Novità comunitarie: intervista al movimento Log_In

Di recente, si è affacciata sulla scena di Torino una nuova realtà politica, il Movimento Log_in, di cui abbiamo intervistato il portavoce, Francesco Sciortino, e il coordinatore, Claudio Sciortino.
Il loro intento è sfruttare i nuovi strumenti virtuali per ricostruire un senso di comunità che ritengono si sia sempre più perduto negli ultimi decenni. Per questo motivo, sono attivi su Instagram, Facebook e soprattutto Youtube, dove caricano le live Twitch, piattaforma da loro prediletta per la possibilità d’interazione immediata con il pubblico ascoltatore. 

Organizzano delle speciali serate chiamate “connessioni”, aperte a tutti: momenti di incontro in cui, ogni quarto d’ora, ci si sposta a tavoli diversi per conversare con nuove persone, favorendo così la conoscenza reciproca e ricostruendo quel “senso di comunità” a cui spesso fanno riferimento.

Il movimento è alla ricerca di nuovi membri e dell’attenzione locale, nella speranza di raggiungere chi non considera più la politica come uno strumento in grado di cambiare lo status quo e migliorare le vite dei cittadini. 

Partiamo dal vostro motto: “Riavvia il sistema”. Che cosa s’intende?

Claudio: Sia il nome “Log_in” sia “Riavvia il sistema” simboleggiano il radicale cambiamento di metodo che il movimento intende operare all’interno del panorama politico attuale.

Le piazze, nel corso del tempo, hanno conosciuto un’evoluzione. I social si sviluppano sempre più come piazze virtuali, in termini di vissuto e socialità: per questo noi diamo loro non poca importanza. Ma pensiamo anche che il contatto diretto con le persone, nella vita reale, sia necessario e fondamentale. 

Nella diretta di presentazione avete parlato di “strumenti nuovi” e “obiettivi diversi”. A cosa fate riferimento?

Francesco: La società di oggi incoraggia l’individualismo, spingendo così le persone a “performare” costantemente nel contesto lavorativo, a scapito del tempo e delle energie da dedicare alla partecipazione politica. Uno spazio virtuale può compensare questa mancanza che spesso si ha nel mondo reale.

In breve, intendiamo ridare voce a chi oggi non crede più nella politica in quanto mezzo di espressione dei propri disagi. Uscire dall’individualismo significa anche fare un passo verso i cittadini e, se questi, al giorno d’oggi, si trovano nel mondo digitale, anche noi dobbiamo muoverci in quella direzione.

Che cosa è successo al senso di comunità? 

Francesco: C’è un mondo sempre più competitivo, ci sono delle condizioni sociali che spingono a lottare per sopravvivere anziché per vivere davvero; poi c’è un allontanamento forte delle istituzioni dalle problematiche concrete dei cittadini, i quali smettono di crederci. Questo spinge le persone a volere lottare con l’altro piuttosto che viverci insieme…

Si sono ridotti gli spazi di aggregazione, si dialoga sempre meno, non c’è sempre possibilità di confrontarsi, anche solo su questioni d’ordine quotidiano… Tutto ciò ovviamente porta a uno scollamento forte tra il cittadino e il senso di comunità.

In questo contesto non avrebbe senso proporre temi politici, se non si riparte dall’idea che soltanto come comunità si riesce a fare passi in avanti. Come ci insegna la storia, solo quando le persone si sono unite in una lotta comune è stato possibile ottenere conquiste e avanzamenti significativi, in ogni ambito.

Vi definite di destra o di sinistra? Credete in queste categorie?

Claudio: Noi siamo una realtà di sinistra, questo non l’abbiamo mai nascosto, ma siamo prima di tutto un movimento indipendente. Ad esempio il lavoro, il diritto all’abitare, diritti per noi centrali, oggi vengono trattati in maniera superficiale e blanda dalla sinistra…  Se analizziamo la rappresentanza parlamentare, vediamo che in realtà quasi tutti i partiti rappresentano più o meno la stessa classe sociale, benestante. Oggi parlare di destra e sinistra rispetto al passato vuol dire tutt’altro

Francesco: Non sentiamo nostra la sinistra attuale. Dal nostro punto di vista quest’ultima ha tradito l’ideale di rappresentare l’espressione delle fasce più povere della società. Se dobbiamo scegliere, le nostre idee hanno una matrice di sinistra, però preferiamo dirci al di sopra [degli schieramenti partitici, n.d.r].

