DPCM 60 CFU: quando l’insegnamento diventa una questione di classe (sociale)

Conformemente a quanto stabilito dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2023, che definisce i contorni legislativi del percorso accademico e universitario di formazione iniziale dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, gli aspiranti docenti dovranno obbligatoriamente conseguire, a partire dal 1 gennaio del 2025, 60 CFU per l’abilitazione all’insegnamento. Con il superamento del vecchio ordinamento da 24 CFU abilitanti, le misure introdotte dal dicastero di via Trastevere affidano agli Atenei e al Centro Interregionale per la Formazione degli Insegnanti Secondari (CIFIS) l’organizzazione di programmi di formazione a numero chiuso e a pagamento, articolati in pacchetti da 30, 36 e 60 CFU, a seconda delle esigenze di ciascun candidato.

La pubblicazione del bando da parte dell’Università di Torino per presentare la domanda online di ammissione al percorso di formazione per l’a.a. 2023/2024 ha risollevato, a livello locale, le polemiche sorte, a livello nazionale, in concomitanza con la pubblicazione del DPCM nell’agosto scorso.

Il costo esorbitante del percorso di formazione da 60 CFU, pari a 2.500 euro per gli studenti iscritti a UniTo e da pagare  in due rate (a cui bisogna poi sommare i 150 euro per la prova finale e i 100 euro per l’invio della propria candidatura), è calcolato indipendentemente dalle fasce di reddito ISEE e grava totalmente sulle spalle dello studente, che dovrà provvedere anche alle spese necessarie per seguire le lezioni in presenza, dato che la frequenza è obbligatoria e pari al 70% delle ore previste per ciascuna delle attività didattiche, siano esse disciplinari, di tirocinio o di laboratorio.

Ipotizzando un soggiorno a Torino di sei mesi per seguire i corsi, la Federconsumatori stima che lo studente debba mettere in conto una spesa compresa tra i 3.970 e i 4.700 euro (affitto, spese alimentari e per la casa, trasporti, libri e materiale didattico inclusi). Considerando, poi, che il costo totale per il mantenimento agli studi di uno studente fuori sede iscritto a UniTo, mai fuori corso e in possesso di un titolo di Laurea Magistrale, è pari a 82.000 euro circa (secondo i dati forniti da un’analisi del Centro Studi Moneyfarm), il quadro che si delinea è inquietante: un futuro insegnante della scuola secondaria, che ha di fronte a sé ancora un periodo di precariato, spende in media per la propria formazione universitaria e lavorativa circa 88.830 euro, una cifra riassorbibile solo dopo anni di servizio, dato che l’Italia si conferma uno dei paesi europei dove gli stipendi dei professori sono più bassi.  

Crediti immagine: https://www.orizzontescuola.it/il-confronto-impietoso-con-i-paesi-europei-i-docenti-chiedono-un-aumento-di-almeno-200-euro-netti-petizione-con-oltre-30mila-firme-infografica/

La mancanza di qualsivoglia finanziamento pubblico dei corsi per l’abilitazione, come sottolineato da un comunicato pubblicato dalla FCL CGIL, porterà a un boom delle iscrizioni ai percorsi equivalenti offerti dalle università private online, vista la netta riduzione dei costi sui trasporti, senza che lo Stato possa avere un reale controllo sulla qualità della formazione.

Le anomalie del bando pubblicato dall’Università di Torino, evidenziate dall’associazione RUN Unito, sezione locale di Primavera degli Studenti (PDS), non si limitano ai costi. Per rispondere ai requisiti di ammissione alla prova finale del percorso di abilitazione, gli studenti regolarmente iscritti ai corsi di studio di Laurea Magistrale o di Laurea Magistrale a ciclo unico dovranno aver conseguito il titolo di laurea entro e non oltre il mese di ottobre 2024. Peccato che a Torino la sessione di laurea autunnale delle facoltà umanistiche, per le quali l’insegnamento rappresenta uno sbocco naturale, sia stata organizzata per il mese di novembre, impedendo così, per un pungo di giorni, l’accesso al concorso a una frazione consistente dei candidati, che dovranno aspettare un nuovo bando, che verrà presumibilmente pubblicato nel mese di gennaio 2025.

Nonostante i sindacati abbiano esposto a più riprese le loro perplessità in merito alla riforma, che rischia di trasformare l’insegnamento in un privilegio per pochi abbienti, il Ministero dell’Istruzione e del Merito (ex MIUR) non sembra volere fare alcun passo indietro. Tra buchi normativi, costi da capogiro e incertezze in merito alle modalità di attuazione, i primi a farne le spese saranno, come al solito, gli studenti.

Micol Cottino

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