Grugliasco, provincia di Torino. Nella zona industriale di questo piccolo comune alle porte del capoluogo piemontese, davanti ai cancelli di Corso Allamano 32, un piccolo gazebo bianco è stato testimone della lotta di centinaia di lavoratori e lavoratrici.
Tutto inizia il 12 ottobre 2023 quando la LEAR, azienda componentistica che produce i sedili per le autovetture Stellantis, stima un esubero di circa 260 lavoratori su 420 dipendenti. Complice la delocalizzazione dell’ex gruppo Fiat (oggi Stellantis) e la poca domanda (dai 71mila sedili nel 2016 ai 7mila dello scorso anno), i lavoratori LEAR si trovavano già in cassa integrazione da mesi. Viene però raggiunto un accordo in Regione tra le parti sociali: la cassa integrazione è garantita fino al 20 ottobre, poi l’incognita.
Uno dei problemi denunciato sin da subito dai rappresentanti sindacali è la diretta conseguenza di un problema più grande che attanaglia Torino: gli stabilimenti di Mirafiori, un tempo cuore pulsante dell’industria, sono vuoti. Stellantis non produce più in Italia, e così anche le aziende satellite, come la LEAR, decidono di spostare, o di ridurre, la loro produzione. Nella piattaforma delle richieste compare la necessità di ridare vita al settore automotive di Torino, altrimenti, senza una vera e propria inversione di tendenza, sarà la desertificazione industriale. Per la LEAR, i lavoratori chiedono l’impegno nella diversificazione produttiva e una distribuzione migliore delle produzioni attuali nei diversi siti LEAR.
Dichiarato lo sciopero, il 7 novembre i lavoratori e le lavoratrici organizzano un presidio permanente davanti ai cancelli dell’azienda: per due mesi tutte le mattine alle 5:30 si trovano per formare le linee del picchetto, per farsi forza a vicenda, per farsi vedere dall’azienda, per tentare di convincere qualcuno, che ancora entra a lavorare, a rimanere fuori con loro. Ci si faceva compagnia, durante il presidio, parlando della famiglia, dei figli, della squadra di calcio, delle visite mediche. Conversazioni straordinariamente ordinarie, a cui si univano le preoccupazioni condivise per l’incertezza del futuro: l’apprensione di trovare un nuovo posto dopo una vita passata nella stessa azienda, con gli stessi colleghi; la consapevolezza che nel mercato del lavoro di oggi superati i quarant’anni si è inutili, un peso, non più produttivi; l’incombenza del mutuo, delle spese, dell’inflazione e della crisi. Momenti di tensione perché, quando rischi di perdere tutto per davvero, rimanere inermi davanti al tuo presente che si sgretola è impossibile.
Dopo un mese di sciopero e di presidio, l’11 novembre l’azienda si è dichiarata disponibile a prolungare la cassa integrazione, mentre l’11 dicembre è stata confermata la cassa integrazione fino alla fine del 2024. L’11 gennaio a Roma si è svolto un incontro con il Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) per cercare una soluzione produttiva che possa strappare i lavoratori alla morsa della cassa integrazione. Le risposte dei vertici LEAR, però, sono sempre le stesse: a Torino, ormai, c’è solo cassa integrazione, chi vuole può andare in Francia. I sindacati si aspettano, invece, un vero e proprio piano di rilancio economico e industriale: non si vive con mille euro di cassa integrazione, non si vive con lo spettro del licenziamento che incombe sempre più vicino.
Il 19 dicembre tra Collegno e Grugliasco si è svolto un piccolo corteo, insieme agli operai della Connectivity, un’altra azienda in crisi dove centinaia rischiavano il posto di lavoro.
Questa è la storia della lotta degli operai e delle operaie LEAR: persone che, giorno dopo giorno, al freddo, si trovavano davanti a quel gazebo bianco che avevano montato all’inizio del loro sciopero, lottando fianco a fianco, facendosi sentire anche da chi non voleva ascoltarli, gridando troppo forte per essere ignorati. La vicenda dei lavoratori LEAR ci offre una piccola scintilla di speranza per il futuro.
E alle volte, quella scintilla è un gazebo bianco di plastica, davanti a cui centinaia di lavoratori e lavoratrici, ogni giorno, si trovano per chiedere la più legittima delle richieste: un lavoro.
Erica Bonanno
Fonte immagine in evidenza: https://www.grugliasco24.it/
