Sean Baker ha da poco conquistato la critica aggiudicandosi 4 premi Oscar e la Palma d’Oro al Festival di Cannes con il lungometraggio Anora (2024). Formatosi a New York, è anche sceneggiatore, montatore e produttore. Legato al cinema indipendente, ha diretto tra le sue opere, Prince of Broadway e Snowbird (girato con l’iPhone).
La perla creativa della sua carriera, che ha preceduto il successo mondiale di Anora, è The Florida Project, del 2017. Scritto dallo stesso Baker e Chris Bergoch, sceneggiatore con cui ha collaborato anche nelle sue altre opere Starlet, Red Rocket e Tangerine, cattura con delicatezza la sfera dell’infanzia, in un contesto americano ai margini. La realtà è raccontata dagli occhi della protagonista di 6 anni Moonee, accompagnata dai suoi amici.

The New Yorker
https://media.newyorker.com/photos/59d65a49fa1e1c6b5febf9a4/master/w_1600,c_limit/Brody-The-Florida-Project.jpg
Il sodalizio tra i due ha prodotto in questo caso una storia toccante: la vita di un gruppo di bambini nel motel Magic Castle Hotel di Kissimmee, in Florida, vicino al Walt Disney World. Proprio Bergoch ha fatto conoscere a Baker la zona di Kissimmee, una realtà degradata e peggiorata, soprattutto dopo la crisi del 2008; si utilizzano i termini hidden homeless (“senzatetto nascosto”) per indicare chi vive in questi motel a basso costo.
Moonee vive qui con la giovane mamma, Halley. Con loro ci sono persone e famiglie che non hanno la possibilità di avere una casa propria. Durante l’estate, Moonee (l’attrice è Brooklyn Prince) gioca con gli amici, Scooty e Dicky (quest’ultimo parte con il padre per New Orleans). La protagonista lega poi con Jancey, un’altra bambina. La vita nel motel e nei dintorni è per loro in qualche modo ogni giorno leggermente diversa: le loro avventure sono al centro del racconto e spesso finiscono nei guai.
Il gestore del motel è Bobby, interpretato da Willem Dafoe. L’uomo deve assicurarsi la sicurezza del posto e che tutti gli ospiti paghino in tempo l’affitto. Oltre alle manutenzioni e alla gestione del posto, si prende cura di Moonee, non seguita a sufficienza dalla mamma Halley, in serie difficoltà economiche e non solo. L’attrice di quest’ultima è Bria Vinaite: la scelta di Sean Baker è piuttosto curiosa, in quanto Bria non aveva mai recitato in vita sua né tantomeno aveva frequentato un set. Sean l’ha “scoperta” su Instagram e ha subito notato la sua spigliatezza e ha trovato in lei ciò che cercava per il personaggio di Halley. Baker ha quindi scelto di far lavorare sulla scena un attore professionista, come Dafoe, e non-attori, come Bria e i bambini. Nonostante queste differenze, le loro interpretazioni risultano sorprendentemente spontanee e naturali e questo ha creato una forte coesione tra gli attori.
Tutto ruota attorno alle vite dei piccoli, i quali cercano di non annoiarsi e arrecano spesso dei danni in giro per il motel, una volta causando addirittura un blackout nel complesso. Bobby non ne può più, rimprovera Halley, la quale non controlla la condotta della figlia. L’infanzia, dunque, è al centro del racconto visivo: Baker, infatti, ha voluto rendere questo soggetto il più naturale possibile, tenendo le telecamere all’altezza dello sguardo dei bambini, non riprendendoli dall’alto. Con Alexis Zabé, direttore della fotografia, ha ottenuto questo risultato per poter coinvolgere il pubblico nelle marachelle dei piccoli protagonisti. Il pubblico diventa parte del gruppo di amici di Moonee.
I colori pastello, delicati e anche accesi, come quelli delle insegne a neon, sono risaltati in tutta la pellicola. Attraverso un filtro del colore, Zabé e i tecnici sono riusciti a raggiungere le gradazioni visive, ovvero ciò che i bambini vedono. Il punto di vista è il loro: il mondo, anche se evidentemente agli occhi di un adulto decadente e povero, per i protagonisti è colorato e sorprendente. Un sogno chiamato Florida (titolo italiano) ci riporta sia a questa illusione ottica e percettiva, sia a quel sogno americano distrutto. Lo scontro tra la dura realtà e il mondo che vedono i bambini è tale da creare un effetto di conflitto tra due visioni: quella dei bambini e quella degli adulti.

https://www.hollywoodreporter.com/wp-content/uploads/2017/11/tfp_domestic_lp_20170823.01_10_55_16.still004_copy-h_2017.jpg?w=928
Halley è una ragazza sola, in cerca di lavoretti per arrivare a fine mese. Perde il lavoro di ballerina in uno strip club; fa allora da baby-sitter a Scooty, ottenendo in cambio cibo e bevande dalla tavola calda in cui Ashley, la mamma del bambino, lavora. Tra le piccole mansioni, prova anche a vendere profumi con sua figlia davanti a un hotel di lusso; questa scena è stata improvvisata utilizzando una candid camera.
Sean Baker ha scelto Bria per Halley perché ha anche notato che tra lei e Brooklyn ci fosse una certa chimica. Ha voluto ricercare un rapporto madre-figlia, ma per la giovane età di Halley la relazione diventa quasi come quella che si instaura tra sorelle. Halley cerca di intrattenere la figlia e decide di prostituirsi per fronteggiare le difficoltà economiche, ma questa scelta comporterà dei gravi problemi e l’arrivo degli assistenti sociali.

Kinofenster.de
https://www.kinofenster.de/system/files/styles/teaser_720/private/2024-05/florida2.jpg?itok=8CW3XG7n
Appena fuori dal regno immaginario e sognante di Disney, luogo di attrazioni e divertimento, vivono Moonee e i suoi amici. Loro, però, quasi inconsapevoli, sono felici nel loro piccolo mondo colorato, che agli occhi dei più grandi può essere monotono e pericoloso. Bobby, in apparenza severo e freddo, in realtà si affeziona a Moonee e Halley e cerca in tutti i modi di proteggerle. Sean Baker ha rappresentato un piccolo mondo complicato che tutti dovrebbero conoscere “assaporando” il suo delicato gelato dolce-amaro. L’ultima scena, girata con un iPhone, ci riporta al sogno, al tentativo di fuga disperato verso la libertà. La scelta stilistica di riprendere la scena con un dispositivo mobile cellulare rende il momento “troppo” reale, tale da immergere completamente lo spettatore.
Seguendo i passi di Moonee ed empatizzando con le sue emozioni, sembra di vivere con lei le settimane estive al Magic Castle Hotel. L’opera di Baker vuole urlarci l’esistenza di realtà difficili come questa, ma soprattutto porre nell’inquadratura i piccoli protagonisti e la loro visione edulcorata e innocente.
Cecilia Blunda

