Non c’è niente da fare se non musica – parte 1

I DJs From Mars e il loro mashup di sogni e determinazione

Sono un duo formatosi a Torino nel 2004.
Sono due artisti in grado di far ballare migliaia di persone.
Sono unici perché attingono da qualsiasi genere musicale.
Sono iconici come le scatole di cartone che indossano quando si esibiscono.
Sono i DJs From Mars.
Hanno iniziato la loro carriera producendo dei mashup, mentre di recente hanno pubblicato anche delle release ufficiali. L’ultima canzone che hanno rilasciato vanta una collaborazione con David Guetta. Si tratta di Things I Haven’t Told You, remake del brano We Don’t Care degli Audio Bullys. La nostra redattrice Anna Baracco ha parlato con Luca, uno dei due membri dei DJs From Mars, per scoprire i dietro le quinte di questa coppia di musicisti. In questa prima parte dell’intervista, scopriremo le origini della loro carriera e parleremo del brano realizzato con David Guetta. The Password si complimenta con Max e Luca per gli incredibili traguardi raggiunti e li ringrazia per la musica che sanno riscoprire e regalare al pubblico.

Se doveste descrivervi con una canzone, quale sarebbe?

Insane in the Brain dei Cypress Hill.

Entrambi siete originari di Torino, pensate che questa città abbia influenzato il vostro stile? Se sì, in che modo?

Sì, assolutamente. Torino è sempre stata una città piena di studenti e, di conseguenza, con molte influenze diverse. Noi siamo cresciuti negli anni ‘90, nell’epoca in cui tutta la Torino giovanile si radunava ai Murazzi, nel periodo in cui si formarono gruppi come i Subsonica. Ascoltavamo hip pop, musica elettronica, rock. I locali dei Murazzi e la vita notturna torinese sono stati una fonte d’ispirazione costante.

DJs From Mars è un nome che indica qualcosa di alieno e inusuale. Qual è il tratto più distintivo della vostra musica?

La nostra musica copre tutti i generi, senza nessuna barriera. Nei nostri set, in un festival di musica elettronica o in un club, possiamo suonare pezzi dei Linkin Park, Bob Marley, Eminem. Mescoliamo la musica a 360° e la remixiamo nel nostro stile elettronico. Le influenze arrivano da tutto, anche dalla musica classica. Abbiamo dei mashup con Beethoven!

Quando vi esibite, indossate delle scatole che ricordano delle maschere teatrali, una felice e l’altra triste. Qual è il loro significato? Quanto è importante la recitazione all’interno delle vostre performance?

Nel 2009 abbiamo pubblicato un pezzo che parlava di come a nessuno importasse del dj in discoteca. Per noi, il dj era anonimo, senza faccia. Da qui deriva l’idea delle scatole. Per assurdo, senza averlo pianificato, è diventato il nostro tratto distintivo. Le prime volte in cui le indossavamo, la gente veniva a farsi una foto senza sapere chi fossimo.
La recitazione è importantissima: quando ci esibiamo, è come se fossimo delle altre persone. Facciamo anche cose che non faremmo mai con le nostre facce reali, ad esempio tuffarci nella gente. È come uno sdoppiamento di personalità. Sul palco entriamo dentro un personaggio, mentre alla fine della serata possiamo tornare alle nostre vite normali. In effetti, come dicevi tu, è proprio una maschera teatrale.

L’8 agosto avete pubblicato Things I Haven’t Told You, una canzone realizzata con David Guetta e basata sul brano We Don’t Care degli Audio Bullys. Come si è svolto il processo creativo che ha portato alla sua realizzazione? 

Noi avevamo già collaborato con David Guetta producendo dei mashup per i suoi set. Siamo specializzati in questa tecnica. Ad esempio, quando bisogna preparare il set di Tomorrowland, gli proponiamo delle versioni inedite delle sue canzoni. Lui aveva in mente di rifare questo testo degli Audio Bullys, che si sposava alla perfezione con una base che gli avevamo dato. Il pezzo è nato come mashup e la resa in pista era pazzesca, sia nei nostri set a misura d’uomo che nei suoi mega-stadi. Per questo, ha deciso di volerlo pubblicare come release ufficiale. Era già pronto l’estate scorsa, l’abbiamo presentato con lui a Ushuaia nell’agosto 2024. Dopo averlo perfezionato nei minimi dettagli e dopo aver ottenuto l’autorizzazione dagli Audio Bullys, siamo riusciti a pubblicarlo. È una pietra miliare della nostra carriera: realizzare un pezzo ufficiale con David Guetta è un sogno.

Crediti: Lara Martinetto

La vostra canzone ha superato un milione di ascolti in una sola settimana. Come ha reagito il pubblico le prime volte in cui l’avete suonata?

La reazione del pubblico è stata incredibile, soprattutto per un brano non così conosciuto. Solitamente, nei nostri set, suoniamo mashup di pezzi molto popolari: In the End dei Linkin Park, Firework di Kety Perry, I Follow Rivers di Lykke Li. Il vocal di questa canzone, pur non essendo famosissimo, attira l’attenzione grazie allo stile un po’ gridato e un po’ punk. È un cantato semplice e breve che ricorda il Born Slippy degli Underworld. Poi c’è una parte elettronica, il nostro momento di sicurezza, su cui siamo collaudati. A volte ci sono quelle combinazioni che, senza neanche volerlo, per motivi che nessuno riesce a capire, funzionano. Il bello del mondo della musica è che non è mai programmabile a tavolino. In questo caso, c’è stato un allineamento dei pianeti: piace a David, funziona in pista e, in quanto mashup, rappresenta il nostro stile e il nostro percorso.

Qual è stato l’insegnamento più prezioso che avete ricevuto da David Guetta?

I suoi insegnamenti sono costanti, abbiamo imparato tantissimo lavorando insieme. Lui ha una carriera trentennale come dj e ogni volta che ci dà un consiglio è una lezione. Essendo cresciuti durante le serate commerciali a Torino, noi eravamo molto propensi a fare dei mashup che fossero conosciuti da tutti. David, pur essendo il numero uno dei dj mainstream mondiali, ci ha detto di rimanere sempre legati all’underground, perché ciò che è troppo commerciale può risultare banale. Al posto di suonare Katy Perry con Lady Gaga, che è un’indigestione di pop, magari si può utilizzare una base dei Kraftwerk, così da creare un contrasto. È un insegnamento che stiamo mettendo in atto e funziona.

Crediti: Lara Martinetto

Quale consiglio dareste ai giovani che aspirano a diventare DJ come voi?

Agli inizi della nostra carriera, l’idea dei mashup ci ha aiutato a spiccare rispetto al resto dei dj, che cercavano di pubblicare dischi ufficiali in un’epoca in cui il dj non andava tanto di moda. A maggior ragione oggi, che è una giungla e qualunque personaggio pubblico vuole diventare un dj, la chiave è essere originali. Quando emerge un nuovo dj di punta, ad esempio i Meduza, i giovani ragionano come fan e tendono a imitarlo. Secondo noi, invece, si deve evitare proprio il suono che sta andando forte in questo momento. Bisogna creare il prossimo trend, non seguire quello di adesso, perché altre centomila persone al mondo lo stanno facendo, quindi è impossibile distinguersi. La chiave è essere unici, così i club diranno: “Devo chiamare quel dj perché solo lui sa fare quella cosa”.

Anna Baracco

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