
Dal 21 giugno al 15 settembre, la Galleria Borghese a Roma sarà sede della mostra intitolata “Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria”, dedicata ai capolavori dell’artista francese, considerata tra le più influenti del Novecento.
Non è possibile stabilire con esattezza la corrente artistica a cui Louise Bourgeois (1911-2010) appartenne, per via della singolarità stilistica delle sue opere. Tuttavia, è noto che a Parigi si avvicinò al surrealismo e che, trasferitasi negli Stati Uniti, conobbe Marcel Duchamp, con cui condivise l’interesse per il “ready made”. Entrambi vollero sperimentare, infatti, se la collocazione di un oggetto in un contesto diverso da quello di usuale appartenenza potesse risultare artisticamente efficace.
I temi ricorrenti affrontati nella sua produzione sono: l’infanzia e i sentimenti correlati al ricordo di essa, la solitudine, gli istinti distruttivi, la paura, l’amore, l’erotismo, il processo di creazione artistica, la condizione femminile, la maternità e il rapporto conflittuale con il padre, colpevole di aver tradito la madre di Louise e di aver infranto l’armonia della convivenza in famiglia.
Le sale della Galleria Borghese, i Giardini segreti e il padiglione dell’Uccelliera, accoglieranno venti sculture che, con l’obiettivo di fornire un’articolata prospettiva sull’esperienza emotiva umana, dialogheranno con i capolavori di Bernini, Canova, Caravaggio, Carracci, Tiziano e molti altri, custoditi permanentemente nel museo.
La direttrice della Galleria, durante l’inaugurazione della mostra, ha descritto la poetica dell’artista come intrisa di ricordi e memorie, talvolta ingabbiati nel tentativo di esorcizzare il passato, nei quali metamorfosi e indagine psicologica si configurano come il nucleo più intimo di una ricognizione della propria esperienza individuale, i cui tratti fondamentali finiscono per assumere carattere universale e collettivo.
Alcune delle opere più evocative appartengono alla serie esplicitamente autobiografica “Cells” (1989-1993), che rinvia alla duplice accezione di significato del termine: fa riferimento tanto alla “cellula”, unità elementare degli organismi viventi, quanto alla “cella”, spazio angusto e ristretto, metafora della condizione di isolamento e del sentimento di oppressione. Le due chiavi di lettura convergono nella riproduzione di architetture tratte dai ricordi d’infanzia, caratterizzate da interni claustrofobici ma ricchi di associazioni. Nella Galleria è installata “The Last Climb”, in cui diversi oggetti simbolici collezionati dall’autrice nel corso della sua vita (tra i quali la scala dello studio in cui lavorò a Brooklyn) sono racchiusi da una struttura a grate e divengono parte di un’opera interattiva, studiata per accogliere al suo interno gli osservatori, anche se nel corso delle mostre non è consentito il passaggio nella cella, per via della sua fragilità.
Dalle parole pronunciate dalla stessa artista per introdurre la serie sopracitata, emerge l’ambivalenza che ne caratterizza il contenuto: Le “Cells” rappresentano vari tipi di dolore: il dolore fisico, quello emotivo e psicologico, quello mentale e intellettuale. […] Il dolore può avere origine in qualsiasi punto e muoversi in un senso o nell’altro. Ogni “Cell” ha a che fare con la paura. La paura è dolore. Spesso non viene recepita come tale, perché si maschera sempre. […] Le celle ci attraggono o ci respingono. C’è questa urgenza di integrare, fondere o disintegrare.
Un’altra delle opere più note è il ragno in bronzo, che rappresenta la madre di Louise Bourgeois, tessitrice di arazzi e figura protettrice, che “ripara e ricuce ogni strappo emotivo o sentimentale”, come ha spiegato una delle curatrici dell’esposizione.
Si tratta dello stesso soggetto dell’opera intitolata “Maman” (1999), realizzata in acciaio e marmo, alta quasi dieci metri, a proposito della quale l’artista dichiara: Il ragno è un’ode a mia madre. Lei era la mia migliore amica. Come un ragno, mia madre era una tessitrice. […] I ragni sono presenze amichevoli che mangiano le zanzare. […] Quindi sono utili e protettivi, proprio come mia madre.
Osservando la produzione della scultrice, risulta immediatamente percepibile il legame emotivo che è in grado di istituire con l’osservatore attraverso le proprie raffigurazioni, realizzate servendosi di un’ampia varietà di materiali (marmo, acciaio, tessuto, bronzo) e simboli che rendono il suo stile originale e facilmente riconoscibile, contribuendo così ad accrescere l’efficacia comunicativa senza tempo che la caratterizza.
Gaia Romano
Fonte immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mama_de_Louise_Bourgeois.jpg
