72 giorni a 3570 metri: il film tratto da una storia vera su sopravvivenza e cannibalismo

Da alcuni definita “La tragedia delle Ande”, da altri “Il miracolo delle Ande”, si tratta del disastro del volo charter 571 delle Forze Aeree Uruguaiane, partito da Montevideo (capitale dell’Uruguay) il 13 ottobre 1972 e diretto a Santiago del Cile.

L’Argentina, Stato che divideva punto di partenza e destinazione, ha un superficie di 2 791 810 km², ed è il Paese più esteso di lingua spagnola. Il confine col Cile è rappresentato da una barriera naturale: le Ande. La cordigliera delle Ande è una catena montuosa dell’America meridionale, che attraversa Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile e Argentina. Essa fa parte della Cordigliera Americana, la quale partendo dall’Alaska arriva fino alla Terra del Fuoco. Si tratta di un territorio difficile da attraversare, anche in aereo: occorre sorvolarlo ad una certa quota per evitare le turbolenze. Per un errore di calcolo da parte del pilota e un ipotetico guasto all’apparato di radiolocalizzazione nonché alla gestione della rotta, l’aereo si trovò al di sotto delle nubi e colpì con l’ala destra la parete di una montagna. L’aereo, infatti, aveva perso quota perché i piloti avevano iniziato la discesa pensando di non essere più in territorio argentino. Il luogo dell’incidente avvenne quindi nella parte occidentale argentina, appena a est del confine col Cile.

Il volo, che doveva essere diretto, aveva effettuato uno scalo a Mendoza per nebbia fitta e turbolenze (nel film ciò non viene mostrato). Tuttavia, per legge, un aereo straniero militare non può restare sul territorio nazionale argentino più di 24 ore e così, sebbene le condizioni meteorologiche non fossero migliorate, il 13 ottobre l’aereo ripartì. L’alternativa, tornare a Montevideo, non sembrava opportuna perché l’equipaggio avrebbe dovuto rimborsare i biglietti e i passeggeri avevano interesse a raggiungere il Cile.

A bordo vi erano 45 persone, tra cui cinque membri dell’equipaggio, diciannove giocatori della squadra di rugby dell’Old Crhistians Club (società polisportiva fondata qualche anno prima da ex allievi di una delle migliori scuole superiori della capitale), amici e parenti dei giocatori. Avevano organizzato un volo charter avvalendosi del servizio dell’aereonautica militare uruguaiana che negli anni Settanta per sopperire alle proprie difficoltà finanziarie affittava alcuni dei propri aeroplani ed equipaggi. Le vittime dello schianto furono dodici: chi scivolò dall’aereo mentre precipitava, chi morì per il forte impatto, chi si spense qualche giorno dopo a causa delle ferite riportate. La fusoliera dell’aereo, dove i superstiti si ripararono dal freddo e dalle intemperie, si trovava a un’altitudine di circa 3570 metri.

Durante i primi giorni i sopravvissuti vedevano passare gli aerei di soccorso sopra di loro i quali, a causa della fitta neve, nonostante i superstiti avessero provato a disegnare una croce con le valigie, non riuscirono a trovare i resti dell’aereo. Accadde così che, muniti di una radio che erano riusciti a far funzionare, i superstiti all’ottavo giorno dallo schianto sentirono l’annuncio dell’interruzione delle ricerche e la ripresa delle stesse in primavera, quando il clima sarebbe stato più magnanimo e avrebbero potuto trovare la carcassa dell’aereo. Quell’anno c’erano già stati 39 incidenti.

Il narratore nel film è Numa Turcatti, studente universitario di 24 anni che morirà undici giorni prima del ritrovamento. In La società della neve, candidato agli Oscar 2024 come miglior film internazionale in rappresentanza della Spagna, emergono le condizioni durissime di sopravvivenza, la sensazione di abbandono, ma anche la grande solidarietà umana, dovuta forse in parte anche alla forte componente religiosa della squadra. Il freddo, la carenza di cibo e acqua, la valanga che bloccò i superstiti diversi giorni nella fusoliera sommersa (causando la morte di 13 persone) fecero salire il numero nelle vittime a un totale di ventinove. Solo in sedici riuscirono a salvarsi, tra cui Roberto Canessa di anni 19, Fernando Parrado di anni 22 e Antonio Vizintin di 19 (che poi tornò indietro affinché le scorte di cibo dei compagni di viaggio durassero più a lungo), i quali avviarono una spedizione per raggiungere il Cile non appena iniziò la stagione del disgelo. Era il 23 dicembre 1972 quando i soccorsi, avvertiti da Canessa e Parrado che avevano camminato per dieci giorni, trovarono la fusoliera e i sopravvissuti. Alcuni, prima di essere salvati, dovettero aspettare il giorno dopo insieme ad alcuni alpinisti e a un infermiere per l’impossibilità dei soccorsi di caricare tutti e quattordici. Erano passati due mesi e mezzo dallo schianto: 72 giorni passati al gelo, ad arrangiarsi con ciò che avevano e a nutrirsi, con riluttanza ma per sopravvivenza, dei corpi dei compagni deceduti.

La società della neve è disponibile su Netflix, insieme a un documentario, La società della neve: chi eravamo sulle montagne?, che approfondisce il processo creativo dietro l’opera cinematografica e riporta la voce dei sopravvissuti reali. El mundo, quotidiano spagnolo, lo ha definito “talmente spettacolare da diventare ipnotico”.

Nicole Zunino

Fonti

https://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_aereo_delle_Ande

https://it.wikipedia.org/wiki/Ande

Fonte immagine in evidenza:https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Milagro_en_los_Andes.jpg

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