciare le porte aperte che sapevamo che nessuno ci avrebbe fatto nulla”. La mafia genera un senso di protezione, riallacciandosi a sistemi in parte simili a quelli del feudalesimo: essa offre un servizio (sicurezza), chiede un “prezzo” e stabilisce delle regole.

Regole che l’hanno portata a imparare a districarsi nelle stesse norme giuridiche. La mafia di oggi ha capito che per combattere la legalità ha bisogno di conoscerla. Non dimentichiamoci che la nipote di Matteo Messina Denaro, di cui si sta parlando molto, è avvocata. E oltre alla ‘ndrangheta in Piemonte, è diffusa un altro tipo di mafia, quella straniera, che agisce attraverso strumenti simili: qui in particolare quella nigeriana e rumena, di cui di recente sono state arrestate delle persone affiliate.  

Bisogna non credere a chi esprime con convinzione che la mafia è solo al Sud. I diversi casi qui sopra citati, tra cui Bardonecchia e Domodossola, il fenomeno della mafia silente e la mafia straniera, generando consenso, dimostrano il contrario.

Nicole Zunino

Fonte: conferenza “Mafia, le radici della criminalità organizzata dal Nord al Sud” di ELSA Torino (10 ottobre 2023)

Crediti immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Italia_ndrangheta_per_provincia.png

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