Che facciate parte o meno della comunità LGBTQ+, quasi sicuramente vi sarà noto che a giugno ricorre il Pride Month, un mese dedicato alla celebrazione dell’orgoglio di tutte le persone appartenenti alla comunità e al ricordo di battaglie fondamentali per i diritti civili, a cominciare dai famosi moti di Stonewall (1969).
Meno conosciuto è il Disability Pride Month, che coincide con il mese di luglio in molti Paesi del mondo ed è nato con l’intento di celebrare l’identità e l’unicità delle persone con disabilità, in una società in cui questa caratteristica è stigmatizzata e motivo di discriminazione. Si tratta di una preziosa occasione per diffondere consapevolezza sui traguardi acquisiti dalla comunità, sui diritti che ancora non vengono riconosciuti e sulla necessità di un cambiamento culturale nel modo (negativo) di vedere la disabilità.
La storia

Il Disability Pride Month trae le sue origini negli Stati Uniti, dove, il 26 luglio 1990, fu firmata l’Americans with Disabilities Act (ADA), una fondamentale legge sui diritti civili delle persone con disabilità, sia fisiche sia riguardanti la salute mentale. Nello specifico, i punti più importanti della legge prevedevano la protezione da ogni discriminazione (similmente a quanto garantito, ad esempio, per la religione o la nazionalità), pari opportunità nel mondo del lavoro, migliore accessibilità ai luoghi pubblici e alla telecomunicazione.
Tuttavia, il percorso verso la firma di questa legge non fu semplice, come spesso accade quando si pongono al centro del discorso i diritti civili di una parte stigmatizzata della popolazione. Gli evangelici conservatori si opposero all’ADA, poiché la legge garantiva protezione dalla discriminazione anche alle persone con HIV o AIDS, condizione associata all’omosessualità e per questo motivo, secondo loro, da condannare.
Inoltre, diversi enti e gruppi imprenditoriali contestarono l’ADA per interessi economici, sostenendo che la legge avrebbe imposto alle aziende spese insostenibili per garantire l’accessibilità a tutti i cittadini.
Gli attivisti e le attiviste per i diritti delle persone con disabilità, dunque, decisero di non rimanere in silenzio e organizzarono una storica protesta, nota come “Capitol Crawl”. Il 12 marzo 1990 più di mille persone marciarono dalla Casa Bianca al Campidoglio di Washington (sede del Congresso degli Stati Uniti) per rivendicare i propri diritti. La protesta raggiunse il culmine quando, arrivati davanti al Campidoglio, alcuni dei manifestanti (tra i quali una bambina di otto anni, Jennifer Keelan-Chaffins) abbandonarono le loro sedie a rotelle – e altri ausili per deambulare – e iniziarono a scalare i gradini dell’edificio. La polizia arrestò 104 attivisti, ma i loro sforzi non risultarono vani: come abbiamo visto, la legge fu approvata nel luglio di quello stesso anno e, da allora, il Disability Pride Month celebra quel coraggioso atto di disobbedienza civile.
La bandiera

Come per il Pride della comunità LGBTQ+, esiste una bandiera simbolo del Disability Pride Month, creata dall’artista Ann Magill. La versione più recente della bandiera, tuttora in uso, risale al 2021.
Ecco il significato dei colori e della loro posizione:
- i sei colori differenti indicano la diversità all’interno della comunità delle persone con disabilità, che si estende oltre ogni confine e nazione;
- lo sfondo nero rappresenta il lutto e la rabbia per coloro che hanno subito abusi o hanno perso la vita a causa della violenza abilista;
- la striscia colorata diagonale simboleggia la distruzione delle barriere che emarginano le persone disabili, ma anche la luce che spezza l’oscurità;
- la striscia rossa simboleggia le disabilità fisiche;
- la striscia dorata indica la neurodivergenza;
- la striscia bianca rappresenta le disabilità invisibili e/o non diagnosticate;
- la striscia blu indica le disabilità psichiatriche;
- la striscia verde simboleggia le disabilità sensoriali.
E in Italia?

Manifestazioni ed eventi legati al Disability Pride sono stati organizzati in Italia a partire dal 2015, inizialmente nella provincia di Ragusa, per poi estendersi in altre città. Nel corso degli anni è nata una vera e propria rete nazionale, il Disability Pride Network, fondata da Carmelo Comisi, con l’intento di promuovere “un nuovo modo di vivere e vedere la disabilità”, come si legge sul sito dedicato all’iniziativa.
Grazie all’impegno delle persone coinvolte nel progetto del Disability Pride Network, il Disability Pride è arrivato anche a Torino nel 2023 e nel 2024. In particolare, l’ultima edizione ha riscosso un grande successo: circa 1500 partecipanti hanno sfilato per le vie del centro, affermando l’importanza della visibilità e del far sentire la propria voce.
Non sono mancati gli interventi sul palco, allestito in Piazza Vittorio Veneto. Fra gli ospiti che hanno preso la parola erano presenti anche Chiara Bucello (content creator), Chiara Bordi (attrice e modella) e i Terconauti (trio artistico molto popolare sui social).
E adesso si pensa già all’edizione 2025.
(Crediti foto in evidenza: https://thenonviolenceproject.wisc.edu/2022/09/08/capitol-crawl/)
Fonti: https://abcnews.go.com/US/30th-anniversary-disability-civil-rights-protest-advocates-push/story?id=69491417
https://www.weinberg.cuimc.columbia.edu/news/history-disability-pride-flag
https://www.disabilitypridenetwork.org/
https://en.wikipedia.org/wiki/Disability_Pride_Month
Ilaria Vicentini
