La Strategic Litigation è un’azione giudiziaria che coinvolge professionisti diversi volta al riconoscimento di un diritto violato o inesistente. Nei precedenti articoli si è parlato dell’evoluzione di questa tecnica, dei risultati a cui può giungere, degli ostacoli e dei punti di forza, nonché degli strumenti di cui si avvale. Si è solo parzialmente parlato, invece, di come si porta avanti un’azione di questo tipo, come si fa.
Il contenzioso strategico dispone, infatti, di due anime che devono partecipare in sincronia: l’attività giudiziaria (seguire un caso e ottenere una sentenza) e l’influenza positiva nella società civile (l’uso di canali social e la sensibilizzazione con associazioni di settore). Per rispondere alla domanda “come si fa?” elenchiamo alcuni step pratici:
- Scelta del caso in anticipo su base teorica: individuazione del tipo di violazione e del diritto non tutelato.
- Scelta della strategia: individuazione della corte (locale/alta, nazionale/sovranazionale), ricerca dei requisiti, scelta del procedimento a pioggia o a macchie.
- Distinzione tra piano giuridico e piano mediatico: avvalersi di entrambi o di uno solo.
- Scelta del caso strategico sulla base della presenza delle seguenti caratteristiche: idoneità della violazione, strategicità del caso (chiedersi se interessa un singolo o interessa tanti: è strategica solo quell’azione che interessa la collettività), debolezza della strada (tutti meritano giustizia, ma è molto costosa e serve una strada adatta), consapevolezza e adesione ricorrente, sovrapponibilità perfetta degli interessi strategici e della persona che si vuole difendere.
La sensibilizzazione della popolazione e della società è altrettanto importante. L’impatto della causa giudiziaria promossa è uno degli step della strategia. L’advocacy in questo senso è una forma di attivismo volta ad allargare la sfera del diritto. Si concretizza in una serie di azioni volte a influenzare diversi soggetti, come le istituzioni. Si fonda necessariamente sulla comunicazione, poiché la forza e il coinvolgimento del pubblico non devono essere sottovalutati.
Una delle prime forme di advocacy risale all’epoca greco-romana: la costituzione di Solone prendeva posizione a tutela di un gruppo per ottenere un cambiamento in suo favore. La rivoluzione francese, quella americana e quella industriale hanno in seguito portato avanti l’advocacy. L’attivismo degli anni ‘60 e le suffragette o gli attivisti avversi alla segregazione razziale ne sono ulteriori esempi.
Le attività dell’advocacy prevedono la collaborazione con associazioni per maggiore risonanza, l’analisi accurata del problema che si vuole affrontare, il monitoraggio costante dello scenario prestabilito. Gli approcci sono due: esterno, come la protesta, o interno, che implica il coinvolgimento diretto delle istituzioni. I risultati che ci si aspetta sono legati alla popolazione civile: sensibilizzazione e movimento. Gli indicatori per monitorare gli sviluppi sono l’attenzione e l’opinione pubblica e l’intervento della politica.
Una campagna di comunicazione si costruisce nel seguente modo. Dapprima vi è il brief della campagna: designazione degli obbiettivi, di come raggiungerli (che contesti hanno, se si vuole solo informare o creare un dibattito, se ci si aspetta un confronto o si ha già un’idea) e individuazione del proprio pubblico (associazioni, opinione pubblica, operatori giuridici). Segue l’analisi di scenario, vale a dire di tutto ciò che è esterno all’azione della campagna, come il contesto politico, quello costituzionale e geografico, gli attori, i supporter e i competitor.
Gli strumenti della comunicazione sono in primis le pubbliche relazioni. Per il mondo digitale (social network e blog), bisogna distinguere tra Twitter, Facebook, YouTube, TikTok, Instagram, Linkedln, poiché non tutti i social sono altrettanto efficaci per il medesimo scopo. Nel rivolgersi alla stampa, invece, occorre inserire i soli momenti clou e scegliere giornalisti che trattano di quel tema, andando a costruire nel tempo, se possibile, un network con loro. Infine vi è la pubblicità di eventi: tavole rotonde e workshop per il dialogo; conferenze, seminari e presentazioni per la divulgazione; manifestazioni, cortei, sit in e flash mob per la mobilitazione.
Ultima “pillola” pratica per un’advocacy efficace riguarda la selezione del registro linguistico oltre che delle singole parole. Qui i concetti chiave sono l’intersezionalità, ovvero le molteplicità e le interconnessioni che convivono all’interno dell’individuo; l’ambientalismo intersezionale, cioè la capacità di calarsi nel contesto; e il linguaggio estensivo, oggi utilizzato soprattutto in merito alla questione di genere.
Nicole Zunino
Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=1EyagVmU0Uw
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