Siete molto critici del sistema politico attuale. Ritenete esista un antidoto al populismo?

Francesco: La questione è molto semplice: il populismo parte da problemi reali e solleva spesso battaglie condivisibili, ma propone soluzioni che si limitano a slogan rassicuranti, appellandosi a valori come “l’onestà”. Basti pensare a frasi come: “Se tutte le istituzioni fossero oneste, vivremmo in un paese ideale”, un’affermazione che, per quanto auspicabile, non affronta la complessità reale dei problemi.

Bisogna raccogliere le critiche avanzate da numerose realtà populiste nel corso degli anni e provare a offrire prospettive politiche concrete. Oggi si crede che il modello socio-economico capitalista sia intoccabile, ma non è così. Credo che ci sia la necessità di ricostruire un’alternativa, che sappia offrire risposte complesse a questioni altrettanto complesse.

Claudio: Certamente, nella comunicazione il populismo appare più efficace, perché chi lavora molte ore al giorno, una volta tornato a casa, spesso non ha il tempo né la voglia di fare analisi approfondite e tende quindi a recepire messaggi quanto più semplici e diretti possibile. La nostra proposta, invece, è quella di mostrare concretezza attraverso azioni reali e tangibili.

Dopo il senso di comunità, quale valore occupa il posto successivo nella vostra scala di priorità? Come si articola l’ordine che seguite?

Claudio: Piuttosto che stabilire un ordine gerarchico dei problemi, abbiamo posto al centro il senso di comunità, poiché molte persone giustificano quanto accade proprio partendo dall’individualismo che caratterizza la società odierna. In altre parole, si legittima l’idea che, a scapito degli altri, ciascuno possa perseguire esclusivamente i propri interessi. Creare un nuovo tessuto sociale è lo strumento grazie al quale, a cascata, è possibile agire su ogni questione che necessiti di politiche attive per migliorare la qualità della vita delle persone.

Francesco: Se dovessimo stilare una classifica delle priorità, al primo posto porremmo le questioni dell’abitare e del lavoro. Si può lottare per un tetto massimo al costo degli affitti o per introdurre il salario minimo, ma senza una trasformazione strutturale della società tutto ciò resta insufficiente…

Ricapitoliamo: siete attivi in quante città?

Claudio: Siamo attivi a Torino, Siena e Firenze, ma la rete di militanti si estende a tutta l’Italia. 

Francesco: Tra i nostri iscritti ci sono molti siciliani, o persone di origine siciliana che, pur vivendo altrove, condividono le nostre stesse radici.

Dove siete nati?

Claudio: Siamo nati a Siena. Una parte significativa dei membri del nostro movimento proviene dall’esperienza dell’associazione studentesca Cravos, che abbiamo fondato ai tempi dell’università. Sebbene esista una naturale vicinanza, le due realtà sono del tutto indipendenti, tanto nelle decisioni quanto nella struttura organizzativa.

In conclusione, cosa si richiede per entrare a far parte del Movimento Login dall’interno? Qual è il valore fondante, il primo principio da condividere?

Claudio: Abbiamo immaginato un percorso aperto e accessibile a tutti, anche a chi non si è mai avvicinato alla politica. Non è necessario avere alle spalle un percorso di studi specifico. Puntiamo molto sulla formazione: organizziamo due incontri mensili di auto-formazione, dedicati all’approfondimento di tematiche sociali e d’attualità.

Francesco: Se volessimo essere pragmatici, potremmo dire che basta avere un computer, uno smartphone o una connessione internet [ride]. Ma, al di là di questo, siamo convinti che affrontare la realtà da soli sia estremamente difficile.
Per noi il movimento login non è oggi. Non abbiamo fretta di essere domani mattina la realtà politica nazionale forte. Il nostro obiettivo è gettare fondamenta solide, affinché nel tempo possa prendere forma una realtà politica profondamente radicata nei valori che abbiamo condiviso. Una realtà capace di rappresentare anche uno spazio di riconoscimento personale, in cui ciascuno possa ritrovare la propria dimensione, offrendo risposta ai molti disagi oggi vissuti in modo isolato e frammentato.

Emanuele Pilan

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