La ricetta del successo di Masterchef

Giovedì 29 febbraio è andata in onda la puntata finale di Masterchef 13, seguita da ben 1.061.000 telespettatori. Si tratta di uno dei programmi di cucina più conosciuti e acclamati in Italia, che ogni anno fa appassionare migliaia di persone. Come per qualsiasi ricetta di successo, anche Masterchef deve la sua popolarità a degli ingredienti fondamentali: la base di questo piatto vincente è sicuramente rappresentata dai giudici。 Nel corso degli anni si sono alternati personaggi di spicco, ma Bruno Barbieri (l’unico presente in tutte le 13 edizioni), Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli, a partire dall’8a edizione, formano un trio consolidato: le loro personalità costituiscono un perfetto bilanciamento che crea la giusta atmosfera tra intrattenimento e giudizio.

Antonino Cannavacciuolo, 7 stelle Michelin, è uno chef caratterizzato da grande empatia e bontà d’animo, percepibile dal modo in cui si rapporta con i concorrenti e gli altri giudici. È originario di Vico Equense e ha sempre la battuta pronta; il suo concetto di cucina è quello di riuscire a creare sapori e profumi che siano in grado far sentire le persone “a casa” anche quando non lo sono. Celebri, senza dubbio, le pacche di incoraggiamento che dà sulla schiena.

Bruno Barbieri, emiliano e detentore di 7 stelle Michelin, detesta invece i “mappazzoni” e la sua precisione e intransigenza nel giudizio dei piatti sono contrastate da outfits eccentrici e colorati, nei quali però impiega la stessa ricercatezza che caratterizza la sua cucina. I suoi piatti, infatti, rispecchiano il suo amore per la terra d’origine ma anche la voglia di scoprire Paesi lontani.

Infine, lo chef Giorgio Locatelli, di origine lombarda, è tra i primi cuochi italiani premiati con una stella Michelin in ristoranti fuori dall’Italia, in particolare a Londra. Evidente, senza dubbio, la sua eleganza che traspare pienamente dall’aspetto e dal modo di porsi al pubblico, conferendogli un fascino da gentleman inglese. La sua cucina rappresenta il perfetto connubio tra la tradizione gastronomica italiana e l’influenza culinaria inglese.

Il format della trasmissione prevede diverse sfide che mettono alla prova le abilità dei concorrenti, dalla creatività nell’accostare ingredienti innovativi alla padronanza di tecniche specifiche. Il vincitore si aggiudica €100.000 in gettoni d’oro e la possibilità di pubblicare un libro con le proprie ricette originali. Dall’undicesima edizione ha inoltre diritto a partecipare a un corso di cucina presso l’ALMA, la scuola internazionale di alta cucina italiana fondata dallo chef Gualtiero Marchesi.

Altro ingrediente fondamentale della trasmissione sono i concorrenti, che conferiscono l’aroma speziato alla ricetta di Masterchef. Nella maggior parte dei casi, si tratta di persone che svolgono lavori molto lontani dal mondo della cucina (commercialisti, studenti universitari, camerieri ecc…) ma che decidono di mettersi in gioco ponendo in standby le loro vite e puntando sulla passione e sul talento per quest’arte. Quello che Masterchef trasmette al suo pubblico è quindi la speranza che sia possibile per tutti stravolgere la propria vita e realizzare un sogno, mescolando un po’ di talento, di fiducia in sé stessi e tanto impegno.

Guardando Masterchef inoltre è facile comprendere che, come la pittura, la scultura e la musica, il cibo è arte in quanto suscita emozioni, stimola i 5 sensi ed è contemporaneamente capace di comunicare un messaggio; connette le persone su un piano umano e dà “un assaggio” della propria storia a chi non si conosce.  

Dato il successo di questa trasmissione di cucina, si intuisce chiaramente quanto il cibo sia la colonna portante della nostra cultura e il collante tra le culture del mondo. In Italia, cucinare per qualcuno è considerato un autentico atto d’amore poiché sinonimo di convivialità, di calore umano e di celebrazione di legami affettivi: basta pensare alle tavolate durante le festività, ai matrimoni, alle cene con gli amici; tutte le occasioni importanti sono spesso accompagnate da un pasto condiviso. Le specialità made in Italy, poi, rappresentano uno dei simboli più conosciuti dell’identità italiana nel mondo. Se da una parte la cucina permette di onorare la cultura nazionale, dall’altra rappresenta una chiave per esaltare la diversità, che non è mai condannata, bensì celebrata. Infatti, è proprio la contaminazione con altre culture che permette di spaziare creando nuovi e vincenti accostamenti, avvicinando popoli e storie provenienti da ambienti molto differenti tra loro. D’altronde, non esistono barriere o confini quando si tratta di sedersi a tavola e godersi un piatto.  

Il cibo è dunque accoglienza e inclusione del diverso. Entrando in cucina, non importa da quale contesto si provenga o chi si sia stati fino a quel momento, l’unica cosa che conta è come si esprime sé stessi attraverso la materia prima.  Non a caso, Eleonora Riso, vincitrice di questa edizione, ha dichiarato che dedica la vittoria “a tutti i disagiati come me, cioè quelli che si trovano a disagio nelle consuete dinamiche sociali”.  

Fonte immagine in evidenza: ilreporter.it

Maria Pia Bisceglia

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