Musica che riscalda l’anima: la notte del Gospel

Se c’è una cosa che unisce tutti indistintamente in un caloroso turbinio di emozioni, è proprio la musica. L’indimenticabile serata dello scorso 18 dicembre presso l’Auditorium Giovanni Agnelli del quartiere Lingotto di Torino ne è stata la prova vivente. L’ Harlem Gospel Night, format organizzato da Dimensione Eventi, anche quest’anno è riuscito a portare in Italia i colori e la magia del gospel americano.

I protagonisti assoluti della serata sono stati Eric Waddell & The Abundant Life Singers, uno dei gruppi più noti della città di Baltimora (nel Maryland) che, con otto anni di tour alle spalle e centinaia di concerti realizzati in tutta Italia, si sono guadagnati una notevole fama anche nel continente europeo, lasciando un’impronta indelebile nella scena musicale e posizionandosi tra i più grandi gruppi gospel dell’ultimo decennio secondo Alma Music Project. Il loro sound, seppur fedele alle radici afroamericane del gospel e degli spirituals tradizionali, mescola al suo interno alcune influenze rhythm and blues, creando una commistione tra generi tradizionali e contemporanei. Nel corso della serata non sono inoltre mancate le interazioni con il pubblico e l’intonazione di canzoni natalizie come “We wish you a merry Christmas”, che hanno in poco tempo trascinato l’intera sala in un’esplosione di energia e passione tra canti, balli, applausi e standing ovation.

Ad aprire l’esibizione di Waddell è stato un coro italiano: il Sunshine Gospel Choir, fondato a Torino nel 1998 da Alex Negro, nel corso degli anni ha pubblicato numerosi album e ha tenuto centinaia di concerti in tutto il mondo, ottenendo un grande successo. Il repertorio di questi brillanti artisti comprende numerose contaminazioni con altri generi, mantenendo comunque ben saldo il compito delicato di portare avanti il messaggio originario della tradizione afroamericana, il quale non è da sottovalutare.

Il gospel, come sappiamo, ha radici ben diverse da quelle europee, motivo per cui non sempre può essere semplice comprendere a pieno la profonda emotività che si cela dietro questi canti. Eppure, nel 2025 è ancora importante tramandarlo!

Come nasce questo genere?

Le prime canzoni, denominate work songs, nacquero a partire dal 1600 durante l’estenuante lavoro che gli schiavi africani portati nel continente americano erano costretti a svolgere: le chiese furono i primi luoghi di aggregazione per la comunità africana emarginata, ed è qui che vennero composti veri e propri canti religiosi portatori di profondi messaggi di fede e di speranza, quella di un futuro migliore. Dopo il 1865, anno in cui la schiavitù venne abolita, questi canti religiosi continuarono a essere tramandati e si diffusero all’interno del continente sotto il nome di “God’s Spell”, termine poi evolutosi in “gospel”, contornati da tonalità blues e jazz.

Nonostante siano passati diversi anni, avventurarsi in questo genere musicale è ancora oggi un viaggio spirituale affascinante e necessario: ogni nota e ogni parola racchiude significati importanti, memori di una comunità che è riuscita a fare della sofferenza un canto di fede, resilienza e attaccamento alla vita. Questo spettacolo ha permesso al pubblico di entrare in contatto con queste emozioni in modo intenso, scavalcando a piè pari ogni barriera linguistica, culturale e generazionale. Oggi più che mai, in questa società attorniata da odio, guerre e discriminazione, occorre ascoltare e diffondere questi cori.

Certamente non sarà la musica da sola a garantire pace, empatia e comprensione reciproca. Tuttavia, osservare centinaia di persone di ogni età alzarsi in piedi dalle proprie poltrone, trascinate dall’emozione, e intonare insieme agli artisti “Oh, happy days” tra grida, salti e applausi, può essere considerato, con un po’ di ottimismo, una piccola vittoria, una piccola fiamma d’amore scoccata nel bel mezzo del freddo inverno torinese.

Monica Poletti

Fonti:

Sunshine Gospel Choir

Alma Music Project

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