Da abbonamenti ad armamenti: la nuova economia di Spotify

Il 30 giugno scorso la band indie statunitense Deerhoof ha pubblicato un post su Instagram dove annunciava la propria uscita da Spotify. La motivazione?

“‘Daniel Ek usa 700 milioni di dollari guadagnati da Spotify per diventare presidente di una compagnia di tecnologie belliche AI’ non è stato un titolo che ci è piaciuto leggere questa settimana. Non vogliamo che la nostra musica uccida qualcuno. Non vogliamo che il nostro successo sia legato a tecnologie belliche AI”. 

Anche alcuni artisti italiani si sono espressi sul fatto, tra cui Piero Pelù e Mannarino. Molti ex-utenti di Spotify stanno cancellando i propri abbonamenti e account. I più seguiti sui social chiedono alla propria audience di fare lo stesso. Ma quindi, Spotify cosa ha fatto di preciso questa volta?

Il CEO e co-fondatore della piattaforma di streaming musicale, lo svedese Daniel Ek, si è rivelato uno degli investitori più prolifici della start-up tedesca Helsing. Fondata nel 2001 dal trio Reil-Scherf-Kholer (rispettivamente un informatico, un ex dipendente del Ministero di Difesa tedesco e un ingegnere specializzato in Machine Learning), Helsing è nata come compagnia di sviluppo di software AI per scopi militari, dai sensori ai sistemi di analisi in tempo reale. Successivamente ha iniziato a produrre droni kamikaze, dei quali entrambi i modelli (HF-1 e HX-2) sono stati usati nel conflitto Russia-Ucraina dalla parte dei secondi. Sul loro sito svetta il motto dell’azienda: “Protecting our democracies”. La loro mission: “[…] ottenere la leadership nel mondo della tecnologia bellica in modo che le nostre società democratiche siano libere di prendere decisioni autonome e controllare i loro standard etici”. A oggi, Helsing ha una valutazione patrimoniale di 12 miliardi.

I droni kamikaze, anche chiamati droni suicidio o più formalmente a munizioni circuitanti, sono droni che sorvolano una zona e, trovato il target, si fiondano su di esso. Sono stati criticati più volte da enti come la Croce Rossa Internazionale per le loro problematiche a livello etico in quanto tendono a lavorare senza intervento umano, con la possibilità che vengano colpiti obiettivi umani e civili. Questo potrebbe peggiorare con l’avvento dei sistemi AI che hanno bisogno, per loro natura, di un training specifico non solo in laboratorio ma anche in campo di battaglia e sono comunque soggetti a un largo margine d’errore.

Daniel Ek nel 2024
(Fonte: https://www.theguardian.com/music/2025/mar/12/spotify-is-trumpeting-big-paydays-for-artists-but-only-a-tiny-fraction-of-them-are-actually-thriving-loud-and-clear-report)

Non è la prima volta che Ek investe soldi specificatamente in Helsing. Nel 2021 mise da parte 100 milioni di euro via la sua compagnia di investimento Prima Materia per i primi progetti di Helsing. Ora, dopo averne investito 600 milioni, ne è diventato il Presidente d’Assemblea.

Spotify, e in particolare Ek, sono già stati storicamente criticati dal mondo della musica per la gestione del loro introito quando si parla di pagare i musicisti sulla loro piattaforma, in particolare per essere passati da un pagamento tra i 5 e i 4 centesimi di dollaro per stream al tagliare completamente ogni forma di pagamento per tutte le tracce sotto i mille ascolti nel 2024. Un’altra questione è stata quella dei pagamenti ai songwriters, particolarmente sentita l’anno scorso dopo l’annuncio di Spotify di voler rimuovere queste royalties per via di una questione di bundling di abbonamenti (qui il link al nostro articolo dove esploriamo la questione più nel dettaglio). Nonostante l’azienda sia stata citata in una causa legale da vari sindacati, questo gennaio la mozione è stata archiviata in favore di Spotify. E a girare il coltello ancora di più nella piaga è stato il rapporto economico annuale della piattaforma di streaming, Loud & Clear, che ha dichiarato di aver distribuito 4,5 miliardi di dollari tra gli editori musicali, che a loro volta li avrebbero distribuiti ai songwriters. Peccato che non ci siano dettagli importanti a dimostrare come questi soldi siano stati distribuiti o quanto sia stato effettivamente trattenuto dagli editori o dalle società di riscossione, oppure quanto venga detratto dalle banche tra le varie transazioni. Insomma, come detto da The Guardian, Loud & Clear sembra essere uno strumento di marketing per Spotify tanto quanto lo è il Wrapped di fine anno.

Viste tutte queste problematiche le ultime mosse finanziarie di Ek non sono state che le (a ora) ultime gocce finite dentro il vaso già traboccante di Spotify. Non solo molte comunità e subculture musicali ripudiano la guerra, ma nel clima politico che stiamo vivendo oggi non possiamo escludere che questi armamenti possano venire usati, per esempio, da Israele nel genocidio del popolo palestinese. E’ importante sapere di avere una scelta in questo caso: si può cancellare il proprio abbonamento e cercare un’altra opzione, oppure no. Siamo nell’era dove non si vota solo al seggio, ma anche attraverso i propri soldi e investimenti. Per questo, bisogna che servizi che ci permettono di fruire qualcosa come l’arte musicale forniscano la massima trasparenza.

Gaia Sposari

Fonte immagine in evidenza: wired.it

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