Irlanda del Nord, anni ’90: un gruppo di 5 adolescenti si trova ad affrontare la vita liceale nel bel mezzo dei cosiddetti Troubles: la guerriglia tra repubblicani e unionisti che ha insanguinato Belfast e le città limitrofe per trent’anni, dagli anni ’70 agli anni ’90. Questo è il contesto storico in cui è ambientata Derry Girls, serie TV di produzione anglo-irlandese.
Erin, sua cugina Orla, le loro amiche Claire e Michelle, e James – il cugino inglese di quest’ultima – sono i protagonisti di questa sitcom. Sin dal primo episodio delle tre stagioni, trasmesse in prima visione su Channel 4 (2018-2022), riusciamo a immergerci nel clima ironico e tragicomico che ammanta l’intera produzione: non è, in effetti, l’allarme bomba a pochi metri dal loro liceo a preoccupare le ragazze, bensì le modifiche da apportare alla propria divisa per affrontare al meglio il primo giorno di scuola, così da distinguersi dalla massa.

Tra famiglie da gestire, primi amori da affrontare ed esami da superare, le Derry Girls (in cui si utilizza volutamente il femminile sovra-esteso per comprendere anche James, perché, come ricorda Michelle, essere Derry Girls è uno “state of mind”) si destreggiano tra imprevisti e avventure rocambolesche, offrendo uno spaccato reale di che cosa significasse essere sedicenni durante i disordini irlandesi.
A rendere il tutto ancora più verosimile è il tocco personale dato alla sitcom dalla sua ideatrice, Lisa McGee, la quale, nordirlandese essa stessa, infarcisce lo svolgimento della trama con numerosi riferimenti autobiografici, riuscendo così a conquistare il pubblico sin dalla prima stagione. Uno dei più memorabili fra questi aneddoti privati trasposti sul piccolo schermo è l’episodio in cui Erin e Orla decidono di inviare una lettera a Chelsea Clinton, figlia del presidente americano Bill Clinton – McGee ha infatti confessato che nel 1995, all’età di tredici anni, ha lei stessa scritto e inviato una lettera in occasione della visita del presidente stesso nella sua cittadina natale, Derry.
La scelta di ambientare la serie nella contea di Derry, poi, non è soltanto un riferimento al luogo di nascita di McGee, ma ricorda anche uno dei momenti più tragici dei Troubles: il cosiddetto Bloody Sunday. Il 30 gennaio 1972, nel quartiere di Bogside, a Derry, l’Esercito britannico sparò sulla folla di manifestanti disarmati che stavano protestando contro l’ingiusta incarcerazione di alcuni uomini sospettati di terrorismo. Le vittime furono 14: 13 morte sul colpo, mentre una morì alcuni mesi dopo per le ferite riportate. Un probabile riferimento a questo episodio è presente anche all’interno della serie quando, alla fine di un ballo scolastico, Erin e le amiche si ritrovano ricoperte di sangue di maiale per cercare di salvare una loro compagna che stava per diventare l’ignara vittima di questa pubblica umiliazione.

Il punto di vista femminile dell’ideatrice, poi, – una sorta di female gaze – è evidente e costante nel corso dell’intera serie. Si nota, innanzitutto, la scelta di rappresentare una maggioranza di personaggi femminili. Oltre alle ragazze protagoniste, i personaggi principali sono la mamma di Erin, Mary, che, sempre sull’orlo di scoppiare per il sovraccarico di lavoro domestico, riscopre la voglia di tornare a studiare all’università; la zia di Erin e mamma di Orla, Sarah, molto attenta al suo aspetto esteriore, che con la sua ingenua schiettezza riesce sempre a dire la cosa sbagliata al momento sbagliato. Anche i personaggi maschili, poi, sono dipinti sotto una luce diversa dal solito: il nonno di Erin, Joe, con il suo carattere un po’ burbero, raffigurato per la maggior parte del tempo mentre tiene in braccio la sua nipotina più piccola; mentre il papà di Erin, Gerry, continuamente bersagliato dalle taglienti battute del suocero, non perde mai (o quasi) la pazienza e sostiene la moglie nel suo desiderio di intraprendere una carriera universitaria. A corredare questo quadro c’è il personaggio di James, il quale non sembra avere neanche un accenno di mascolinità tossica.
La punta di diamante del ventaglio di personaggi caratterizzati da McGee è, però, riconoscibile nella figura di Sister Michael: la preside dell’Istituto cattolico superiore per sole ragazze frequentato dalle protagoniste, denominato Our Lady Immaculate College. Suor Michael è sicuramente il personaggio dalla vena comica più spiccata; cinica e severa, ella ha uno humor pungente da cui nessuno riesce a salvarsi, men che meno le protagoniste, le quali, con le loro disavventure, rappresentano il suo incubo quotidiano, nonostante l’affetto di fondo che in qualche modo trasparirà nel corso della serie.

La sitcom non si basa su una trama continuativa e lineare; ogni episodio si conclude in sé stesso, riportando le vicende che interessano le protagoniste, intorno a cui, parallelamente, si svolgono quelle che coinvolgono il resto dei familiari, che di rado si intrecciano tra di loro. L’elemento politico, poi, appare in maniera secondaria, ma comunque presente, come un sottofondo costante che si percepisce, ma non interferisce con il clima ironico e pungente della serie: spesso, in effetti, viene inquadrato il televisore del salotto della famiglia di Erin, in cui scorrono immagini reali dei notiziari di quell’epoca, i quali riportano i fatti salienti del periodo dei Troubles. A incorniciare questo piccolo gioiello di serie TV, disponibile in lingua originale su Netflix, ci sono le immancabili musiche della band irlandese The Cranberries che, con la loro Dreams, ne fanno da vera e propria colonna sonora.
La visione è assolutamente consigliata!
Benedetta Boffa
